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  • Sabato 20 luglio 2013

L’arresto di Shalabayeva ordinato dai kazaki

L'Interpol aveva chiesto alla polizia italiana di "deportare" la donna già il 28 maggio, dicono i documenti della relazione di Pansa

The Palace of Peace and Consent, left, in Astana, Kazakhstan's capital on Friday, July 5, 2013. (AP Photo/ Pavel Mikheyev)
The Palace of Peace and Consent, left, in Astana, Kazakhstan's capital on Friday, July 5, 2013. (AP Photo/ Pavel Mikheyev)

Sabato 20 luglio Corriere della Sera e Repubblica hanno rivelato un altro nuovo e importante dettaglio nel caso dell’espulsione di Alma Shalabayeva e della figlia di 6 anni Alua – rispettivamente moglie e figlia dell’oppositore politico kazako Mukhtar Ablyazov: dai documenti allegati alla relazione del capo della polizia Alessandro Pansa, e depositati in parlamento, c’è una nota ufficiale proveniente dal Kazakistan e trasmessa dall’Interpol tra il 28 maggio e il 20 maggio che chiede alla polizia italiana di “deportare” la Shalabayeva, che i kazaki ritenevano si potesse trovare nella villa di Casal Palocco, nella periferia di Roma, insieme al marito Ablyazov.

Questa nuova rivelazione cambia molto del caso Shalabayeva, che da diversi giorni sta mettendo in crisi la solidità del governo guidato da Enrico Letta. Dimostra che la polizia e i vertici del ministero dell’Interno sapevano fin da prima dell’espulsione di Shalabayeva la reale identità della donna – mentre la loro linea difensiva è stata che non ne fossero a conoscenza – e che sarebbero bastati accertamenti sul suo cognome per scoprire che si trattava della moglie di un oppositore politico di Nursaltan Nazarbayev, autoritario presidente del Kazakistan.

Dimostra anche che i kazaki avevano chiesto esplicitamente alla polizia italiana di arrestare non solo Ablyazov, ma anche la moglie Shalabayeva: questo è un punto centrale nella ricostruzione dell’intero caso, non citato però in alcun passaggio della relazione del capo della polizia Pansa.

La prima nota dell’Interpol proveniente dal Kazakistan
La mattina del 28 maggio, la Direzione Centrale della Polizia Criminale ha ricevuto una nota Interpol, in lingua inglese, proveniente dall’ufficio collegato di Astana, la capitale del Kazakistan. Quella nota, come già emerso venerdì da altri allegati alla relazione di Pansa, doveva servire a “riattivare” la pratica di Ablyazov, che era stata inserita nel sistema dell’Interpol nel marzo del 2009 ma che da allora era rimasta, per così dire, “congelata”.

In pratica, una volta ricevuto l’avviso dall’ufficio collegato in Kazakistan, la Direzione Centrale della Polizia Criminale ha aggiornato la banca dati della polizia italiana. Quella nota diceva:

Ablyazov Mukhtar vive a Roma, in una villa in affitto in via di Casal Palocco 3 di proprietà di una cittadina tedesca […]. Non è escluso che, nella stessa villa in affitto, viva con Ablyazov sua moglie, una cittadina kazaka di nome Alma Shalabayeva Boranbaevna, nata il 15 agosto 1966.

La nota tradotta in italiano è stata trasmessa alla questura di Roma alle 16.57: da quel momento, la polizia italiana, il capo di gabinetto del ministro dell’Interno, Giuseppe Procaccini, e lo stesso ministro dell’Interno, Angelino Alfano, avevano le informazioni necessarie per sapere chi era Alma Shalabayeva, e che insieme al marito anche lei era ricercata.

La seconda nota proveniente dal Kazakistan
Repubblica scrive che un’ora dopo l’invio della prima nota la Direzione Centrale della Polizia Criminale ha ricevuto una seconda nota, sempre proveniente dal Kazakistan. La seconda nota è arrivata in Italia mentre l’ambasciatore kazako Andrian Yelemessov si trovava nell’ufficio del capo di gabinetto Procaccini per definire i dettagli della prima perquisizione alla villa di Casal Palocco, quella che si verificherà nella notte tra il 28 e il 29 maggio e che porterà al fermo di Alma Shalabayeva. Il Corriere dice invece che la seconda nota arriva il 31 maggio, ma prima dell’espulsione di Shalabayeva. Ad ogni modo, nella seconda nota si legge:

In aggiunta al nostro precedente messaggio concernente l’arresto del ricercato Ablyazov Mukhtar vi informiamo che con lui potrebbe vivere sua moglie Alma Shalabayeva. Vi confermiamo che è una cittadina kazaka, che ha un passaporto kazako NO816235 rilasciato il 3 agosto 2012 e un secondo passaporto N5347890 rilasciato il 23 aprile 2007. La Shalabayeva potrebbe inoltre utilizzare un falso passaporto di un altro Paese, presumibilmente della Repubblica Centro Africana, con numero 06FB04081, rilasciato a nome Ayan Alma l’1 Aprile 2010. A tal riguardo, vi chiediamo dunque di identificare tutte le donne che vivono nella villa di Casal Palocco (…) e, qualora fosse provato che Alma Shalabyeva è in Italia illegalmente (con uso di documenti falsi), chiediamo alle rispettabili autorità italiane di “deportarla” in Kazakistan. Vi preghiamo di fornirci le informazioni sui soggetti in questione e di informarci anche in caso di esito negativo delle ricerche.

Le cose rilevanti della prima e della seconda nota
Sono tre. La prima è che l’Interpol kazako non si è limitato a segnalare la presenza di Shalabayeva insieme al marito nella villa di Casal Palocco, ma ne ha chiesto proprio la “deportazione” verso il Kazakistan. Questo, scrive Fiorenza Sarzanini sul Corriere, basta a spiegare perché fin dal giorno prima dell’espulsione di Shalabayeva fosse a disposizione all’aeroporto di Ciampino un jet privato della compagnia austriaca Avcon, utilizzato dai kazaki per riportare Shalabayeva e la figlia Alua in Kazakistan.

La seconda cosa rilevante riguarda il nome contenuto nella nota, “Alma Shalabayeva”, e non “Alma Ayan”, cioè il nome che risultava nel passaporto centrafricano preso in consegna dalla polizia dopo la prima perquisizione alla villa di Casal Palocco. I vertici della polizia italiana erano quindi a conoscenza di entrambi i nomi di Shalabayeva, che finora sono stati indicati (ma forse erroneamente) come quello da sposata e quello da nubile. Non è chiaro se gli accertamenti chiesti alla Farnesina (quelli che nella relazione di Pansa sono indicati a pagina 4 come “Allegato 5”) siano stati fatti solo sul nome Ayan, anche se diversi segnali fanno pensare così: lo sostiene Sarzanini sul Corriere e, in maniera implicita, lo ha detto l’avvocato Riccardo Olivo, legale di Shalabayeva, durante un’audizione di fronte alla Commissione Diritti umani del Senato: «La polizia italiana poteva sapere che Alma Ayan era Alma Shalabayeva almeno a partire dal 30 maggio». Nella stessa relazione di Pansa, quando si citano i motivi per cui la questura di Roma propone l’espulsione, si parla di controlli effettuati sul nome Ayan Alma.

La terza è che il passaporto del Centrafrica, che era stato ritenuto contraffatto dalla autorità italiane e che era stata la base su cui giustificare l’espulsione di Shalabayeva, potrebbe essere stato un pretesto in qualche modo confezionato dai kazaki per fornire all’Italia una ragione per consegnare la donna al Kazakistan: questa ricostruzione, che per ora non è sostenuta da alcuna certezza, sembra possibile viste le rivelazioni di oggi e degli ultimi giorni – quelle relative ad una grande invadenza della diplomazia kazaka e dell’ambasciatore kazako a Roma, Andrian Yelemessov, nella decisione di perquisire due volte la villa di Casal Palocco. In pratica, gli obiettivi del governo del Kazakistan erano due: Ablyazov e Shalabayeva, e questo i vertici della polizia e del ministero dell’Interno lo sapevano prima dell’espulsione della donna.

foto: Astana (AP Photo/ Pavel Mikheyev)