Perché Penati è un guaio per il PD

Antonio Polito sul Corriere di ieri spiegava perché Bersani non può trattare il caso Penati come quello di una semplice "mela marcia"

Lo scorso 25 agosto il Giudice per le Indagini Preliminari di Monza ha respinto la richiesta di arresto presentata dai pm nei confronti di Filippo Penati, consigliere regionale del PD in Lombardia, ex presidente della provincia di Milano ed ex capo della segreteria politica di Pier Luigi Bersani. Nel farlo, il pm ha rigettato l’accusa di concussione e ha dichiarato ammissibile e “provata” quella di corruzione, che però è prescritta. Negli ultimi giorni in molti dentro il PD hanno chiesto a Penati di rinunciare alla prescrizione e farsi processare. Ieri sul Corriere della Sera Antonio Polito spiegava perché questo caso mette il PD e Bersani in una posizione particolarmente complicata.

Il Pd sta perdendo la battaglia di Stalingrado. Se continua così, finirà che gli iscritti dovranno fare una class action contro Filippo Penati. Il danno che la vicenda di Sesto San Giovanni sta infatti arrecando al partito di Bersani è molto serio, e ogni mossa dell’indagato tende ad aggravarlo.
Alla notizia che il gip aveva confermato «l’esistenza di numerosi e gravissimi fatti di corruzione», ma non li aveva considerati «concussione» evitandogli così l’arresto, Penati ha infatti festeggiato con una dichiarazione surreale, come se fosse stato assolto. Poi ieri qualcuno deve averglielo fatto notare, ed è arrivata l’autosospensione dal partito e dal gruppo consiliare alla Regione Lombardia, la procedura standard che si usa nel Pd per evitare l’espulsione. Con essa, la carriera politica dell’uomo che era stato incaricato da Bersani di strappare il Nord a Berlusconi si può considerare praticamente finita.

Stavolta infatti non si può neanche dire «aspettiamo il processo», perché il processo non ci sarà per avvenuta prescrizione. Penati potrebbe certo rinunciare alla decorrenza dei termini, per ottenere un proscioglimento nel merito o la sentenza di assoluzione. Ma ieri, pur dichiarandosi innocente, non ha anticipato niente del genere. È suo diritto, ovviamente, e il garantismo consiste anche nel difendersi dal processo, oltre che nel processo. Però Bersani deve sapere che d’ora in poi l’argomento contro il ricorso alla prescrizione, tante volte rinfacciato a Berlusconi e agli indagati dell’altra parte politica, non potrà mai più essere usato dal Pd. Per un partito che ha obbligato i suoi parlamentari a votare per l’arresto di Tedesco, accusato di fatti meno gravi di quelli contestati a Penati, è un brutto contrappasso.

(continua a leggere sul sito del Corriere)