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  • Domenica 11 marzo 2012

La Libia rischia di dividersi?

Perché i ribelli della Cirenaica vogliono più autonomia dal governo di transizione, che non ha escluso "l'uso della forza" per riportarli sotto controllo

(MAHMUD TURKIA/AFP/Getty Images)
(MAHMUD TURKIA/AFP/Getty Images)

Dopo la guerra civile e l’uccisione dell’ex dittatore Muammar Gheddafi, oggi la Libia è un paese ancora molto instabile. Il Consiglio Nazionale di Transizione (CNT, il governo di transizione) fatica a contenere la rabbia e il risentimento che sembra sempre più diffuso, almeno in una parte del paese. L’ultimo grave problema si è verificato qualche giorno fa, quando un’assemblea di migliaia tra capi tribù, militanti, intellettuali, uomini d’affari ha rivendicato ufficialmente una forte autonomia locale per la Cirenaica (la grande regione orientale della Libia) e la costituzione di una Libia federale composta da tre Stati, più o meno sul modello di quello che era negli anni Cinquanta.

Alla notizia sono state organizzate diverse manifestazioni in strada nella capitale Tripoli e a Bengasi, il capoluogo della Cirenaica, alle quali hanno partecipato migliaia di persone per chiedere alle autorità di non cedere alle richieste dell’assemblea e preservare l’unità del paese. Non si sono verificati scontri tra le due fazioni, ma la tensione resta ancora molto alta. C’è chi dice che possa ripetersi uno scenario simile a quello dell’Iraq dopo la caduta di Saddam Hussein.

Perché la Cirenaica protesta
Per quanto riguarda le motivazioni più recenti, molti in Cirenaica pensano da mesi di non aver avuto il giusto riconoscimento da Tripoli dopo aver iniziato la rivolta contro Gheddafi nel febbraio 2011 e contribuito a farlo cadere. Del resto, anche se la vita della stessa Tripoli è ancora lontana dalla normalità, in Cirenaica le cose sono ancora peggio: in alcune zone dove le istituzioni non sono arrivate e dove ancora mancano servizi fondamentali come sanità e istruzione, lo scenario somiglia molto all’anarchia. Bengasi e le altre città avrebbero immediato bisogno di denaro e ricostruzione che sinora non sono ancora arrivati.

I ribelli dell’est, inoltre, non si sentono rappresentati dal nuovo governo di transizione, prima di tutto per la loro “negligenza” nei confronti della Cirenaica e poi perché, secondo loro, ha assorbito nelle sue fila troppi esponenti del regime di Gheddafi. Non a caso il capo del CNT Mustafa Abdul Jalil, in passato un idolo della rivoluzione, non si fa vedere in Cirenaica da diversi mesi e lo scorso gennaio ha subìto dure contestazioni dai ribelli. Lo stesso Jalil aveva parlato nella circostanza di rischio di guerra civile in Libia.

Un po’ di storia
In realtà, le motivazioni dello “strappo” di parte della Cirenaica hanno anche motivazioni storiche. La regione è stata sempre ostile a Gheddafi, che aveva “riunito” la Libia nel 1969 sotto il suo potere assoluto e la bandiera verde, perché si è sempre sentita discriminata, in primo luogo per la gestione delle risorse petrolifere. I giacimenti della Libia, infatti, sono concentrati principalmente in Cirenaica ma durante il regime di Gheddafi gran parte dei profitti finiva in Tripolitania (la regione della capitale Tripoli).

Non a caso, il documento dell’assemblea della settimana scorsa si rifà allo scenario libico degli anni Cinquanta: dopo l’indipendenza nel 1951, infatti, la Libia era diventata una monarchia sotto re Idris con tre entità autonome piuttosto distinte al suo interno, Tripolitania, Cirenaica e Fezzan, viste le grandi differenze etniche e tribali tra le tre regioni. Non a caso, il rappresentante dell’assemblea che ha chiesto qualche giorno fa in Libia più potere per la Cirenaica è Ahmed al-Zubair Senussi, pronipote proprio di re Idris, contro cui Gheddafi si sollevò insieme ad altri nel 1969.

Che cosa succederà adesso
La situazione rimane molto incerta. Il governo centrale rappresentato dal CNT non ha escluso l’uso della forza, qualora la ribellione a est dovesse assumere proporzioni minacciose. Ma c’è anche da dire che molti ribelli della Cirenaica, che durante la guerra hanno avuto accesso alle armi degli arsenali di Gheddafi, a oggi non sono stati ancora disarmati e rappresentano un pericolo costante. I ribelli detengono ancora numerosi prigionieri catturati durante la guerra civile e rifiutano di cederli alle autorità centrali vista la poca fiducia che nutrono in loro. Recentemente, si è parlato più volte delle condizioni di questi prigionieri (gran parte fedeli o mercenari di Gheddafi), dei diritti a loro negati e delle torture presumibilmente subite dagli ex ribelli.

nella foto: una manifestazione per l’unità della Libia a Tripoli venerdì scorso (MAHMUD TURKIA/AFP/Getty Images)