Cosa non ha funzionato tra Spalletti e la Nazionale, in campo e fuori
L'Italia cambia di nuovo allenatore, dopo una settimana caotica e due anni deludenti

La settimana appena trascorsa è piuttosto rappresentativa del caos che c’è intorno alla Nazionale italiana maschile di calcio. Ci sono state due partite, una delle quali persa malamente contro la Norvegia e preceduta da due polemiche abbastanza futili, e in mezzo l’esonero dell’allenatore Luciano Spalletti comunicato da lui stesso, nonostante poche ore prima, in un’altra sede, il presidente federale Gabriele Gravina avesse detto di non aver ancora preso una decisione. Spalletti ha quindi allenato la seconda partita, quella vinta 2-0 contro la Moldavia in modo comunque poco convincente, mentre già si sapeva che sarebbe stato esonerato, una cosa quasi senza precedenti nel calcio.
La sconfitta per 3-0 subita venerdì scorso in casa della Norvegia, che il noto giornalista sportivo Fabio Caressa ha definito la peggior partita della Nazionale degli ultimi venticinque anni, aveva compromesso in modo abbastanza serio il girone di qualificazione ai prossimi Mondiali rendendo concreto il rischio di mancarli per la terza volta consecutiva, dopo averli saltati solo in una delle precedenti diciannove occasioni. Per qualificarsi, ora, l’Italia dovrà in sostanza vincere tutte e sei le rimanenti partite del girone e avere una differenza reti migliore della Norvegia, oppure arrivare seconda e vincere i playoff.
È passato un anno ormai dai deludenti Europei della scorsa estate, nei quali l’Italia era stata eliminata (e dominata) agli ottavi di finale dalla Svizzera, e seppur nel mezzo fosse arrivato qualche segnale positivo, nulla sembra essere cambiato. L’Italia è ancora una squadra senza un’identità di gioco, con il presidente federale contestato e molti giocatori che non sembrano né all’altezza né coinvolti nel progetto. Alla fine l’allenatore ne ha subìto le conseguenze per tutti, come spesso accade nel calcio quando l’alternativa sarebbero interventi strutturali impegnativi.
La conferenza stampa con la quale Spalletti ha detto di essere stato esonerato
Luciano Spalletti non è, con ogni evidenza, l’unica causa delle difficoltà dell’Italia, ma pure lui nei quasi due anni di incarico non è riuscito a adattarsi al contesto del calcio per nazionali e ha fatto alcune scelte, tattiche e comunicative, piuttosto cervellotiche, che hanno contribuito alla confusione vista in campo nella partita contro la Norvegia. È stata una partita abbastanza inspiegabile, anticipata da due discussioni che avevano tenuto banco sui vari media sportivi italiani.
Alcuni giorni prima di quella partita infatti il difensore dell’Inter Francesco Acerbi, richiamato in Nazionale a 37 anni, aveva rinunciato alla convocazione, secondo alcune ipotesi perché la riteneva estemporanea e dettata dall’emergenza (erano assenti alcuni difensori centrali, e ne serviva uno che sapesse marcare il centravanti norvegese Erling Haaland); mesi prima inoltre, quando un giornalista chiese a Spalletti di convocare Acerbi, l’allenatore della Nazionale aveva risposto: «Sapete quanti anni ha?». Dopo la convocazione per le recenti due partite, Acerbi aveva condiviso un post di giustificazione per la rinuncia, in cui scriveva di pretendere rispetto: l’ex allenatore della Nazionale Roberto Mancini aveva messo mi piace. Spalletti allora aveva detto ironicamente che forse a Mancini era stato rubato il telefono da qualcuno che aveva messo quel like «per fargli fare brutta figura».
Dopo la partita contro la Moldavia, alludendo al caso di Acerbi e probabilmente anche ad altre mancate risposte alle convocazioni, Spalletti aveva concluso dicendo: «Spero che chi ha rifiutato la Nazionale non ci torni mai più».
In tutto questo Gravina, contestato per non essersi mai messo in discussione dopo i fallimenti accumulati dalla Nazionale sotto la sua presidenza (la mancata qualificazione ai Mondiali del 2022, i pessimi Europei del 2024) e i vari problemi esistenti nel calcio italiano, non si è esposto sulla questione, come non lo aveva fatto l’anno scorso sul caso di razzismo che aveva riguardato proprio Acerbi. Ha lasciato Spalletti solo a gestire la questione e, come accaduto altre volte in passato, Spalletti si è un po’ incartato.
L’avvicinamento alla partita, molto importante perché la Norvegia è l’avversaria più forte del girone (da cui si qualifica diretta ai Mondiali solo la prima classificata), era stato insomma poco sereno; la partita, come detto, è andata ancor peggio. La Norvegia ha dominato sin dall’inizio, mentre l’Italia non ha combinato quasi nulla, lasciando spazio all’iniziativa avversaria e non riuscendo a reagire in alcun modo.
Pur con gli alibi delle assenze di alcuni calciatori importanti (mancavano, tra gli altri, i difensori Alessandro Buongiorno e Riccardo Calafiori e il centravanti Moise Kean) e della pessima condizione mentale dei calciatori dell’Inter come Alessandro Bastoni e Nicolò Barella dopo la finale di Champions League persa per 5-0, la partita giocata dall’Italia è stata del tutto insufficiente, soprattutto considerato che erano ormai quasi due anni che Spalletti era l’allenatore. In questi due anni, a parte qualche momento isolato, l’Italia ha spesso deluso.
La peggior partita dell’Italia di Spalletti
Spalletti fu scelto come allenatore della Nazionale nell’agosto del 2023, dopo che Roberto Mancini si era dimesso un po’ all’improvviso, quando l’Italia doveva ancora giocare la metà delle partite di qualificazione agli Europei del 2024. Fu giudicata da tutti una decisione eccellente: arrivava un allenatore esperto, stimato per il modo in cui le sue squadre giocavano e che qualche mese prima aveva infine vinto lo Scudetto, quello entusiasmante e meritato con il Napoli.
La Nazionale, insomma, sembrava una sorta di punto di arrivo ideale in quel momento della sua lunga carriera, e Spalletti dal canto suo era parso molto convinto. Nella sua prima conferenza stampa parlò con ottimismo delle possibilità della squadra («ho gente forte, abbiamo tutto quello che serve per giocare un buon calcio, ma dovremo essere organizzati»), e disse altre cose più retoriche ma utili per creare un po’ di entusiasmo intorno alla Nazionale («è un sogno che parte da lontano: a 11 anni, durante il Mondiale di Messico ’70, chiesi a mia mamma di cucirmi la bandiera dell’Italia. Spero di restituire quel sogno a tutte le migliaia di bambini che seguono la Nazionale»).
Quasi da subito, però, Spalletti ha faticato in un ruolo diverso da quello di allenatore di una squadra di club. Il commissario tecnico della Nazionale infatti deve di volta in volta scegliere i giocatori da convocare e ha pochissime occasioni per allenarli e trasmettere loro idee di gioco e concetti tattici. Spalletti da un lato non è riuscito a fare i conti con la mancanza di tempo e di una squadra stabile a cui far giocare il suo calcio complesso e, quando riesce, entusiasmante. Dall’altro, per cercare di risolvere i problemi, o forse per venire incontro a un’opinione pubblica sempre molto ingombrante quando si tratta di Nazionale, in questi due anni ha fatto tanti compromessi.
L’Italia ha infatti spesso cambiato sistemi di gioco e modo di giocare da una partita all’altra: agli scorsi Europei per esempio ha cominciato con il 4-2-3-1 e con l’idea di dominare il gioco con il possesso del pallone; poi però, dopo la sconfitta contro la Spagna, Spalletti ha deciso di passare al 3-5-2 rigido e meno propositivo visto nella partita contro la Croazia (pareggiata all’ultimo minuto), per giocare infine con il 4-3-3 una pessima partita contro la Svizzera. Nella successiva Nations League, il torneo per nazionali che ha sostituito le amichevoli, l’Italia è passata stabilmente al 3-5-2, soprattutto per assecondare le caratteristiche dei suoi calciatori (alcuni dei più forti giocano nell’Inter, che impiega quello schema), e ha giocato le partite più convincenti, su tutte la vittoria fuori casa contro la Francia.
Nel complesso, però, nelle 24 partite da commissario tecnico Spalletti non ha mai dettato una linea chiara da seguire, con il risultato che la sua Nazionale è stata una squadra altalenante e poco organizzata, che si è quasi sempre sfaldata ai primi momenti di difficoltà, non avendo da un lato abbastanza calciatori di talento e personalità spiccate, e dall’altro certezze di gioco su cui appoggiarsi.
La miglior partita dell’Italia di Spalletti
In tutto questo bisogna dire che Spalletti ha lavorato nel contesto complicato di una federazione in difficoltà nella gestione dei tanti problemi del calcio italiano (i centri federali giovanili da ripensare, la scarsa collaborazione tra squadre di club e Nazionale, gli stadi vecchi e fatiscenti, i calciatori che scommettono). E poi non aveva certo a disposizione la miglior generazione di calciatori italiani.
Anche sulla scelta dei calciatori, però, alcune sue decisioni sono state giudicate poco convincenti. Già solo per la partita contro la Norvegia, per dire, Spalletti ha deciso di far debuttare in difesa il ventunenne Diego Coppola, calciatore piuttosto promettente ma poco abituato a contesti così competitivi, mentre non ha nemmeno convocato Gianluca Mancini della Roma e Alessio Romagnoli della Lazio, due difensori molto esperti e quotati. Altri calciatori che avevano fatto vedere ottime cose con la propria squadra, come Riccardo Orsolini del Bologna, sono stati a lungo esclusi senza spiegazioni da parte di Spalletti.
Nel frattempo, il ruolo di allenatore dell’Italia ha messo in mostra gli aspetti più populisti e retorici di Spalletti, come quando nel febbraio del 2024 aveva indicato come principale problema della Nazionale il fatto che i calciatori giocassero alla Playstation. «Da qui in avanti le Playstation le lasciano a casa e non le portano più. Vengono da me e gli do i compiti da fare la sera se non sono bastati quelli di giorno. Perché in Nazionale si sta sul pezzo, concentrati, non si cazzeggia. Ripeto lo slogan degli All Blacks, Niente teste di ca… qui. Gli italiani chiedono una Nazionale cazzuta e responsabile, solida e spavalda. Si viene in Nazionale per vincere l’Europeo non per vincere a Call of Duty» (un noto videogioco), come se le due cose fossero per forza in antitesi.
È una cosa difficile da giudicare dall’esterno, e anche un po’ astratta, ma la percezione è che a Spalletti sia mancata anche un po’ di empatia con i suoi calciatori, e che non sia mai riuscito a creare un gruppo coeso e motivato, condizione che spesso fa la differenza in Nazionale, quando c’è poco tempo per organizzare una proposta di gioco convincente.
Sono passati ormai 11 anni dall’ultima partita dell’Italia a un Mondiale, e ben 19 dall’ultima volta in cui ha giocato una partita a eliminazione diretta di un Mondiale (la finale del 2006, perché nelle altre due partecipazioni è stata eliminata ai gironi); forse è anche l’Italia stessa che si sopravvaluta per via della sua storia. D’altro canto sono trascorsi solo quattro anni da quando la Nazionale, con Mancini allenatore, vinse gli Europei giocando in modo convincente e spettacolare.