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  • Domenica 20 marzo 2016

5 punti per capire l’accordo sui migranti

Che è entrato in vigore oggi: una guida semplice per capire cosa cambia per chi proverà ad arrivare via mare dalla Turchia e in quale misura sarà coinvolta l'Italia

Idomeni, Grecia (LOUISA GOULIAMAKI/AFP/Getty Images)
Idomeni, Grecia (LOUISA GOULIAMAKI/AFP/Getty Images)

Oggi entra in vigore l’accordo sui migranti tra Unione Europea e Turchia che in teoria è destinato a cambiare notevolmente l’approccio adottato fino ad ora nel gestire le crisi. Nel 2015 la Commissione Europea – oltre che alcuni stati membri fra cui Germania e Italia – aveva spinto affinché tutti gli stati membri si facessero carico di una parte dei migranti attraverso un piano di ricollocamento dei richiedenti asilo più in difficoltà. Questo approccio è fallito soprattutto per l’opposizione di molti paesi dell’est Europa e in parte per quella del Regno Unito, che si sono rifiutati di ospitare la propria “quota” di richiedenti asilo. La nuova strategia prevede invece di pagare Turchia e Grecia perché si prendano cura dei migranti sul loro territorio, mentre lo sforzo di accoglienza dei paesi europei è passato in secondo piano. In questi giorni sono circolate diverse ipotesi e analisi del nuovo piano, tutte piuttosto complicate: abbiamo messo insieme i cinque punti essenziali per capire cosa cambierà e in quale misura sarà coinvolta l’Italia.

1. La rotta balcanica è chiusa

Nel 2015 quasi un milione di persone è arrivato nell’Europa centrale partendo dalle coste della Turchia, sbarcando sulle isole greche e risalendo tutta la penisola balcanica fino all’Europa occidentale. Questa “rotta” è bloccata dallo scorso febbraio, quando una serie di paesi balcanici insieme all’Austria ha deciso di fatto di chiudere i propri confini. Sono state queste misure a provocare la chiusura del confine tra Grecia e Macedonia, che a sua volta ha portato all’ingrossamento del campo di Idomeni, dove da un mese migliaia di migranti vivono in condizioni precarie e praticamente in mezzo al fango. La chiusura della rotta è stata certificata dalle dichiarazioni di diversi importanti politici europei, fra cui il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk e vari capi di stato. Proprio pochi giorni fa, un gruppo di migranti che era riuscito a passare il confine è stato riportato in Grecia dalla polizia macedone, in una dimostrazione pratica di come per il momento il flusso di persone sia davvero bloccato. Uno dei punti meno chiari dell’accordo è proprio il futuro dei migranti che in questo momento sono bloccati a Idomeni.

2. La Grecia dovrà occuparsi dei migranti da sola, o quasi
La prima conseguenza della chiusura della rotta balcanica è che da adesso la Grecia dovrà farsi carico da sola di tutti i migranti che arriveranno nei suoi confini. L’Unione Europea finanzierà questo sforzo con centinaia di milioni di euro, mentre nelle prossime settimana circa 2.300 funzionari, esperti di immigrazione e traduttori da tutta Europa dovrebbero arrivare nelle isole greche, per rafforzare il personale che si occuperò di gestire gli arrivi di migranti. La parte fondamentale del nuovo accordo prevede che i migranti “irregolari” che arriveranno in Grecia – quindi praticamente tutti – saranno rimandati in Turchia, dove dovranno attendere l’esito della loro eventuale richiesta di asilo, da avanzare comunque in Grecia: in questo modo, la speranza è quella di alleggerire la pressione sulla Grecia e mantenere il flusso entro limiti gestibili.

3. Quindi se sono un migrante che parte domani dalla Turchia, cosa mi succederà?
Nonostante l’accordo sia entrato in vigore oggi, molti dettagli tecnici non sono ancora chiari e nessuno pensa che possa entrare davvero in funzione prima di aprile (diversi funzionari greci hanno fatto notare che il personale aggiuntivo non è ancora arrivato). Se tutto dovesse andare secondo i piani, lo scenario sarebbe più o meno questo: una volta arrivato su un’isola greca, il migrante verrebbe portata in un centro di detenzione e identificazione. Se dovesse fare domanda d’asilo, la sua richiesta sarebbe presa individualmente in esame da una commissione di funzionari. Se la domanda venisse respinta o se il migrante decidesse di non richiedere asilo, le autorità greche in collaborazione con quelle turche inviate appositamente sull’isola, provvederanno immediatamente al rimpatrio in Turchia del migrante. Non è ancora esattamente chiaro cosa succederà ai migranti la cui richiesta d’asilo verrà accettata: il primo ministro greco Alexis Tsipras ha parlato della necessità di un nuovo piano di ricollocamento, ma per il momento è lecito pensare che anche loro verranno rimandati in Turchia.

4. L’accordo con la Turchia
Un’altra sezione dell’accordo prevede che per ogni migrante che sarà rimandato in Turchia, l’Unione Europea accoglierà direttamente dalla Turchia una persona in possesso dei requisiti per ricevere asilo politico. Questi migranti accolti nello scambio “uno per uno” dovrebbero essere distribuiti in Europa in base a un sistema di quote. La commissione europea ha precisato che questa procedura di “scambio” inizierà ad aprile. Sembra inoltre che sia stato stabilito un numero massimo di rifugiati che potranno essere accolti in questa maniera: BBC e il Guardian ad esempio parlano di 72mila all’anno, una cifra molto bassa rispetto al flusso a cui abbiamo assistito negli ultimi mesi. L’idea alla base del piano è creare un meccanismo per disincentivare le traversate illegali e nel contempo consentire a chi ha i requisiti per richiedere asilo in Europa di farlo già in Turchia. Il problema è che se resterà così, il piano – oltre che insufficiente – sarà molto vantaggioso per la Turchia, che potrebbe continuare a permettere un flusso illegale di migranti verso le isole greche – molti dei quali comunque hanno diritto ad asilo perché in arrivo da Siria o Afghanistan – e al contempo beneficiare del sistema “uno per uno”. Di fatto però, l’accordo impone alla Turchia di continuare a ospitare sul suo territorio il grosso dei migranti, circa tre milioni di persone attualmente. Per fare questo la Turchia riceverà un finanziamento molto massiccio nei prossimi tre anni: sei miliardi di euro, oltre a un accordo per permettere ai cittadini turchi di viaggiare in Europa senza visto e la parziale riapertura della domanda di accesso nell’Unione Europea da parte della Turchia.

5. Cosa cambia per l’Italia?
Potenzialmente parecchio. Se il flusso di migranti che arrivano in Grecia non dovesse essere contenuto dal sistema di centri di detenzione e rimpatri in Turchia è possibile che i migranti decidano di iniziare a percorrere una rotta balcanica “alternativa”. Chiusa quella che passa per la Macedonia, potrebbero decidere di entrare in Albania e da lì attraversare il Canale d’Otranto per arrivare in Puglia. Le misure di sicurezza al confine tra Grecia e Albania sono già state rinforzate e i ministri dell’Interno dei due paesi si sono già incontrati per coordinare gli sforzi. Al momento questo scenario è ancora lontano, e per il momento le decine di migliaia di migranti presenti in Grecia non sembrano avere intenzione di dirigersi verso l’Albania. Una preoccupazione più concreta è che aumenti ancora di più il flusso di migranti lungo la rotta del Mediterraneo centrale, quella che porta dalle coste della Libia all’Italia (già frequentata in passato da moltissimi siriani e poi abbandonata in favore della rotta balcanica).