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  • Martedì 20 settembre 2016

La tregua in Siria è finita

Sono ricominciati i bombardamenti ed è stato colpito un convoglio di aiuti umanitari dell'ONU, forse attaccato dal regime di Assad: e non è chiaro cosa succederà adesso

Un camion del convoglio di aiuti umanitari colpiti da un attacco aereo, Orum al-Kubra, 20 settembre 2016
(OMAR HAJ KADOUR/AFP/Getty Images)
Un camion del convoglio di aiuti umanitari colpiti da un attacco aereo, Orum al-Kubra, 20 settembre 2016 (OMAR HAJ KADOUR/AFP/Getty Images)

Lunedì l’esercito siriano fedele al presidente Bashar al Assad ha dichiarato finita la tregua in Siria cominciata la settimana scorsa, accusando i ribelli di averla violata ripetutamente. Poco dopo sono ricominciati i bombardamenti sulle aree di Aleppo controllate dai ribelli – molto intensi, hanno raccontato i giornalisti sul posto – ed è stato attaccato un convoglio di aiuti umanitari dell’ONU che stava portando cibo e medicine alla popolazione di Urem al Kubra, a ovest di Aleppo.

L’ONU ha detto che diverse persone sono morte e sono rimaste ferite. È stato il secondo bombardamento aereo su un convoglio umanitario da quando è iniziata la guerra in Siria, nel 2011 (quello precedente era stato fatto dai russi): i ribelli, gli Stati Uniti e i giornalisti ed esperti che si occupano di Siria hanno accusato dell’attacco i siriani o i russi (i ribelli non hanno a disposizione aerei da guerra) e l’ONU ha annunciato di avere sospeso tutti gli aiuti umanitari in Siria. Non è chiaro cosa succederà ora alla teorica seconda fase della tregua, quella che prevede una collaborazione militare tra Stati Uniti e Russia per colpire i due gruppi più estremisti della guerra siriana.

Già prima dell’attacco contro il convoglio umanitario dell’ONU, diversi attivisti e giornalisti in Siria avevano parlato di intensi bombardamenti su quartieri e città controllati dai ribelli. Il New York Times ha scritto che i pochi ospedali rimasti ancora in piedi ad Aleppo – la città contesa tra ribelli e regime siriano e diventata il simbolo delle brutali violenze in Siria – si sono riempiti molto rapidamente di feriti, fino a non riuscire più ad accoglierli tutti. A mezzanotte le persone uccise erano 34, mentre i soccorsi proseguivano nel buio per la mancanza di elettricità. Non è la prima volta che alla fine di una tregua gli attacchi riprendono in maniera massiccia e intensa.

L’episodio di cui si è parlato di più è stato però il bombardamento contro il convoglio umanitario dell’ONU, per diversi motivi. Il convoglio era gestito dalla Mezzaluna Rossa Araba Siriana, un’organizzazione no-profit che stava operando per conto dell’ONU: era formato da 31 camion, di cui almeno 18 sono stati danneggiati o distrutti nell’attacco, e avrebbe dovuto essere il primo a consegnare gli aiuti alla popolazione di una città controllata dai ribelli. ONU, Stati Uniti e molti osservatori hanno accusato i siriani dell’attacco, ma martedì il ministro della Difesa russo ha sostenuto che in realtà non ci sia stato alcun bombardamento, e che i danni siano stati provocati da un’esplosione con altre cause (al momento l’ipotesi russa sembra non avere alcun fondamento: sia le immagini riprese che i testimoni presenti raccontano un’altra storia).

La questione della consegna degli aiuti è stata una delle più discusse nell’ultima settimana: la tregua era stata raggiunta da Stati Uniti (che in Siria combatte contro lo Stato Islamico) e Russia (che è alleata di Assad), e accettata dal regime di Assad e da alcuni gruppi di ribelli. Uno degli obiettivi più importanti dell’accordo doveva essere umanitario: l’ONU si sarebbe fatta carico di portare cibo e medicine nei quartieri e nelle città siriane sotto assedio, una tattica di guerra molto brutale e praticata soprattutto dal regime di Assad. Il problema è che nel corso dell’ultima settimana l’ONU non è riuscita a consegnare alcun aiuto umanitario: il regime siriano prima non ha dato l’autorizzazione al passaggio dei camion umanitari, poi ha cominciato a richiedere particolari permessi. A ciò si è aggiunto anche il rifiuto di alcuni gruppi ribelli e altre parti della guerra siriana di ritirarsi dalle strade da cui dovevano passare i convogli, come stabilito dalla tregua. Insomma: gli aiuti non sono stati consegnati e lunedì sera il convoglio dell’ONU – quello che finalmente avrebbe dovuto arrivare a destinazione – è stato bombardato.

Non è chiaro cosa succederà ora. La tregua firmata da Stati Uniti e Russia prevedeva che dopo una settimana di “riduzione significativa delle violenze” i due paesi cominciassero a collaborare per bombardare lo Stato Islamico e Jabhat Fateh al Sham, il gruppo prima conosciuto come Jabhat al Nusra (l’ex divisione di al Qaida in Siria). Negli ultimi giorni però è successo un po’ di tutto: non solo l’attacco contro il convoglio dell’ONU, ma anche il bombardamento compiuto per errore dagli aerei americani sui soldati siriani di Bashar al Assad a Deir Ezzor, una città dell’est della Siria, e le ripetute violazioni della tregua. Questi eventi hanno portato la diffidenza tra americani e russi a livelli altissimi e hanno mostrato il completo disinteresse del regime di Assad a rispettare gli accordi internazionali.

Il segretario di Stato americano John Kerry, che ha sostenuto molto la tregua firmata con la Russia, sembra avere intenzione di andare avanti, tra lo stupore di molti analisti ed esperti. Kerry ha detto: «I siriani non hanno fatto l’accordo. I russi hanno fatto l’accordo. Noi dobbiamo vedere cosa dicono i russi. Ma il punto, la cosa importante, è che i russi hanno bisogno di controllare Assad, che evidentemente sta bombardando indiscriminatamente, anche i convogli umanitari. Quindi aspettiamo, vediamo e mettiamo insieme i fatti. Dobbiamo capire dove siamo e poi prenderemo una decisione. Ma non abbiamo a disposizione tutti i fatti in questo momento».