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  • Martedì 22 marzo 2011

Cos’è successo oggi in Libia

Un riassunto in sei punti

Libyans gather around the wreckage of a US F-15 fighter jet in Ghot Sultan, South-East of Benghazi on March 22, 2011 after crashing while on a mission against Moamer Kadhafi's air defences. The US Africa Command said the aircraft had experienced equipment malfunction over northeast Libya, adding that the two crew members had ejected and were safe. AFP PHOTO / PATRICK BAZ (Photo credit should read PATRICK BAZ/AFP/Getty Images)
Libyans gather around the wreckage of a US F-15 fighter jet in Ghot Sultan, South-East of Benghazi on March 22, 2011 after crashing while on a mission against Moamer Kadhafi's air defences. The US Africa Command said the aircraft had experienced equipment malfunction over northeast Libya, adding that the two crew members had ejected and were safe. AFP PHOTO / PATRICK BAZ (Photo credit should read PATRICK BAZ/AFP/Getty Images)

Siamo al quarto giorno dall’inizio dell’intervento militare internazionale in Libia, in attuazione della risoluzione approvata venerdì dell’ONU: dopo la terza notte di bombardamenti, questi sono gli sviluppi di oggi sul campo e sul fronte politico.
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La battaglia a Misurata
I carri armati di Gheddafi hanno bombardato la città occidentale di Misurata, che si trova da giorni sotto assedio. Reuters riporta che durante il bombardamento sono morti quattro bambini, colpiti mentre cercavano di rifugiarsi in casa. Un portavoce del governo libico ha detto che Misurata è stata «liberata tre giorni fa» e che le forze di Gheddafi stanno dando la caccia ai «terroristi». Un portavoce delle forze anti-governative ha fatto sapere invece che i ribelli hanno ancora il controllo della città.

La battaglia a Ajdabiya
Oggi si è combattuto in una zona nella periferia della città di Ajdabiya, dove le forze dell’opposizione si sono ritirate in seguito a un violento attacco dei soldati di Gheddafi. Il corrispondente di Al Jazeera Tony Birtley ha detto: «Continuano i bombardamenti, i ribelli mi hanno detto di aver avuto grosse perdite e che tra il luogo del combattimento e la città di Ajdabiya ci sono diversi cadaveri che non sono riusciti a recuperare». Il giornalista ha detto che la strada che collega Bengasi ad Ajdabiya è disseminata dei«rottami bruciati di ciò che resta delle armi e dei carri armati di Gheddafi» distrutti dalle forze della coalizione.

Dove vincono i ribelli
Il bombardamento della coalizione internazionale ha costretto le truppe del governo a ritirarsi a cento chilometri da Bengasi. Sempre a Bengasi, le truppe internazionali hanno colpito i radar di due basi di difesa aerea controllate dal regime. Nel frattempo, a circa 160 chilometri a sud di Tripoli i ribelli hanno costretto le truppe di Gheddafi a ritirarsi dalla periferia di Zintan, ponendo fine all’assedio e al ripetuto bombardamento della città. I soldati fedeli a Gheddafi si sono ritirati a circa dieci chiometri a est. I ribelli hanno raccontato che le forze della coalizione non hanno fornito alcun tipo di aiuto durante la battaglia.

Il caccia americano
Stanotte un aereo militare americano, un F-15E Eagle, è precipitato in una zona presidiata dai ribelli. Il caccia aveva a bordo due piloti, entrambi sono stati espulsi dal mezzo prima dello schianto: entrambi sono al sicuro, recuperati per via aerea dalle forze statunitensi. La notizia è stata confermata dal comando americano, che ha detto che l’incidente non si deve ad “azioni ostili”. Durante la giornata sono circolate voci per cui le forze statunitensi avrebbero sparato su dei civili durante le operazioni di recupero: il comando centrale americano ha smentito seccamente ma in serata una giornalista di Channel 4 ha sostenuto che sei persone siano state ferite dall’elicottero di recupero che ha aperto il fuoco.

La richiesta di un cessate il fuoco
India, Cina, Brasile e Algeria hanno confermato la loro contrarietà all’intervento militare e hanno chiesto la fine degli attacchi aerei. Il governo cinese ha detto di essere contrario all’«uso indiscriminato della forza che causa ancora più vittime civili e un maggiore disastro umanitario». Il ministro degli Esteri indiano ha detto che nessuna potenza straniera dovrebbe intervenire in Libia: «nessuno, e certo non un gruppo di paesi, può decidere di cambiare un regime». Nel frattempo il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha rifiutato la richiesta della Libia di un meeting straordinario per fermare l’«aggressione militare» della forza internazionale.

Chi comanda l’operazione militare
Non è stata ancora definita la catena di comando dell’intervento militare. In questo momento le operazioni sono condotte dagli Stati Uniti, che hanno intenzione di passare la mano nei prossimi giorni. Sia loro che la Gran Bretagna, la Norvegia e l’Italia vorrebbero che fosse la NATO a guidare l’operazione, mentre la Francia teme che una scelta del genere possa alienare alla missione il sostegno di Qatar, Emirati Arabi Uniti e Lega Araba, dato che la NATO guida anche la contestata guerra in Afghanistan. La decisione non è ancora stata presa ma la strada più probabile porta verso la scelta di un paese o di una coalizione di paesi che guidi l’operazione utilizzando solo l’infrastruttura della NATO.

foto: PATRICK BAZ/AFP/Getty Images