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Storia della mia scabbia

«Era da diverso tempo che lamentavo pruriti, ma sono un soggetto allergico, quindi non ci davo molto peso. Durante l’estate prima della diagnosi, diversi amici mi avevano goliardicamente detto che avrei potuto averla. Dove mai avrei potuto prenderla? Ero stato ad alcuni festival quell’estate, avevo dormito in tenda, ma sempre nel mio sacco a pelo e sul mio materassino, sono una persona pulita io, e per quanto ne sapevo nessuna delle persone intorno a me l’aveva avuta. Eppure a settembre ho mandato un messaggio alla mia medica. Che potevo fare? Durante la visita mi ha chiesto se frequentassi centri sociali, se ci avessi dormito. Dopo avermi visitato, senza guanti, mi ha detto che non avevo nulla: se l'avessi davvero avuta da mesi, avrei avuto molte più lesioni cutanee. Alla fine abbiamo riso della mia paranoia»

Storia della mia scabbia

Trieste è davvero la città dei matti?

«Se fin dagli inizi del secolo scorso la cultura della città pare aver smussato gli spigoli dello stigma della malattia mentale, oggi questo insistere su “Trieste-la repubblica dei matti”, “Trieste, se no xe mati no li volemo” sta riducendo un lungo e sofferto percorso a slogan, la città a brand e la pazzia a vezzo, e questo non mi convince affatto. Mitizzare è un modo come un altro, solo apparentemente più nobile, per svuotare di significato la storia e le persone che hanno fatto la storia»

Trieste è davvero la città dei matti?

Apologia del minibar

«Il primo fu installato nella suite 208 dell’Hilton di Hong Kong nel 1974, cinquant'anni fa. Io lo incontrai nell'estate 1982 all'Hotel Lutetia di Carona sul lago di Lugano, e ne fui attratta come da un oscuro magnete. Ancora oggi, nostalgica di quei tempi, tendo ad avvicinarmi con le mani e la mente libere. E proprio per onorare questa ritualità e solitudine, dopo la separazione mi sono regalata un minibar da casa. Ci ho messo pochissimo a capire che era stato un errore: il minibar deve stare in albergo perché è come l’amore ideale, deve stare a distanza e lasciarsi ricordare o immaginare»

Apologia del minibar

Non c’è al mondo un luogo che non faccia male

«Desideravo da anni andare a Klagenfurt, per quella mia fissazione di fermarmi davanti alle tombe delle scrittrici e degli scrittori che ho amato e parlar loro nella mia testa, ma accanto alle loro ossa, anzi alla polvere che sono tornati a essere. Volevo vedere dov’era nata, Ingeborg Bachmann, perché sempre voglio vedere il luogo di nascita di chi amo, soprattutto se lo ha abbandonato, se lo ha perduto. Sembra una scelta sua, invece è stata la Storia a decidere quell’esilio. Anche mio padre è un esiliato, come me. Anche per noi è stata la Storia a scegliere – ma chi la chiamerebbe così»

Non c’è al mondo un luogo che non faccia male

Romanzi che invecchiano in fretta

«La rapidità del cambiamento tecnologico minaccia il territorio del romanzesco, che è definito dai confini del mistero: un viaggiatore si smarrisce; appare in città un visitatore misterioso; due amanti sono separati da una distanza incolmabile. Ma il senso della tecnologia di oggi è far ritrovare chi si smarrisce, disperdere i misteri, colmare le distanze. Quindi il romanzesco cerca territori al di fuori della contemporaneità. Forse non è un caso se ultimamente la narrativa sembra guardare all’indietro»

Romanzi che invecchiano in fretta
3/2