la felicità della democrazia

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L’epopea delle 150 ore

«All’inizio tutto è sperimentale, si fondono il desiderio di riscatto personale e la necessità di studiare per contribuire alle rivendicazioni collettive. Le classi si riempiono, prima di operai, e poi di disoccupati e di casalinghe, moltissimi sono i militanti. I corsi si moltiplicano, nella scuola pubblica, nelle università. Per molte donne le 150 ore diventano l’occasione per organizzare gruppi d’autocoscienza, per avvicinarsi a testi e pratiche femministe»

L’epopea delle 150 ore

Ismail Kadare e il potere

«Era lo scrittore nazionale. E lo è tutt’ora. A chi gli ha chiesto il motivo della relativa libertà in cui i comunisti gli avevano consentito di lavorare, ha risposto: "Mi proteggeva la mia notorietà. Hanno detto, invece, che sono stato un protetto di Hoxha. È un’accusa ridicola. Se c’è qualcosa che mi ha difeso questa è stata, ripeto, la mia popolarità, in Albania come all’estero, e Hoxha, che non era uno sciocco, sapeva che per l’immagine di un Paese era più negativo mandare in carcere uno scrittore che massacrare gli abitanti di un villaggio…" Di Enver Hoxha, Kadare, dopo la caduta del comunismo, ha scritto che era “pazzo”, "crudele, ma forse più ottuso che crudele, assurdo di un’assurdità metafisica". Eppure nel 1988 definì il libro Il nostro Enver "Uno dei libri più importanti di storia politica che sia stato pubblicato nel nostro Paese nell’epoca del socialismo"»

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