Limitare la pubblicazione delle intercettazioni non è nessun bavaglio

La libertà di stampa non c'entra, spiega Giuliano Pisapia, con l'applicazione della legge e il rispetto dei diritti di tutti

(Vincenzo Livieri - LaPresse)
(Vincenzo Livieri - LaPresse)

In un editoriale pubblicato sabato 8 aprile su Repubblica l’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia – noto avvocato penalista e leader politico di sinistra – si è inserito nel longevo dibattito sulle modalità di racconto di indagini e processi da parte dei quotidiani italiani. L’editoriale è intitolato “Il diritto alla difesa e quello di informare” e parla della facilità con cui informazioni su certe indagini «anche quelle coperte dal segreto» diventano spesso pubbliche. Secondo Pisapia, cercare di rimediare a questo problema non limita la libertà di stampa, ma garantisce che sia rispettato il diritto alla riservatezza delle persone coinvolte. L’editoriale di Pisapia riprende una questione che in questi giorni è già stata affrontata, sempre su Repubblica, anche da Giuseppe Pignatone, Stefano Rodotà e Gherardo Colombo.

Le indagini sono segrete, il dibattimento è pubblico. Sembra un’affermazione ovvia per tutelare la ricerca della verità giudiziaria, evitare che i colpevoli possano darsi alla fuga, costruirsi un alibi o sviare le indagini. Ho scritto «sembra» perché nella realtà non è così. Le informazioni sulle indagini, anche quelle coperte dal segreto, vengono divulgate spesso dai media, anche quando vi è solo una iscrizione sul registro degli indagati e talvolta lo stesso interessato apprende la notizia dai giornali. Per analizzare questa stortura Repubblica ha ospitato nei giorni scorsi gli interventi di Giuseppe Pignatone, di Stefano Rodotà e di Gherardo Colombo.

I contributi del capo della Procura di Roma, dell’ex Garante della privacy e di un autorevole pm che si è dimesso dalla magistratura dopo decenni di impegno per la giustizia, hanno il merito di basarsi su esperienze vissute arrivando a conclusioni che, pur con approcci in parte diversi, hanno molto in comune. E soprattutto hanno lo stesso obiettivo: ribadire la necessità delle intercettazioni, ma evitarne l’abuso; arginare, per quanto possibile, le fughe di notizie; tutelare la privacy e porre fine alle frequenti «gogne mediatiche», innanzitutto nei confronti di chi è stato casualmente intercettato. La questione è complessa perché in gioco c’è più di un diritto di rilevanza costituzionale: il diritto di difesa, il diritto di informare e di essere informati, la tutela della privacy. D’altra parte c’è il dovere, in presenza di un reato, di fare le necessarie indagini e individuare il responsabile. Quello che bisogna raggiungere, dunque, è un equilibrio molto delicato e difficile.

(Continua a leggere su Repubblica)