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  • Lunedì 14 maggio 2012

La guerra in Messico

Ieri sono stati trovati altri 49 corpi decapitati a Monterrey: le stragi tra i cartelli del narcotraffico sembrano senza fine e dal 2006 hanno fatto oltre 50mila morti

(AP Photo/Marco Ugarte)
(AP Photo/Marco Ugarte)

Ieri mattina, ai bordi di un’autostrada vicino a Monterrey, in Messico, sono stati ritrovati 49 corpi mutilati, tutti decapitati, molti senza braccia né gambe. Secondo le autorità messicane i responsabili della strage sono i membri del cartello della droga messicano Los Zetas, che avrebbero lasciato un messaggio di rivendicazione sul luogo del ritrovamento. Il massacro sarebbe stato compiuto nell’ambito della guerra tra i vari cartelli del narcotraffico messicano, che negli ultimi mesi è sembrata sempre più spietata e cruenta.

La polizia messicana ha fatto sapere che difficilmente si riuscirà a risalire alle identità dei 49 corpi mutilati. Gli unici indizi, per il momento, sono i tatuaggi presenti sui cadaveri di numerose vittime, mentre è in corso l’esame del DNA prelevato dai resti. Secondo la polizia, molti corpi potrebbero essere quelli di migranti che cercavano di entrare negli Stati Uniti, ma per ora non si sa molto altro. I corpi erano già in stato di decomposizione, dunque le vittime sarebbero morte diversi giorni fa.

Quello scoperto ieri vicino a Monterrey è il più grave massacro dall’agosto scorso della lotta tra cartelli, quando 52 persone vennero uccise dai membri di Los Zetas in un casinò di Monterrey, una città che in passato era stata considerata modello di sviluppo economico in Messico ma che negli ultimi anni è diventata scenario di numerosi atti violenti e sanguinosi. Anche nelle scorse settimane, comunque, ci sono stati molti ritrovamenti di questo genere: mercoledì scorso, nella seconda città del Messico, Guadalajara, sono stati trovati altri 18 corpi mutilati, mentre la settimana scorsa a Nuevo Laredo, una località al confine con gli Stati Uniti, erano stati scoperti 9 corpi impiccati a un ponte e altri 14 mutilati.

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Nonostante la guerra al narcotraffico più volte annunciata dal presidente messicano Felipe Calderón, la situazione in Messico sembra ancora completamente fuori controllo. La violenza tra i vari cartelli e le forze di sicurezza messicane è cresciuta notevolmente nel 2006, dopo l’operazione Michoacan lanciata proprio da Calderón, e da allora non ha più conosciuto rallentamenti, nonostante l’occasionale utilizzo dell’esercito nelle strade. Dal 2006 sono morte almeno 50mila persone nella lotta tra i cartelli e questo ha fatto perdere molto consenso a Calderón che non si ricandiderà alle elezioni presidenziali del prossimo 1 luglio. Il Partito d’Azione Nazionale di Calderón ha candidato al suo posto Josefina Vázquez Mota, ma il suo avversario Enrique Pena Nieto (Partito Rivoluzionario Istituzionale) secondo gli ultimi sondaggi sarebbe in vantaggio di circa 20 punti su Mota.

(I numeri dei morti nella guerra della droga in Messico, 2010)

La violenza delle ultime settimane, tuttavia, sarebbe dovuta alla lotta tra vari cartelli messicani, in particolar modo quelli di Los Zetas e di Sinaloa, per gestire il traffico di cocaina dal nord del Sudamerica. Tutto sarebbe nato dal fatto che Sinaloa da tempo sta provando a spostare parte dei suoi affari dalla Colombia verso altri paesi come l’Ecuador e il Perù, visto che il suo leader Joaquin “el chapo” Guzman è ricercato in tutto il centro e Sudamerica.

Dato che Guzman ultimamente ha operato sopratutto in Colombia, il cartello Sinaloa ha deciso di cambiare le zone di rifornimento della droga, andando però a interferire, in questo modo, con i traffici di Los Zetas. Questa mossa avrebbe innescato una serie di omicidi, vendette e faide personali tra i membri di Sinaloa e Los Zetas che, di settimana in settimana, commettono atti di violenza sempre più sanguinosi. Nella guerra tra cartelli, molto attivo è anche il cosiddetto Cartello del Golfo (da cui, tra l’altro, si sono staccati i Los Zetas anni fa), il Cartello di Juárez e quello di Tijuana.

foto: AP/Marco Ugarte

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