Otto misure per evitare la Depressione

Le proposte dell'economista Nouriel Roubini, alcune piuttosto drastiche, per uscire da questo pantano ed evitare guai peggiori

La decisione di oggi dell’agenzia Standard & Poor’s di abbassare il rating sul debito italiano, facendolo passare da A+ ad A, insieme alle nuove preoccupanti notizie provenienti dalla Grecia, rappresentano gli ennesimi segnali del progressivo peggioramento dell’economia europea. I principali indicatori indicano che una nuova fase di recessione sta colpendo le economie più avanzate, con incertezze sui mercati comparabili a quelle del 2008. Questa volta i rischi di una crisi economica e finanziaria sono molto peggiori perché non interessano solamente il settore privato, ma anche i governi a rischio di insolvenza (il famoso “default”) che potrebbero fallire nel ripagare i loro debiti. Partendo da queste considerazioni, il noto e autorevole economista americano nato in Turchia Nouriel Roubini ha elencato su Slate otto misure che potrebbero aiutarci a prevenire una nuova Grande Depressione.

1. Austerità
Dobbiamo prendere atto del fatto che le politiche di austerità, necessarie per evitare un deragliamento del sistema fiscale, hanno un impatto negativo sulla produzione. Per questo motivo i paesi della periferia dell’eurozona, come Grecia e Portogallo, devono per forza adottarle, mentre i paesi ancora in grado di dare stimoli all’economia per il breve periodo dovrebbero rimandarle. Parliamo di Stati Uniti, Regno Unito e Germania, il centro dell’eurozona, e del Giappone. Si dovrebbero anche creare nuovi sistemi di finanziamento delle opere pubbliche.

2. Interessi
Benché le politiche monetarie abbiano un impatto limitato quando i problemi sono un debito eccessivo e il rischio di insolvenza, la creazione di liquidità attraverso l’acquisizione di titoli e altri cespiti (credit easing) e non attraverso la stampa di nuovo denaro da immettere nel sistema può aiutare. La Banca Centrale Europea dovrebbe ripensare alla sua decisione di alzare i tassi di interesse. L’inflazione sarà presto l’ultimo dei problemi da temere da parte delle banche centrali, man mano che ci sarà una nuova stagnazione sul fronte dei beni, del lavoro, degli immobili e del mercato delle merci.

3. Finanziamenti pubblici
Per consentire al credito di crescere nuovamente, le banche dell’eurozona e i sistemi bancari con una bassa capitalizzazione dovrebbero essere rinforzati attraverso un ampio programma di finanziamento pubblico da parte dell’Unione Europea. Per evitare una nuova stretta del credito (credit crunch), cioè una riduzione significativa del credito disponibile, i governi dovrebbero essere più tolleranti nei confronti del capitale e della liquidità delle banche per un certo periodo di tempo. Dato che i sistemi finanziari degli Stati Uniti e dell’Unione Europea difficilmente daranno credito alle piccole e medie imprese (PMI), i finanziamenti diretti da parte dei governi alle PMI solvibili ma senza liquidità sono essenziali.

4. Liquidità
Ai governi solvibili bisogna assicurare la liquidità per evitare picchi nello spread e perdite sul mercato che potrebbero trasformare la mancanza di liquidità in insolvenza. Anche se adottano politiche tese al cambiamento, ai governi serve tempo prima di poter ricostruire la loro credibilità. Fino ad allora, i mercati manterranno alta la pressione sugli spread delle obbligazioni di stato, creando una specie di crisi che si autoavvera (è quello che sta accadendo all’Italia, in crisi di liquidità nonostante l’assenza di un rischio default). Oggi l’Italia e la Spagna rischiano di perdere l’accesso al mercato. Le risorse economiche ufficiali devono essere triplicate – attraverso un fondo di emergenza europeo più grande per la crisi, tramite obbligazioni europee o azioni incisive della BCE – per evitare una disastrosa speculazione.

5. Debiti
Il peso dei debiti non può essere alleviato in modo decisivo dalla crescita, dal risparmio o dall’inflazione. Deve essere reso sostenibile attraverso ristrutturazioni ordinarie del debito, riduzione del debito e conversione del debito in equity. Questa soluzione deve essere adottata da chi è insolvente sia nel pubblico che nel privato.

6. Crescita
Anche se la Grecia e gli altri stati periferici dell’eurozona avranno significativi alleggerimenti del debito, la crescita economica non riprenderà fino a quando non sarà rimessa a posto la loro capacità di competere sul mercato. E senza un rapido ritorno alla crescita, nuove fasi di insolvenza e conseguenti disagi sociali non potranno essere evitati. Ci sono tre opzioni per riportare competitività nell’eurozona, richiedono tutte una svalutazione e nessuna delle tre è attualmente praticabile.

– Un rapido indebolimento dell’euro attraverso il raggiungimento della parità con il dollaro statunitense, cosa improbabile visto che sono deboli anche gli Stati Uniti.
– Una rapida riduzione dei costi del lavoro, attraverso una accelerazione delle riforme strutturali e della produzione rispetto alla crescita delle paghe, è altrettanto improbabile, considerato che questa soluzione ha richiesto 15 anni alla Germania per rimettere in sesto la propria competitività.
– Una deflazione (una diminuzione generalizzata) dei prezzi e delle paghe del 30 per cento per cinque anni – in Grecia, per esempio – che porterebbe a un lustro di depressione inaccettabile sul piano sociale. Anche se fattibile, una simile quantità di deflazione aggraverebbe il problema dell’insolvenza.

Dato che le tre strade non sono praticabili, rimane l’alternativa di un’uscita dall’eurozona della Grecia e di altri Stati membri. In questi paesi solo il ritorno a una valuta nazionale – e una forte svalutazione della moneta – può riportare competitività e crescita. L’abbandono della moneta unica porterebbe, naturalmente, a effetti collaterali per i paesi che ne sono usciti, con il rischio di coinvolgere anche altri stati membri deboli dell’eurozona. Un simile processo andrebbe quindi amministrato con estrema cautela, trovando il giusto equilibrio tra la moneta unica e la nuova valuta.

7. Niente protezionismo
Le cause degli alti livelli di disoccupazione e di bassa crescita nelle economie più avanzate sono strutturali e dipendono anche dal progressivo affermarsi dei mercati emergenti. La risposta a questi cambiamenti di ampia scala non deve comunque essere il protezionismo. Le economie avanzate hanno bisogno di un piano a medio termine per rimettere in sesto la loro competitività e l’occupazione attraverso grandi investimenti nell’educazione di alto livello, nella formazione e nel miglioramento del capitale umano, delle infrastrutture e delle energie alternative e rinnovabili. Solo un simile programma può offrire ai lavoratori gli strumenti per competere su scala globale.

8. Mercati emergenti
I paesi con economie emergenti hanno più strumenti per le loro politiche economiche a disposizione rispetto alle economie avanzate, e dovrebbero alleggerire le loro politiche fiscali e monetarie. Il Fondo monetario internazionale (FMI) e la Banca Mondiale possono fare prestiti come ultima risorsa ai paesi emergenti che rischiano di perdere l’accesso al mercato, a patto di adeguate politiche di riforma e di rilancio. E paesi come la Cina che fanno troppo affidamento sulle esportazioni per la crescita dovrebbero accelerare i processi di riforma, facendo aumentare il valore della loro moneta, così da favorire la domanda e i consumi interni.

Grande Depressione II
I rischi all’orizzonte non implicano solamente la possibilità di una nuova recessione, ma di una grave contrazione che potrebbe portarci a una seconda Grande Depressione, specialmente se la crisi nell’eurozona sarà affrontata disordinatamente portando a un tracollo del sistema finanziario su scala globale, avverte Roubini. Politiche sbagliate nel corso della prima Grande Depressione portarono guerre del commercio e delle valute, insolvenze, deflazione, disuguaglianza sociale, povertà, disperazione e una instabilità politica e sociale che portò infine alla formazione dei regimi autoritari e alla Seconda guerra mondiale. Il modo migliore per evitare di ripetere gli errori del passato è passare a una politica globale economica determinata e aggressiva. Adesso.