BP potrebbe cambiare nome

Si cerca un modo per limitare i danni d'immagine seguiti al disastro nel Golfo del Messico

BP sta pensando di cambiare nome nel tentativo di limitare i danni d’immagine seguiti al disastro nel Golfo del Messico. Il nome BP e il logo gialloverde con il girasole erano stati scelti alla fine degli anni novanta in seguito alla fusione della British Petroleum con l’azienda petrolifera Amoco. Inizialmente l’azienda fu chiamata “BP Amoco”, ma già un anno dopo Amoco fu rimosso e il nome divenne semplicemente BP. Nello stesso periodo poi una campagna pubblicitaria iniziò a utilizzare lo slogan “Beyond Petroleum” (“Al di là del petrolio”, oppure “Non solo petrolio”), dismettendo quindi definitivamente la parola “British” dal nome. Il cambiamento serviva sia a rimarcare la nuova dimensione internazionale della società, sia a evitare che un legame ostentato con il Regno Unito potesse essere d’intralcio agli affari in certe regioni del mondo. Ora proprio Amoco potrebbe tornare ad essere il nome ufficiale: Bob Dudley, il nuovo CEO che ha sostituito il maldestro Tony Hayward, ha lavorato in Amoco per vent’anni.

Secondo alcuni rappresentanti BP però si tratterebbe di una scelta troppo pericolosa, vista la quantità di soldi che l’azienda ha investito sull’identità del suo marchio negli ultimi vent’anni. John Kleine, rappresentante di un’associazione di distributori BP negli Stati Uniti, ha detto invece che il desiderio di cambiare nome ha molti sostenitori soprattutto tra i proprietari delle stazioni di benzina americane, che negli ultimi mesi hanno visto crolli nei consumi dal 10 al 40%. Secondo Kleine, molti distributori di benzina prenderebbero in considerazione di restare con BP solo se decidesse di chiamarsi in un altro modo.

Bob Juckniess, proprietario di dieci stazioni BP nell’area di Chicago, è tra quelli che vorrebbero il cambio. «Il marchio BP è molto compromesso al momento: non solo il nome ma l’intera reputazione dell’azienda. Amoco era molto conosciuta e aveva un’ottima reputazione». Jeff Miller invece – proprietario di un’azienda che gestisce circa 56 stazioni di benzina BP nella Virginia del sud – è contrario: «quando guardi alle case histories di grandi aziende come Toyota, Tylenol o Exxon, ti accorgi che hanno sempre reinvestito nel loro marchio. Penso che i risultati migliori si ottengano cercando di recuperare la reputazione, non ripartendo da zero».

A fine maggio Greenpeace aveva lanciato Behind the logo, un concorso in cui chiedeva di ridisegnare il logo dell’azienda petrolifera. L’obiettivo però in quel caso era diverso: legare indissolubilmente l’azienda petrolifera BP all’incidente avvenuto nel Golfo del Messico, per non dimenticare.