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  • Venerdì 21 agosto 2015

La scissione di SYRIZA

Venticinque parlamentari del partito di Tsipras hanno annunciato la formazione di un nuovo gruppo, "Unità Popolare", con cui si candideranno alle prossime elezioni in Grecia

Alexis Tsipras (AP Photo/Petros Karadjias)
Alexis Tsipras (AP Photo/Petros Karadjias)

Venticinque parlamentari di SYRIZA, il partito di maggioranza relativa del Parlamento greco guidato da Alexis Tsipras, hanno annunciato che fonderanno un nuovo partito col quale si presenteranno alle prossime elezioni. Il partito si chiamerà “Unità Popolare”. I 25 parlamentari accusano Tsipras e il suo governo di avere tradito i principi anti-austerità del partito e nelle scorse settimane si erano opposti all’approvazione delle riforme chieste dall’Unione Europea per autorizzare un nuovo prestito e impedire alla Grecia di fare bancarotta e uscire dall’euro. Il leader del nuovo movimento dovrebbe essere Panagiotis Lafazanis, ex ministro dell’Energia e capo della corrente più radicale di SYRIZA; il nuovo partito oggi sarebbe per dimensioni il terzo più grande del Parlamento greco.

Proprio a causa delle divisioni dentro SYRIZA, giovedì sera Alexis Tsipras aveva annunciato la sua intenzione di dare le dimissioni da primo ministro, portando così la Grecia alle elezioni anticipate. Ora il presidente della Repubblica dovrà formalmente gestire la crisi: la data più probabile per il voto è il 20 settembre, secondo la stampa greca. La data potrebbe variare nel caso in cui i leader degli altri partiti chiedessero al presidente della Repubblica, Prokopis Pavlopoulos, di provare a formare un nuovo governo, ipotesi che al momento sembra essere piuttosto remota. Nel caso della fine di un governo entro il suo primo anno, la Costituzione prevede comunque che il presidente proponga al secondo partito più grande in Parlamento di verificare la presenza di una eventuale maggioranza per governare, e che in caso di esito negativo sia fatta la stessa proposta al terzo partito con il maggior numero di parlamentari.

La decisione di Tsipras è stata presa e comunicata dopo giorni di incontri e riunioni tra membri del governo, e si deve alle divisioni emerse dentro SYRIZA riguardo l’accordo con i creditori internazionali sulle riforme da approvare per ottenere un nuovo prestito ed evitare la bancarotta del paese e l’uscita dall’euro. Le riforme promosse da Tsipras erano state approvate dal Parlamento fin qui solo grazie al sostegno dell’opposizione, e col voto contrario di un pezzo di SYRIZA. Tsipras ha definito l’accordo «il migliore possibile» ma ha aggiunto che ha «un obbligo morale di farlo giudicare al popolo»; secondo la gran parte degli analisti, si candiderà nuovamente alla carica di primo ministro come leader di SYRIZA.

L’accordo tra Grecia e Unione Europea – che in cambio di 86 miliardi di euro prevede tra le altre cose diversi tagli alla spesa dello stato – è stato approvato dal Parlamento greco il 14 agosto con 222 voti favorevoli, dopo un lunghissimo dibattito iniziato la notte del 13 agosto. Altri 64 parlamentari – fra cui 31 di SYRIZA – hanno votato “no”, mentre 11 si sono astenuti. Fra quelli che hanno votato contro c’è stato anche l’ex ministro delle Finanze Yanis Varoufakis. Durante la discussione parlamentare, diversi parlamentari di SYRIZA avevano criticato duramente Tsipras: uno dei più importanti era stato Panayiotis Lafazanis, ex ministro dell’Energia del governo Tsipras e capo della corrente di sinistra “Piattaforma Rossa” di SYRIZA, il quale aveva detto che non avrebbe più appoggiato il governo. La presidente del parlamento greco, Zoe Konstantopoulou, un altro membro della corrente “radicale” di SYRIZA, durante la discussione e il voto aveva fatto ostruzionismo sollevando una lunga serie di obiezioni e questioni procedurali.

La prima parte del prestito, circa 26 miliardi, è stata già erogata e ha permesso alla Grecia – tra le altre cose – di restituire un importante prestito da 3,2 miliardi alla Banca Centrale Europea entro il 20 agosto. Altri dieci miliardi saranno utilizzati per ricapitalizzare le banche greche, che sono state chiuse per settimane e ancora oggi operano soltanto con grossi limiti ai prelievi e ai trasferimenti di capitali all’estero.