«Signora Merkel, tocca a lei»

L'articolo di copertina dell'Economist chiede al cancelliere tedesco di spiegare ai suoi elettori che bisogna scegliere tra un'idea ripugnante e una dura realtà

Sulla copertina dell’Economist di questa settimana l’economia del mondo è rappresentata da una nave che sta affondando in mare, con qualcuno che dalla cabina di comando chiede: “Per favore, adesso possiamo far partire i motori, signora Merkel?”. Il settimanale britannico torna a occuparsi della crisi economica, specialmente in Europa, rivolgendosi questa volta direttamente al cancelliere tedesco, che più di qualsiasi altro leader europeo ha in mano il futuro della moneta unica e dell’economia europea.

L’Economist spiega che in un certo senso è ingiusto prendersela con Angela Merkel: i politici stanno dimostrando di essere incapaci di agire in buona parte del mondo. A Delhi  non si approvano le riforme necessarie per l’India. A Washington accade lo stesso, e lì la paralisi politica potrebbe portare a un aumento delle imposte e ad altri dolorosi tagli alla spesa entro la fine dell’anno. Agli investitori non dispiace il governo della cancelliera, molto prudente e orientato verso l’austerità. Gli stessi sono però molto preoccupati da come stanno andando le cose nei cosiddetti paesi della periferia dell’euro (Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda, Italia), con i conti ancora da mettere al sicuro.

C’è la consapevolezza che la politica prudente di Angela Merkel non potrà andare avanti all’infinito e molti dei problemi di oggi dell’euro sono dovuti alle scelte di Berlino, spiegano sull’Economist. I vari incerti piani di salvataggio e la mancanza di posizioni chiare sulla costruzione di un’unione fiscale e bancaria sono dovuti in ampia misura al governo Merkel, che in Europa ha preferito non esporsi troppo per non perdere consensi e appoggio politico in Germania.

Con il costante e progressivo peggiorare della crisi economica, negli ultimi mesi economisti e analisti hanno messo insieme diverse idee e proposte per salvare l’euro. C’è un consenso sempre più ampio sulla necessità di passare dai piani di rigore e austerità a nuove soluzioni che facilitino la crescita economica. Molti concordano anche sulla necessità di legare insieme con maggiore efficacia i sistemi bancari dei singoli paesi, con fondi di sicurezza a garanzia della stabilità delle banche, utili anche per eventuali ricapitalizzazioni degli istituti di credito in difficoltà. C’è anche la necessità di mettere in campo un sistema di reciproco aiuto per tenere sotto controllo il debito, soprattutto dei paesi più a rischio, che avranno bisogno di più tempo per rimettere in sesto le loro economie. Tutti provvedimenti di cui si parla da mesi, apparentemente a vuoto e senza l’avvio di azioni concrete da parte dei leader europei.

In Germania, paese in cui l’economia resiste meglio di altri alla crisi, la percezione dei problemi economici nell’Unione è ancora scarsa e in questi mesi Merkel ha fatto poco per spiegare come stanno veramente le cose. Il cancelliere non ha mai spiegato ai tedeschi che hanno davanti a loro la possibilità di scegliere tra “un’idea ripugnante”, cioè spendere nuove risorse nei fondi di salvataggio per i paesi in difficoltà, e una dura realtà come potrebbe essere la fine dell’euro. Secondo l’Economist, in Germania c’è ancora la percezione, sbagliata, che l’euro possa sopravvivere senza un impegno diretto del paese sul fronte dei debiti dei paesi in difficoltà.

La strategia fino a ora adottata da Merkel può essere riassunta in due punti. Uno: le continue richieste di rigore e il rifiuto di rimettere mano ai fondi di salvataggio sono l’unico modo per responsabilizzare i paesi in difficoltà, e al tempo stesso ottenere nuove riforme nell’Unione. Due: se la situazione diventasse disastrosa, la Germania avrebbe comunque tempi e margini per aggiustare le cose. Il punto uno si è in effetti dimostrato efficace negli ultimi mesi: dal cambio di governo in Italia alla serie di dure riforme per il rigore dei conti adottate in Spagna, Italia e Grecia, per esempio. Ma in molti casi sono state soluzioni estremamente costose per lo stato sociale e hanno inasprito la recessione.

Sull’idea di un salvataggio all’ultimo minuto, se necessario, ci sono diversi dubbi. In Spagna si potrebbe verificare una corsa agli sportelli, cioè il ritiro in massa del denaro sui conti correnti in seguito all’instabilità delle banche, e il fenomeno sarebbe difficilmente arginabile anche con le migliori intenzioni da parte di Merkel. Il temuto fallimento della Grecia potrebbe portare rapidamente a un effetto contagio negli altri paesi europei in difficoltà, e anche in questo caso la Germania avrebbe poche risorse per rimettere le cose in sesto.

L’Economist conclude ricordando che i tempi per Angela Merkel stanno diventando strettissimi. L’invito al cancelliere è di pensare immediatamente a un piano solido e credibile, che porti ad agire, da presentare entro il prossimo vertice europeo previsto per fine mese o ancora prima se le elezioni in Grecia (si vota il 17 giugno) avessero esiti disastrosi: “Signora Merkel, ora tocca a lei”.