Sfruculiare i Campi Flegrei

I ricercatori vogliono studiare la grande caldera di Napoli trivellandola, ma il progetto preoccupa il sindaco

«Quando si va a sfruculiare un terreno vulcanico bisogna assicurarsi che non succeda nulla». Rosa Russo Iervolino, sindaco di Napoli, ha espresso così la sua preoccupazione per il progetto di trivellazione dei Campi Flegrei proposto dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) per studiare e approfondire le conoscenze sulla vasta area vulcanica a nord-ovest della città. Secondo il sindaco, al momento Napoli ha già abbastanza problemi e così la Protezione Civile ha ricevuto il compito di preparare una relazione tecnica, che servirà a valutare la fattibilità e i margini di sicurezza per il piano di trivellazione.

L’iniziativa dell’INGV, che coinvolge esperti e ricercatori di altri 18 paesi, è molto discussa a Napoli da diverse settimane. Il sindaco ha rassicurato in più di una occasione la popolazione, ripromettendosi di avviare tutti gli approfondimenti sulla sicurezza necessari prima di dare il via libera definitivo. La vicenda è stata anche ripresa all’estero la settimana scorsa in un lungo articolo pubblicato sul sito di Newsweek.

La rivista statunitense ha contattato Giuseppe De Natale, uno dei responsabili dell’Istituto, che ha spiegato l’importanza del progetto per conoscere meglio l’area vulcanica vicino Napoli:

Un’eruzione dei Campi Flegrei potrebbe generare una catastrofe su scala globale, con milioni di vittime, cambiamenti netti del clima, compresa forse una piccola glaciazione, e la contaminazione di diverse centinaia di migliaia di chilometri quadrati nel continente Europeo per diversi secoli.

I Campi Flegrei (flègo in greco significa “brucio”) sono una grande depressione di origine vulcanica di forma circolare – una grande caldera – con un diametro che si aggira intorno ai 14 chilometri. Questa caldera è in stato di quiescenza: è dunque “addormentata”, ma dà alcuni segni di vita di tipo secondario con fumarole, sorgenti termali e innalzamenti e abbassamenti del livello del suolo di qualche centimetro ogni anno (bradisismo).

Le attività vulcaniche di tipo secondario dei Campi Flegrei sono varie e numerose e interessano una porzione di territorio molto ampia, sulla quale sono state costruite nel corso dei secoli case e infrastrutture. L’area viene costantemente monitorata dagli esperti dell’INGV e dalla Protezione Civile per valutare l’attività e i possibili pericoli per la popolazione. Secondo i ricercatori, le trivellazioni nella grande caldera potrebbero offrire nuovi elementi per comprendere meglio le caratteristiche dell’area vulcanica, ma secondo i detrattori le sollecitazioni dovute ai lavori di scavo potrebbero turbare gli equilibri che hanno reso la zona sostanzialmente innocua negli ultimi secoli.

Uno dei principali critici del progetto di De Natale è Benedetto De Vivo, docente di geochimica presso l’Università di Napoli. Secondo il professore, le trivellazioni nella caldera potrebbero innescare una serie molto pericolosa di eventi vulcanici, portando a violenti terremoti, esplosioni e all’emissione di gas nocivi e pericolosi dalla caldera: «I rischi sono enormi, non ti puoi mettere a fare un esperimento del genere in un’area urbana».

Le preoccupazioni di De Vivo e di altri esperti hanno indotto il sindaco Iervolino a intraprendere la strada della prudenza, rivedendo alcune decisioni già assunte per autorizzare l’avvio delle trivellazioni. Le pressioni per iniziare il progetto non mancano: l’iniziativa interessa un team internazionale di ricercatori e i fondi sono stati stanziati in buona parte dall’Unione Europea, che nel 2009 ha autorizzato il progetto che potrebbe avere un costo complessivo intorno ai dieci milioni di euro.

Le tecnologie necessarie sono sofisticate e costose. Per trivellare sono necessari componenti in fibra ottica in grado di resistere ai 540 °C, anche se i piani prevedono di fermarsi qualora la temperatura superi i 315 °C. Poiché le attrezzature saranno affittate a 20mila euro al giorno, il lavoro sarà realizzato in fretta e furia per mantenere i costi bassi e sarà effettuato da 25 ricercatori che lavoreranno a turno.

Il lavoro di indagine sarà svolto in due fasi distinte. La prima prevede di trivellare la caldera nella zona di Bagnoli raggiungendo una profondità di mezzo chilometro. Questa operazione consentirà di analizzare le diverse stratificazioni del terreno per creare così un profilo geologico dell’area dei Campi Flegrei, mai realizzato prima. Utilizzando alcuni sensori, i ricercatori potranno anche valutare l’attività sismica e l’andamento delle temperature nel sottosuolo, ottenendo così nuove informazioni preziose per gestire le eventuali emergenze legate a una ripresa violenta dell’attività vulcanica.

Valutato l’andamento della prima fase, i ricercatori passeranno poi alla seconda. Utilizzando delle strumentazioni del tutto simili a quelle impiegate per trovare nuovi giacimenti petroliferi nel sottosuolo, il team di ricerca avvierà una trivellazione verso il centro della caldera. L’obiettivo è quello di raggiungere i quattro chilometri di profondità, senza arrivare all’area in cui si trova il magma, che secondo i ricercatori dovrebbe essere a una quota oltre i sei chilometri.

Per De Natale e altri esperti dell’INGV, il lavoro di ricerca potrebbe anche portare nuovi elementi utili per studiare la creazione – in un futuro ancora da definire – di una stazione geotermica per sfruttare le enormi quantità di gas ed energia nel sottosuolo per produrre corrente elettrica o sistemi per il teleriscaldamento. Soluzioni analoghe vengono utilizzate in altri paesi e potrebbero portare nuova occupazione a Napoli.

Oltre a essere molto scettico su questa eventualità, De Vivo ritiene l’operazione pericolosa per la stabilità dei Campi Flegrei e di conseguenza per la popolazione. Un’operazione simile a quella in progetto per Napoli fu realizzata in Indonesia nel 2006. Il vulcano oggetto di studio diede vita a una violenta eruzione che uccise 13 persone e lasciò 30mila individui senza casa. Secondo le Università di Durham (Inghilterra) e di Berkeley (California), l’eruzione fu indotta dalle trivellazioni dei ricercatori. La relazione tecnica chiesta dall’amministrazione comunale di Napoli avrà quindi il difficile onere di stabilire con quali margini di sicurezza si potrà avviare il progetto.

foto di RWW