Perché in Italia c’è molto più interesse sulla Flotilla

Rispetto ad altri paesi è stata coinvolta parecchio nell'organizzazione, e poi è diventata una questione politica

Un corteo per la Global Sumud Flotilla e la Palestina a Roma, 25 settembre 2025 (AP Photo/Andrew Medichini)
Un corteo per la Global Sumud Flotilla e la Palestina a Roma, 25 settembre 2025 (AP Photo/Andrew Medichini)
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In questi mesi, e in particolare nelle ultime settimane, l’attenzione sulla Global Sumud Flotilla è stata molto più alta in Italia rispetto ad altri paesi. Molti giornali internazionali se ne sono occupati soltanto quando Israele ha intercettato le barche in acque internazionali e arrestato più di 400 persone. Finora oltre ai quotidiani italiani ne avevano parlato con continuità solo quelli spagnoli, soprattutto El Paìs (che aveva un suo giornalista a bordo), ma comunque con molta meno assiduità.

Le ragioni di questa maggiore attenzione sono diverse. Hanno a che fare con la provenienza degli attivisti a bordo, con i luoghi da cui sono partite le barche e con la mobilitazione che si è creata attorno; ma anche con le reticenze del governo italiano nel condannare esplicitamente Israele, che sulla Flotilla ha molto contribuito a innescare polemiche, interpretando l’iniziativa in un senso quasi esclusivamente politico.

Secondo i numeri pubblicati dalla Global Sumud Flotilla, su circa 500 partecipanti contati all’inizio della missione gli italiani erano una cinquantina (48), il numero più alto insieme alla Spagna (49) tra gli oltre 40 paesi rappresentati (la Spagna è il paese europeo più solidale con la popolazione palestinese e più duro con Israele). Tra i partecipanti italiani c’erano anche cinque politici, tutti di opposizione, cosa che ha contribuito ad aumentare attenzioni e polemiche politiche sulla Flotilla: Arturo Scotto, Annalisa Corrado e Paolo Romano del Partito Democratico (rispettivamente: deputato, europarlamentare e consigliere regionale), il senatore del Movimento 5 Stelle Marco Croatti e l’europarlamentare di Europa Verde Benedetta Scuderi.

Nelle settimane prima della partenza delle barche sui social erano stati pubblicati moltissimi video di partecipanti alla missione e di molte persone famose che la sostenevano: cantanti (Elisa), politici (Vincenzo De Luca), scrittori e studiosi (Alessandro Barbero e Tomaso Montanari), attori e registi (Alessandro Gassman), solo per citarne alcuni.

In Italia sono avvenuti diversi momenti salienti di questa missione umanitaria e politica, che sono stati molto raccontati sui giornali e sui social network. A fine agosto a Genova era stata organizzata una raccolta di cibo e beni essenziali per la popolazione palestinese della Striscia di Gaza, da caricare sulle barche della Flotilla: in pochi giorni ne erano state raccolte centinaia di tonnellate, grazie all’impegno dell’associazione genovese Music for Peace e alla mobilitazione di migliaia di persone. Di queste, circa 40 tonnellate erano poi state caricate sulla Flotilla.

La raccolta alimentare a Genova (Angelo Mastrandrea/il Post)

La mattina del 31 agosto le prime barche della Flotilla erano partite proprio da Genova, seguite nel pomeriggio da quelle salpate da Barcellona (che però si erano dovute fermare quasi subito a causa di una tempesta). Anche le barche partite da Genova si erano dovute fermare in Sicilia e ci erano rimaste più a lungo del previsto. Per due settimane sono rimaste ferme tra Catania, Siracusa e Portopalo, con gli equipaggi che hanno approfittato del tempo lì per completare il loro addestramento.

È stato sempre in Sicilia che successivamente la maggior parte delle barche della Flotilla – spagnole, tunisine, italiane, ma non quelle partite dalla Grecia – si è ricongiunta prima di salpare insieme verso la Striscia di Gaza, dopo una serie di rinvii dovuti ad alcuni attacchi incendiari subiti dalla flotta al largo della Tunisia, al meteo e a vari problemi logistici. Dalla Sicilia insieme alle barche era partita anche la nave Life Support della ong Emergency, solitamente usata per i soccorsi in mare delle persone migranti.

Per la gran parte del tempo in cui non è stata in mare, insomma, la Flotilla è stata in Italia: anche per questo ha avuto molto a che fare con l’Italia. E in Italia si era creato nel frattempo un contesto politico unico intorno alle vicende di Gaza, molto diverso da quello di altri paesi europei e occidentali, per molte ragioni.

Dall’inizio dell’invasione della Striscia di Gaza il governo di destra di Giorgia Meloni non ha preso posizione quasi mai per condannare Israele e le azioni del suo primo ministro Benjamin Netanyahu, e quando lo ha fatto è stato ben poco incisivo. Nel frattempo molti paesi alleati dell’Italia hanno assunto posizioni più risolutamente critiche verso Israele, mettendo sempre più in evidenza l’indecisione dell’Italia. Paesi come Francia, Regno Unito, Canada, Australia, Portogallo e altri ancora hanno riconosciuto lo Stato di Palestina. Altri come la Spagna lo avevano fatto già da tempo.

In un contesto del genere tutte le manifestazioni di sostegno alla Flotilla sono via via diventate anche manifestazioni di dissenso verso l’atteggiamento del governo, fino al momento in cui questa cosa si è resa più evidente: lo sciopero generale indetto dall’USB lo scorso 22 settembre, con cortei in decine di città italiane e un’inaspettata, vastissima partecipazione. Lo sciopero era stato indetto proprio per sostenere la popolazione di Gaza e la Global Sumud Flotilla, e aveva ricevuto attenzioni anche sulla stampa straniera (comprese quella inglese e quella statunitense, che fino a quel momento avevano scritto pochissimo della Flotilla).

Era stato lo stesso governo a porsi in opposizione a chi aveva manifestato, con le dichiarazioni dei suoi ministri e della presidente del Consiglio Giorgia Meloni: la manifestazioni erano state in gran parte pacifiche, ma nel commentarle il governo si era concentrato sugli scontri con la polizia – comunque contenuti – che c’erano stati a Milano e sugli eventuali disagi causati dall’interruzione di alcuni servizi. Non c’erano state invece prese di posizione sul merito delle manifestazioni.

Manifestanti bloccano il passaggio dei treni sui binari della stazione Cadorna a Milano, 1 ottobre 2025 (AP Photo/Luca Bruno)

Così anche la Global Sumud Flotilla è stata spesso oggetto di polemiche politiche, dibattiti accesi nei talk show, attacchi sui giornali vicini alla destra. Ogni avvenimento riguardante la Flotilla è diventato anche un modo per chiedere conto al governo delle sue mancate prese di posizione su Gaza, e quando il governo ha cominciato a rispondere lo ha fatto con toni molto duri e critici nei confronti delle persone a bordo della Flotilla.

Due giorni dopo lo sciopero generale c’è stato l’attacco più intenso alle barche della Flotilla mentre erano al largo dell’isola di Creta, in Grecia. In quell’occasione Meloni l’aveva definita un’iniziativa «irresponsabile», come poi ha fatto altre volte. In un primo momento Meloni ha sostenuto che gli attivisti, provenienti da 44 paesi diversi, stessero cercando di mettere in cattiva luce il suo governo; poi ha ipotizzato che la missione rischiasse di minare le trattative sul piano per la fine della guerra proposto da Donald Trump.

I ministri del suo governo che più contavano in questa situazione, cioè quelli della Difesa e degli Esteri, hanno mantenuto un atteggiamento più pacato. Sia Guido Crosetto che Antonio Tajani hanno sostenuto l’opzione proposta alla Flotilla, e rifiutata, di consegnare il suo carico al patriarcato di Gerusalemme, in modo da rendere inutile il viaggio della flotta verso Gaza assicurando al contempo l’incolumità dei partecipanti ed evitando tensioni con Israele.

In nessun caso però c’è stata una netta presa di distanza da Israele, né un sostegno convinto alla causa palestinese come ha fatto per esempio la Spagna. Anche in Spagna la Flotilla ha avuto attenzioni più contenute rispetto all’Italia: la missione è stata seguita perché a bordo c’erano molti spagnoli e le barche erano partite dalla Spagna, ma non si sono alimentati dibattiti come in Italia perché il governo era un forte sostenitore della causa della Flotilla.

Persone guardano la diretta dell’intercettazione delle barche della Flotilla su un maxi schermo in piazza Palazzo di Città a Torino, 1 ottobre 2025 (ANSA/ALESSANDRO DI MARCO)

Naturalmente in Italia c’era già da tempo una mobilitazione da parte di collettivi e gruppi con azioni di protesta per la liberazione dei territori palestinesi occupati e contro la decisione del governo di non interrompere i rapporti con Israele. Tra questi ci sono per esempio i portuali di Genova, Livorno e Ravenna, i gruppi locali dei Giovani Palestinesi, i collettivi studenteschi, e molti altri. Le attenzioni attirate dalla Flotilla hanno fatto in modo che a loro si unissero molte altre persone che non fanno parte di nessun gruppo, ma che cercavano uno sfogo per manifestare la propria solidarietà con i palestinesi della Striscia e in molti casi anche il proprio dissenso verso il comportamento del governo in questa storia.

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