• Mondo
  • Sabato 18 agosto 2012

Il nuovo inviato dell’ONU in Siria

Si chiama Lakhdar Brahimi, è algerino, sostituisce Kofi Annan e ha una lunga esperienza diplomatica internazionale: ma i dubbi sulla sua riuscita sono tanti

NEW YORK - DECEMBER 3: (L-R) Honoree Lakhdar Brahimi, UN Secretary General Kofi Annan, Honoree Hans Blix and Director Sidney Pollack attend the United Nations Correspondents Association 2005 UNCA Awards Dinner on December 3, 2004 in New York City. (Photo by Peter Kramer/Getty Images)
NEW YORK - DECEMBER 3: (L-R) Honoree Lakhdar Brahimi, UN Secretary General Kofi Annan, Honoree Hans Blix and Director Sidney Pollack attend the United Nations Correspondents Association 2005 UNCA Awards Dinner on December 3, 2004 in New York City. (Photo by Peter Kramer/Getty Images)

Ieri le Nazioni Unite hanno annunciato ufficialmente che il diplomatico algerino Lakhdar Brahimi sarà il nuovo inviato di pace dell’ONU in Siria. Brahimi prenderà il posto di Kofi Annan, che il 2 agosto aveva annunciato di non voler continuare la missione affidatagli dall’ONU e dalla Lega Araba oltre la scadenza del suo mandato il prossimo 31 agosto. Annan ha motivato la sua decisione con la denuncia del sostegno di cui aveva bisogno da parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

Lakhdar Brahimi, 78 anni, è un uomo politico algerino con molti anni di esperienza nella diplomazia internazionale: fu inviato dell’ONU in Afghanistan a cavallo dell’11 settembre 2001, poi fu in Iraq a partire dall’invasione del 2003. E questa non è la prima volta che Brahimi si trova a negoziare con le autorità siriane. Gli era già accaduto negli anni Ottanta, quando fu inviato dalla Lega Araba per negoziare la fine della guerra civile libanese. All’epoca a capo del regime siriano c’era il padre di Bashar al-Assad, Hafez.

Secondo quanto scrive Al Jazeera, Brahimi avrebbe sciolto la propria riserva ieri, dopo essersi preso qualche giorno per riflettere se accettare o meno l’incarico, che un diplomatico francese dell’ONU ha definito una “missione impossibile”. Dopo aver ufficialmente accettato l’incarico, Brahimi ha dichiarato:

«L’ONU, e suppongo anche la Lega Araba, non possono limitarsi semplicemente a dire “è una missione difficile, guardiamo da un’altra parte”. Suppongo di essere abbastanza vanitoso da poter pensare che, con l’esperienza che ho, se mi chiedono di intervenire in una situazione del genere non posso rifiutare, anche se sono molto, molto preoccupato per la difficoltà di ciò che devo affrontare.»

Ora che il piano di pace programmato da Kofi Annan è fallito, non è ancora ben chiaro come procederà il nuovo inviato. Un portavoce del segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha dichiarato attraverso un comunicato stampa che si aspetta che l’intero Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite appoggi incondizionatamente la nuova missione di Brahimi. Nel frattempo, la missione degli osservatori inviati alcuni mesi fa in Siria si sta concludendo, dopo il suo mancato rinnovo da parte del Consiglio di sicurezza. La missione scade alla mezzanotte di domenica e per allora se ne saranno andati quasi tutti, senza essere riusciti a mettere fine alle violenze.

La situazione in Siria peggiora di giorno in giorno, con rinnovate preoccupazioni sul piano umanitario. Richard Brennan, che si occupa di gestione dei rischi per l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha affermato recentemente che dall’inizio del conflitto la maggior parte degli ospedali siriani è stato danneggiato o distrutto, mentre un’epidemia di diarrea sta scoppiando alla periferia di Damasco. Secondo l’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati, i rifugiati siriani in Giordania sarebbero 47 mila, con altri 65 mila in Turchia. All’interno della Siria, invece, gli sfollati a causa dei combattimenti sarebbero 1 milione e 200 mila.

Foto: Peter Kramer/Getty Images