Marine Le Pen e Geert Wilders, il 28 maggio 2014 (AFP PHOTO/ JOHN THYS)
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Cosa dobbiamo aspettarci ancora?

Dopo Brexit e Trump ci sono diverse elezioni che potrebbero essere vinte da partiti anti-establishment, quasi tutte in Europa

Marine Le Pen e Geert Wilders, il 28 maggio 2014 (AFP PHOTO/ JOHN THYS)

L’inaspettata vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali negli Stati Uniti è stata paragonata all’esito del referendum per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea non solo perché la maggior parte dei media non si aspettavano questo risultato, ma anche perché le idee di Trump e quelle di politici come Nigel Farage – storico leader dell’Partito per l’Indipendenza del Regno Unito (UKIP), propugnatore del cosiddetto “Brexit” – hanno alcuni punti in comune. Si oppongono alle tradizionali istituzioni dell’establishment, come i principali partiti e i governi moderati, e a molte delle politiche degli ultimi anni. Politici con idee simili a Trump e Farage sono diventati popolari anche in altri stati europei in cui si voterà negli ultimi mesi del 2016 – alcune di queste elezioni sono in corso in questo momento, in Bulgaria e in Moldavia – e nel corso del 2017. Risultati che fino a qualche tempo fa sarebbero stati considerati quasi impossibili, oggi sembrano più probabili, in alcuni paesi più che in altri. Tra questi ci sono Austria, Paesi Bassi e Francia.

Oggi – elezioni presidenziali in Bulgaria

Domenica 6 novembre i cittadini bulgari sono andati a votare non solo per un nuovo presidente, ma anche per tre quesiti referendari che avevano a che fare con la modifica del sistema elettorale e del sistema di finanziamento pubblico ai partiti. Nei referendum hanno vinto i Sì, mentre i risultati delle elezioni presidenziali hanno reso necessario un ballottaggio per cui si sta votando oggi. Al primo turno il principale candidato di opposizione, Rumen Radev, ha inaspettatamente ottenuto il 25,44 dei voti, la candidata del partito governativo Tsetska Tsacheva ha preso il 21,96 per cento; al terzo posto con circa il 14,97 per cento è arrivato Krasimir Karakachanov, candidato nazionalista. La Bulgaria è una repubblica parlamentare e la carica di presidente è di controllo e rappresentanza.

Radev ha 53 anni ed in passato è stato il comandante dell’aviazione bulgara. È sostenuto dal Partito Socialista bulgaro ed è considerato non così ostile alla Russia come l’attuale governo di centrodestra, che governa da molti anni ed è decisamente filo-europeo: sembra preferire l’influenza della Russia – la Bulgaria era uno dei paesi dell’Europa orientale più vicini all’Unione Sovietica, e la sua popolazione si considera ancora culturalmente affine ai russi – rispetto a quella dell’Unione Europea, di cui il paese fa parte dal 2007. Radev pensa che le sanzioni dell’Unione Europea nei confronti della Russia debbano finire e ha anche delle posizioni contro l’immigrazione.

In caso di vittoria di Radev, secondo un’analista consultata da Politico, il governo potrebbe essere costretto a indire elezioni anticipate, per la terza volta nel giro di cinque anni. Secondo gli ultimi sondaggi Radev è in vantaggio di 10 punti percentuali su Tsacheva.

rumen radevRumen Radev vota il 13 novembre 2016 a Sofia (DIMITAR DILKOFF/AFP/Getty Images)

Oggi – elezioni presidenziali in Moldavia

Oggi si vota anche in Moldavia, un piccolo stato dell’Europa orientale confinante con Ucraina e Romania, che a differenza della Bulgaria non fa parte dell’Unione Europea; è considerata il più povero paese europeo. Anche in questo caso si tratta del secondo turno elettorale: i due candidati al ballottaggio sono il socialista Igor Dodon e l’ex economista della Banca Mondiale Maia Sandu, che a differenza di Dodon ha posizioni filo-occidentali. La coalizione dei tre partiti europeisti al governo dal 2009 è in crisi dalla fine del 2014, quando l’allora primo ministro Vlad Filat fu arrestato per un grosso scandalo di corruzione; da allora ci sono stati cinque diversi primi ministri.

Nel 2014 la Moldavia firmò un accordo commerciale con l’Unione Europea e in risposta la Russia impose dei limiti alle sue importazioni di prodotti agricoli dal paese. Il Partito Socialista di Dodon vuole eliminare l’accordo con l’Unione Europea per entrare nell’Unione doganale eurasiatica, di cui fanno parte Bielorussia, Russia e Kazakistan. Secondo un sondaggio di ottobre fatto da un istituto di statistica moldavo, solo il 30,9 per cento dei moldavi sarebbe favorevole all’entrata del paese nell’Unione Europea mentre il 44 per cento è a favore dell’ingresso nell’Unione doganale eurasiatica. Il 66 per cento dei moldavi ha fiducia nel presidente russo Vladimir Putin, mentre solo il 22,1 per cento si fida del presidente degli Stati Uniti Barack Obama e il 28,3 per cento della cancelliera tedesca Angela Merkel.

moldavia igor dodonIgor Dodon con suo figlio vota a Chișinău, in Moldavia, il 13 novembre 2016 (DANIEL MIHAILESCU/AFP/Getty Images)

4 dicembre 2016 – elezioni presidenziali in Austria

Lo stesso giorno in cui in Italia si voterà per il referendum costituzionale, i cittadini austriaci voteranno di nuovo per eleggere il presidente. Si era già votato il 24 aprile e il 22 maggio 2016 e aveva vinto il candidato dei Verdi Alexander Van der Bellen, battendo il candidato dell’estrema destra Norbert Hofer con il 50,3 dei voti, ma poi la Corte Costituzionale di Vienna aveva annullato il risultato del ballottaggio a causa di alcune irregolarità nelle procedure di scrutinio. Hofer fa parte del Partito per le Libertà dell’Austria (FPÖ). L’FPÖ esiste dal 1956 ed è sempre stato un partito “euroscettico”: negli anni Novanta diventò molto popolare perché si oppose sia all’ingresso dell’Austria nell’Unione Europea sia all’introduzione dell’euro. Negli ultimi tempi l’FPÖ è tornato popolare almeno quanto negli anni Novanta soprattutto grazie alle sue posizioni molto nette contro l’immigrazione (l’Austria è stato uno dei paesi di passaggio del flusso di migranti che nel 2015 hanno attraversato la cosiddetta “rotta balcanica”).

Hofer viene spesso contrapposto al leader del suo partito, Heinz-Christian Strache, considerato molto più aggressivo. Non rappresenta l’ala più radicale del partito, ma quella ambientalista: da tempo ad esempio chiede il ritiro dell’Austria dalla Comunità europea dell’energia atomica (Euratom). Hofer è disabile – nel 2003, dopo un incidente con il parapendio, ha subito delle lesioni spinali che l’hanno costretto da allora a camminare con un bastone – e propone una riforma sanitaria che includa per i disabili l’assistenza a lungo termine. È contrario al matrimonio omosessuale e all’adozione per le coppie omosessuali ed è a favore dell’uso e del possesso di armi: ha condotto la campagna elettorale portando con sé una pistola. Inoltre vuole vietare alle donne di portare il velo; in un’occasione ha detto: «Il burka è un simbolo dell’oppressione delle donne».

Se Hofer dovesse vincere questo ballottaggio diventerebbe il primo capo di stato di estrema destra eletto in Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale. Al primo turno delle presidenziali, con il 36,4 per cento, Hofer ha ottenuto il miglior risultato di sempre per il suo partito in un’elezione nazionale. Quello che è sicuro è che per la prima volta da trent’anni non sarà né un Socialdemocratico né un Popolare a diventare presidente, cioè nessun esponente dei due partiti che hanno dominato la politica austriaca dalla seconda metà del Novecento a oggi e che attualmente governano il paese in coalizione.

norbert hoferUn cartellone della campagna elettorale di Norbert Hofer vicino a Zell am See, in Austria (Sean Gallup/Getty Images)

15 marzo 2017 – elezioni nei Paesi Bassi

Secondo i sondaggi nei Paesi Bassi il Partito per la Libertà (PVV), il movimento di estrema destra, xenofobo ed euroscettico guidato da Geert Wilders, ha percentuali di consenso simili a quelle del Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia (VVD), di centrodestra ed europeista, del primo ministro Mark Rutte. In passato Wilders Wilders era stato sotto processo per il suo film Fitna, in cui le immagini dell’11 settembre scorrevano accanto ad alcuni versi del Corano, e per avere definito l’Islam una religione «fascista», paragonando il Corano al Mein Kampf di Hitler, ma poi era stato assolto.

I Paesi Bassi sono uno degli stati dove l’euroscetticismo è più diffuso, ed esistono seri problemi di antisemitismo e islamofobia, secondo alcuni accentuati da gravi fatti di cronaca – fra cui gli assassini di Pim Fortuyn e Theo Van Gogh e l’abbattimento del volo MH17 di Malaysia Airlines, avvenuto il 17 luglio 2014 in Ucraina orientale. Il PVV è cresciuto molto negli ultimi anni: alle ultime elezioni politiche, nel 2012, prese circa il 10 per cento dei voti – fu il terzo partito più votato – e oggi ha 12 seggi alla Camera. Alle precedenti elezioni, nel 2010, era andato ancora meglio, con il 15 per cento dei voti e 24 seggi. Al tempo stesso la maggioranza degli olandesi ancora oggi è a favore dell’Unione Europea. Il 15 marzo 2017 si terranno le elezioni politiche.

geert wildersGeert Wilders, il 19 novembre 2015 (BART MAAT/AFP/Getty Images)

Dal 23 aprile al 7 maggio 2017 – elezioni presidenziali in Francia

Il primo turno delle elezioni presidenziali francesi sarà il 23 aprile 2017. È possibile che Marine Le Pen, la leader del partito eutoscettico di estrema destra Front National (FN), passi il primo turno e finisca al ballottaggio con il candidato dei Républicains, il partito di centrodestra di Nicolas Sarkozy. Non è ancora chiaro se il presidente uscente François Hollande si presenterà per un secondo mandato: era molto impopolare già poche settimane dopo l’elezione del 2012, la sua situazione non sembra essere migliorata e tra l’altro ora in Francia si parla molto di un libro di interviste in cui lui stesso non rende di certo più semplici le cose, insultando quasi ogni categoria di persone. Il candidato favorito per ora resta Juppé. Non aiuta il fatto che da quando Hollande è presidente in Francia non sono cambiate moltissime cose: la situazione economica resta piuttosto preoccupante, così come quella dell’integrazione nelle grandi città.

Alle elezioni regionali dell’autunno 2015 il Front National – che non ha mai governato il paese – non è riuscito a ottenere il governo di nessuna regione ma si è confermato il primo partito del paese con circa il 28 per cento complessivo dei voti. Negli ultimi tempi sta guadagnando consensi anche fra i giovani: cosa non scontata per un partito euroscettico e nazionalista tradizionale, il cui elettorato tende a essere piuttosto anziano. Uno studio citato da Le Point sostiene che poco meno di un terzo dei giovani nella fascia di età 18-25 si è detto disposto a votare il Front National alle elezioni presidenziali del 2017. Secondo un altro studio citato dall’edizione francese di 20minutes, alle elezioni regionali il 34 per cento delle persone nella fascia d’età 18-30 ha votato Front National. La popolarità del Front National va probabilmente collegata all’atmosfera che si è creata dopo gli attentati di Parigi e all’assenza di figure “nuove” fra i partiti tradizionali, cioè quello socialista e quello popolare.

marine le penMarine Le Pen, il 9 novembre 2016 (MARTIN BUREAU/AFP/Getty Images)

Settembre o ottobre 2017 – elezioni politiche in Germania

La Germania è il paese che più difficilmente potrebbe finire per essere governato da un partito populista o di estrema destra. Il partito più rappresentativo della mozione antieuropeista è Alternativa per la Germania (AfD), guidato da Frauke Petry. La cancelliera Angela Merkel non ha ancora annunciato se si candiderà di nuovo. Il suo partito, la centrista CDU, è ancora il primo partito del paese anche se ha subito un calo dei consensi a causa della cosiddetta “politica della porta aperta” nei confronti dei migranti.

AfD è stato fondato nel 2013 da un gruppo di economisti e giornalisti che chiedevano innanzitutto l’abolizione della moneta unica europea. Dopo le dimissioni del suo fondatore Bernd Lucke nel 2015, il partito si è concentrato su una campagna contro la politica di accoglienza dei rifugiati portata avanti dal governo Merkel e a favore della reintroduzione dei controlli alle frontiere. Nel programma dell’AfD ci sono anche un referendum sul TTIP, l’accordo commerciale di libero scambio in corso di negoziazione tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti d’America, e l’immediata sospensione delle sanzioni nei confronti della Russia. In un’intervista della scorsa settimana, la cancelliera Angela Merkel aveva parlato di questo partito populista come di un «fenomeno temporaneo».

Lo scorso marzo in Germania si sono tenute le elezioni per rinnovare le assemblee legislative di tre stati federati – o Länder: il Baden-Württemberg, la Renania-Palatinato e la Sassonia-Anhalt. In quell’occasione l’AfD è riuscito a entrare per la prima volta nei tre parlamenti e la CDU ha perso in due dei tre Länder: contro i Verdi in Baden-Württemberg e contro i socialisti della SPD in Renania-Palatinato.

Alternative für DeutschlandI principali esponenti di Alternativa per la Germania (AfD), il 19 settembre 2016: da sinistra Joerg Meuthen, Frauke Petry e Georg Pazderski (TOBIAS SCHWARZ/AFP/Getty Images)

Bonus: elezioni amministrative in Palestina

Altre elezioni che in teoria dovrebbero svolgersi nei prossimi mesi o comunque nel 2017 sono quelle amministrative palestinesi: dovevano tenersi nell’autunno 2016 ed erano considerate una specie di prova generale per le elezioni politiche, che non si tengono da più di dieci anni. Dopo diversi guai giudiziari, il 3 ottobre la Corte Suprema palestinese aveva deciso che le elezioni si sarebbero tenute in autunno ma solamente in Cisgiordania, e non nella Striscia di Gaza. La Commissione elettorale palestinese, dopo la decisione della Corte, aveva consigliato al governo di rinviare le elezioni al fine di trovare un accordo per tenerle in tutta la Palestina. Il governo ha seguito il suggerimento e a oggi non si sa quando saranno le elezioni, anche se secondo il quotidiano Haaretz potrebbero tenersi nel febbraio 2017.

Anche in questo caso il risultato elettorale potrebbe in qualche modo opporsi all’establishment, cioè Fatah, il partito “moderato” che governa la Cisgiordania e che è sempre stato l’interlocutore principale per i negoziati di pace con Israele. Il guaio è che secondo i rari sondaggi compiuti in autunno, le elezioni sarebbero state vinte sia nella Striscia di Gaza sia in Cisgiordania da Hamas, un partito da sempre ostile a trattati di pace con Israele. Praticamente tutti gli osservatori concordano che la sospensione delle amministrative è l’ultima conseguenza di uno scontro politico fra Fatah e Hamas, che da anni hanno rapporti molto freddi se non ostili.

palestinaUn uomo palestinese legge Al Resalah, un giornale pro Hamas, a Gaza, il 20 novembre 2016; per i palestinesi l’elezione di Trump significa una probabile nuova politica americana più favorevole nei confronti di Israele (THOMAS COEX/AFP/Getty Images)