Chi sono i giornalisti italiani rapiti

Elisabetta Rosaspina e Giuseppe Sarcina del Corriere, Domenico Quirico della Stampa e Claudio Monici di Avvenire: sarebbero in custodia a Tripoli

Nel tardo pomeriggio di ieri è iniziata a circolare la notizia del rapimento in Libia di quattro giornalisti italiani. Sono stati rapiti tra Zawiyah e Tripoli e ora si troverebbero a Tripoli, in una zona non molto distante dal bunker di Gheddafi espugnato due giorni fa.

Bloccati da una banda armata, sequestrati e tenuti in una casa privata. Quattro giornalisti italiani sono finiti nelle mani di miliziani libici, in apparenza lealisti, nella mattinata di mercoledì. Due inviati del Corriere della Sera, Elisabetta Rosaspina e Giuseppe Sarcina, uno della Stampa, Domenico Quirico, e uno di Avvenire, Claudio Monici, stavano viaggiando sulla stessa auto tra Zawiyah e Tripoli (80 chilometri dalla capitale), quando un gruppo di civili li ha bloccati, uccidendo l’autista che li accompagnava. La notizia del sequestro è stata confermata dalla Farnesina.

HANNO CHIAMATO – Due dei quattro reporter italiani rapiti hanno chiamato casa: lo scrive nella notte il direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli in un suo tweet. Si tratta di Claudio Monici, di Avvenire, e Domenico Quirico, de La Stampa.

RAPITI – I giornalisti sono stati derubati di tutto quello che avevano, compresi i telefoni satellitari. La banda di civili, dopo aver malmenato i reporter, li ha consegnati a un gruppo di militari fedeli a Gheddafi che li hanno portati in una casa privata. Solo nel primo pomeriggio il giornalista di Avvenire ha potuto comunicare con l’Italia, parlando con la madre e con il proprio giornale raccontando in maniera sommaria l’accaduto e dando assicurazioni sullo stato di salute dei quattro giornalisti. Poi qualsiasi comunicazione si è interrotta. «Ci ha raccontato che sono stati presi, rapinati di tutto e che forse era stato ucciso il loro autista – riferiscono da Avvenire -. Secondo quanto abbiamo potuto capire, sarebbero stati rapiti da civili, che poi li hanno passati a militari, presumibilmente lealisti». I colleghi di Avvenire raccontano il breve contatto con Monici: una telefonata di circa cinque minuti, avvenuta attraverso un telefono satellitare del proprietario della casa nella quale sono detenuti. «Avevo sentito Claudio stamattina alle 10 – racconta ancora un collega della redazione esteri -, avevamo concordato il pezzo. Non sapeva ancora se sarebbero andati a Tripoli, perché c’era il problema di trovare un autista fidato». Nella telefonata successiva al sequestro, comunque, sottolineano ancora ad Avvenire, «Claudio non era trafelato, aveva la voce ferma: d’altronde lui di queste situazioni ne ha vissute parecchie». Poco prima della mezzanotte si è poi saputo che anche Domenico Quirico è riuscito a telefonare a casa in Italia e a rassicurare sulle condizioni sue e degli altri tre rapiti.

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