Tre aggiornamenti sulle cose europee
Perché ora è la Spagna a preoccupare tutti, a che punto sono le pressioni sulla Germania e la decisione della BCE sui tassi di interesse
Da mesi i leader europei continuano a confrontarsi sui sistemi da adottare per contrastare la crisi economica e stimolare la crescita. Le discussioni successive all’adozione delle misure per l’austerità di inizio anno si sono rivelate inconcludenti e, fino a ora, non hanno portato all’adozione di nuove politiche efficaci per dare soprattutto una risposta ai problemi dei paesi più in difficoltà, come la Grecia, la Spagna e in misura minore l’Italia. I timori in queste settimane si stanno concentrando sull’economia spagnola, il cui sistema bancario deve essere ristrutturato per evitare il collasso. I leader di diversi paesi europei vorrebbero un maggiore impegno da parte della Germania, che fino a oggi si è limitata a mantenere la politica della fermezza fiscale, senza concedere sistemi alternativi per la crescita e per la gestione comune del debito attraverso gli eurobond.
Spagna
A meno di due settimane dalla richiesta da parte dell’istituto di credito Bankia di aiuti per 19 miliardi di euro per evitare il fallimento, la Spagna continua ad avere seri problemi per rimettere in sesto il proprio sistema bancario. Stando alle voci informali raccolte dal Wall Street Journal, negli ultimi giorni le autorità europee avrebbero iniziato a lavorare a una soluzione per affrontare la crisi della Spagna, che dovrebbe essere presentata durante il prossimo incontro organizzato dall’Unione a Bruxelles a fine mese. I principali paesi industrializzati vogliono qualche certezza sulla strategia che sarà adottata per la Spagna, la cui economia è la quarta per grandezza nell’eurozona e che potrebbe quindi condizionare la stessa sopravvivenza della moneta unica.
I tassi d’interesse nel paese sono da settimane al di sopra del 6 per cento anche a causa dello scetticismo degli investitori, preoccupati dall’andamento delle banche spagnole, che risentono dello scoppio della bolla immobiliare. L’attuale situazione non potrà essere sostenuta a lungo e si guarda con preoccupazione alla prossima asta di titoli di stato, prevista per giovedì, con la quale la Spagna vorrebbe collocare bond per almeno 2 miliardi di euro.
Secondo il ministro delle Finanze spagnolo, Cristobal Montoro, l’Europa dovrebbe muoversi rapidamente per mettere in sicurezza le banche spagnole. Stando alle sue stime, il costo per la ricapitalizzazione delle banche sarebbe sostenibile e consentirebbe di allentare la pressione sul paese. Il ministro dell’Economia, Luis de Guindos, ha ricordato comunque che nessuna decisione sarà presa prima della fine di giugno, quando saranno terminate le valutazioni dello stato finanziario delle banche spagnole. Nel corso delle prossime settimane il Fondo Monetario Internazionale pubblicherà un proprio rapporto, che dovrebbe anche dare una stima accurata dei miliardi necessari per rimettere in sesto il sistema bancario spagnolo, ma agli stati membri della zona euro spetterà comunque il compito di studiare (se necessario) il modo di far arrivare i fondi alla Spagna senza violare i regolamenti europei, che per esempio vietano di prestare denaro proveniente dai fondi di salvataggio direttamente alle banche.
Germania
Alcuni giorni fa il presidente del Consiglio italiano Mario Monti ha invitato in una conferenza stampa il governo tedesco a pensare e infine ad agire in qualche modo per dare il proprio contributo contro la crisi. Molti economisti e capi di governo della zona euro sono della stessa idea di Monti e da mesi criticano la scarsa iniziativa del cancelliere tedesco, Angela Merkel. Il governo della Germania in questi mesi di crisi ha spinto per l’adozione di maggiori misure di austerità in Europa, così da indurre i paesi più a rischio a rimettere in sicurezza i loro conti e a offrire maggiori garanzie nel caso di aiuti economici da parte dell’Unione. Il sistema ha funzionato, almeno in parte, ma non ha consentito di stimolare la crescita e l’austerità è mal sopportata dai paesi in difficoltà.
Questi vorrebbero che la Germania rivedesse la propria posizione di fermo rigore dei conti, adottando soluzioni diverse a partire dagli eurobond (obbligazioni europee). Ieri il ministro dell’Economia tedesco, Wolfgang Schäuble, ha spiegato che prima di istituire gli eurobond l’Europa dovrà provvedere all’unificazione del proprio sistema fiscale, un processo che se mai sarà realizzato richiederà molto tempo. La Germania vuole guadagnare tempo e rimandare, ancora una volta, la questione delle obbligazioni, che potrebbero comportare un aumento dei tassi d’interesse nel paese. Il governo tedesco teme inoltre che questa soluzione possa far allentare la guardia ai paesi in difficoltà, che in caso di un peggioramento delle loro economie sarebbero in qualche modo garantiti dalle finanze degli stati con i conti in regola, come la Germania. Angela Merkel si trova del resto in una posizione difficile: in Germania c’è una minore percezione della crisi economica rispetto ad altri paesi e c’è l’impressione di avere già fatto a sufficienza per i paesi in difficoltà, attraverso il sistema dei fondi e dei meccanismi di finanziamento di emergenza. Nuove azioni incisive da parte del cancelliere potrebbero non essere capite dagli elettori e costarle molto consenso e sostegno politico.
Banca Centrale Europea
Oggi il consiglio direttivo della Banca Centrale Europea si è riunito a Francoforte e ha deciso di mantenere il tasso di interesse di riferimento per l’area euro all’1 per cento, dopo i tagli decisi poco dopo l’insediamento di Mario Draghi il primo novembre dello scorso anno. La Bank of Japan e la Federal Reserve degli Stati Uniti si riuniranno per stabilire modifiche ai propri tassi di interesse verso la fine del mese di giugno.
Secondo il Sole 24 Ore e diversi altri analisti, una modifica al tasso avrebbe potuto indebolire la moneta unica, stimolando la domanda di credito. Sembra poco probabile che la Banca Centrale Europea annunci nuove grandi operazioni per fornire liquidità alle banche, dopo quelle di dicembre e febbraio. Da circa tre mesi, inoltre, la BCE non acquista più titoli di stato dei paesi in difficoltà, e dovrebbe continuare su questa linea.