Il governo britannico ha un problema con la Cina, anzi due
L'opposizione lo accusa di essere troppo arrendevole sul progetto di una nuova, enorme ambasciata a Londra e su un caso di presunto spionaggio

Il governo britannico a metà ottobre ha rinviato per la seconda volta la decisione sul progetto di una nuova, gigantesca ambasciata cinese che dovrebbe essere costruita in centro a Londra, ma che alcuni ritengono possa essere usata come base per attività di spionaggio. Il governo non ha motivato il rinvio, ma l’opposizione lo accusa di sottovalutare i rischi e di essere troppo accomodante con la Cina, anche per via di un altro caso di presunto spionaggio cinese che sta mettendo in imbarazzo il primo ministro Keir Starmer, dei Laburisti.
La Cina vorrebbe allestire l’ambasciata nel complesso dell’ex Zecca reale, che acquistò nel 2018. L’area è di fronte alla Torre di Londra, nel centro della capitale, e si estende su 20mila metri quadrati (circa tre campi da calcio): diventerebbe l’ambasciata cinese più grande d’Europa. Il progetto prevede di creare uffici, alloggi per uno staff di 200 persone e anche un tunnel per collegare l’ambasciata a un altro degli edifici. I timori sullo spionaggio dipendono anche dalla zona: ci passano i cavi in fibra ottica ed è vicina alla City, l’importante distretto finanziario della città.

L’esterno dell’ex Zecca reale, a Londra, il 17 ottobre (Vuk Valcic/ZUMA Press Wire)
Nel 2022 il consiglio locale di Tower Hamlets (il quartiere interessato) aveva bocciato il progetto dell’ambasciata citando ragioni di sicurezza e l’opposizione dei residenti. Inizialmente il governo cinese aveva rinunciato a fare ricorso, cercando invece di convincere il governo britannico a intervenire. Dopo le elezioni britanniche del 2024 la Cina ha ripresentato un’altra richiesta di autorizzazione, identica, che è quella che sta valutando il governo Starmer.
La decisione era stata rimandata una prima volta a settembre perché i progetti depositati dalla Cina contenevano varie parti oscurate, su cui erano stati chiesti chiarimenti. La Cina si era giustificata dicendo che erano secretati per ragioni di sicurezza. Ora la decisione è stata nuovamente rinviata al 10 dicembre, ma il governo si è affrettato a chiarire che non considera vincolante la nuova scadenza.
Il primo ministro è nella posizione, complicata, in cui si è trovato spesso: se non fa nulla verrà accusato di immobilismo, e se fa qualcosa di sicuro scontenterà qualcuno.
Da un lato infatti il governo cinese è irritato per i ritardi nell’approvazione e ha minacciato ritorsioni: bloccare il progetto vorrebbe dire indispettire il presidente cinese Xi Jinping, dopo che Starmer gli aveva detto che si sarebbe interessato al caso dell’ambasciata quando, appena eletto, puntava a distendere le relazioni tra i due paesi.
Dall’altro, se lo autorizzasse, Starmer disattenderebbe non solo il parere di alcuni ministri, apertamente contrari, ma anche quello dell’intelligence britannica: il comitato di sicurezza nazionale ha scritto al governo chiedendogli di fermare tutto. A metà ottobre, nel suo discorso annuale, il capo dell’MI5 (i servizi segreti britannici) Ken McCallum ha sostenuto che gli «attori statali cinesi» pongono minacce alla sicurezza nazionale su base quotidiana.
Per il momento, la tattica del governo è stata prendere tempo. I tentennamenti sono un po’ un tratto politico di Starmer, sia quando era all’opposizione sia nel suo primo e deludente anno al governo. Questa ambivalenza si è vista bene su un altro caso per cui il governo viene criticato, e in cui c’entra ancora la Cina.

Una protesta contro il progetto dell’ambasciata, lo scorso 8 febbraio: il cartello parla di impedire al Partito comunista cinese (CCP) di entrare nel cuore del Regno Unito, Winnie the Pooh invece è una caricatura di Xi (Carl Court/Getty Images)
A metà settembre il Crown Prosecution Service, cioè la procura generale di Inghilterra e Galles, ha fatto cadere le accuse contro due uomini – un ex assistente parlamentare e un ricercatore – che nel 2024 erano stati arrestati con l’accusa di aver svolto attività di spionaggio per la Cina. Ufficialmente le accuse sono cadute per insufficienza di prove, ma la decisione era stata parecchio criticata dall’opposizione. La procura risponde al governo e sulla decisione c’è stato un rimpallo di accuse: il governo l’ha attribuita alla procura, la procura al governo.
Per uscirne, il governo ha reso pubblici i documenti del caso, ottenendo però l’esito opposto di quello che s’era prefissato, e cioè peggiorando la sua posizione. Nelle relazioni infatti il vice consigliere per la sicurezza nazionale Matthew Collins parlava chiaramente di un caso di spionaggio, e sempre dalle spiegazioni di Collins si capiva che la questione si era arenata per l’incongruenza delle indicazioni politiche del governo, e per un inghippo legale.

Starmer arriva a un incontro con Xi durante il G20 in Brasile del novembre del 2024 (Stefan Rousseau – WPA Pool/Getty Images)
Si è scoperto che Collins aveva dovuto cancellare la parola nemico (del Regno Unito), parlando della Cina, per uniformare gli atti alle politiche del governo. La modifica ha contribuito a sgonfiare il caso, in virtù della legge antispionaggio del 1911 con cui erano stati rinviati a giudizio i due uomini (nel frattempo sostituita da una nuova). In sintesi: se il governo non considerava la Cina una minaccia alla sicurezza nazionale, non c’erano i presupposti per proseguire.
I Laburisti hanno insistito che le valutazioni di Collins erano state fatte prima delle elezioni del 2024, e quindi quando al governo c’erano i Conservatori. I Conservatori rispondono che senza il benestare del governo Starmer la procura non avrebbe ritirato le accuse.
La storia dell’ambasciata e il presunto caso di spionaggio sono emblematici dell’ambivalenza della politica britannica verso la Cina. Negli anni di Brexit la Cina è stata considerata come una possibile partner economica alternativa ai paesi dell’Unione Europea e un’interlocutrice della Global Britain, cioè un Regno Unito con ambizioni globali, teorizzata dai Conservatori. Il loro allora primo ministro David Cameron parlò di un’«età dell’oro» tra i due paesi, e in generale le sue successore e successori hanno mantenuto un approccio meno antagonistico di quello degli Stati Uniti e della maggior parte dei paesi europei.
La Cina è il quinto partner commerciale del Regno Unito per volume di scambi, e quindi avrebbe gli strumenti per fare eventuali ritorsioni: per ora però le due questioni (l’ambasciata e il caso di presunto spionaggio) sono soprattutto un problema politico.
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