Non è tutto pubblico quel che riguarda un personaggio pubblico, nel Regno Unito
Almeno per ora: la Corte Suprema ha vietato al Sun di pubblicare una presunta "notizia"
La Corte Suprema britannica ha deciso di confermare il divieto temporaneo di divulgazione pubblica di una notizia che coinvolge la vita sessuale di una delle persone più famose del Regno Unito, giudicandola al di fuori del pubblico interesse. Il divieto è valido solamente in Inghilterra e Galles, dato che Scozia e Irlanda del Nord hanno un sistema giuridico separato: diversi giornali e tabloid internazionali si sono occupati della vicenda citando esplicitamente il nome della persona coinvolta, mentre altri – come le agenzie stampa Reuters e Associated Press (e lo stesso Post) – hanno deciso di rispettarne le ragioni. La decisione della Corte è stata ripresa da vari giornali internazionali, e aggiunge un pezzo all’ampio dibattito sulla convivenza di diritto di cronaca e difesa della privacy: particolarmente sentito nel Regno Unito, dove la distinzione tra i contenuti scandalistici dei tabloid di grandissima popolarità e il giornalismo “serio” ha una radicata tradizione.
Secondo la ricostruzione giornalistica in questione il protagonista della presunta notizia – che nei documenti della Corte è soprannominato PJS – è sposato con una persona molto famosa, e nel 2009 ha avuto una relazione fuori dal matrimonio. Questa relazione ha incluso anche un rapporto sessuale a tre che ha coinvolto PJS, la persona con cui aveva iniziato a frequentarsi, e il partner di quest’ultima. A gennaio del 2016 la coppia ha contattato il Sun, uno dei più famosi e spregiudicati tabloid britannici, raccontando i dettagli della relazione avuta con PJS. A quel punto il Sun ha contattato gli avvocati di PJS, che hanno fatto richiesta a un tribunale britannico per un divieto di pubblicazione per ragioni di privacy. Il 18 gennaio, il tribunale ha negato loro un divieto definitivo, ma ha concesso un divieto di pubblicazione temporaneo, poi confermato quattro giorni dopo dalla Corte di Appello di Inghilterra e Galles. In aprile, altri tre giudici della Corte di Appello, dietro richiesta del Sun, hanno deciso che il divieto andasse rimosso (intanto la storia era già stata ripresa un po’ ovunque, dalla Scozia agli Stati Uniti). PJS si è quindi rivolto alla Corte Suprema, che il 19 maggio gli ha dato ragione sulla conferma del divieto. Il Guardian ipotizza che il processo vero e proprio inizierà entro il 2016.
Nelle motivazioni della sentenza, la Corte Suprema ha spiegato che anche se PJS e soprattutto il suo partner sono famosi, non esiste «nessun diritto di invadere la loro privacy», e che si è preoccupata di proteggere gli interessi dei figli della coppia. La decisione di mantenere il divieto è stata presa da quattro giudici su cinque. Jonathan Mance, uno dei giudici che ha convalidato il divieto temporaneo, nelle sue motivazioni ha spiegato che in questa vicenda non si può parlare di «pubblico interesse» a diffondere la notizia, perché «nonostante la notizia possa interessare qualcuno, […] non c’è diritto di invadere la privacy semplicemente perché le persone coinvolte sono famose».
Il giudice che si è detto contrario, Roger Toulson, ha spiegato nelle sue motivazioni che «la vicenda non scomparirà, divieto o non divieto. [I bambini] sono ancora molto piccoli e ci sono vari modi in cui i genitori possono proteggerli a breve termine. È inevitabile che nel tempo i bambini verranno a conoscenza della questione, e senza dubbio i loro genitori hanno già discusso di come gestire la vicenda. […] Una volta che la vicenda è diventata largamente disponibile per chi è interessato, ha perso la sua essenza di notizia riservata. La Corte deve vivere nel mondo di oggi, non in un mondo ipotetico e più desiderabile».
Ad oggi il vero nome di PJS si può ricostruire a partire da una ricerca su Google, che però negli scorsi mesi ha rimosso alcuni link che citano il nome vero di PJS, non è chiaro se per iniziativa di Google stesso o di PJS. Per protesta contro la decisione della Corte Suprema, il sito del Sun ha pubblicato un elenco di storie che a suo dire non avrebbero potuto essere pubblicate se le persone in questione avessero fatto richiesta di un divieto di pubblicazione.