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  • Mercoledì 21 maggio 2025

Israele sta ancora bloccando la distribuzione di cibo e medicine a Gaza

Cioè delle consegne entrate nella Striscia dopo oltre due mesi di blocco totale

Persone sfollate a Khan Yunis (AP Photo/Abdel Kareem Hana)
Persone sfollate a Khan Yunis (AP Photo/Abdel Kareem Hana)
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Mercoledì sono entrati nella Striscia di Gaza 93 camion di cibo, medicine e strumenti medici: Israele però non ha ancora permesso che arrivino alla popolazione. L’ONU, attraverso un suo portavoce, mercoledì ha detto che i container sono di fatto bloccati appena dopo il confine, nel lato palestinese del varco di Kerem Shalom. È peraltro un quantitativo ampiamente insufficiente di cibo e medicine per far fronte all’emergenza in atto: durante il cessate il fuoco, durato dal 19 gennaio a metà marzo, entravano nella Striscia 600 camion di cibo e medicine al giorno.

Il portavoce dell’ONU ha spiegato che le operazioni di attraversamento del varco e distribuzione sono state rese «molto complesse»: i camion entrati in territorio palestinese devono essere scaricati completamente, il loro contenuto deve essere nuovamente esaminato e poi deve esser permesso agli operatori umanitari già nella Striscia di raggiungere gli aiuti, ricaricarli su mezzi di trasporto e portarli nei propri magazzini, da dove poi vengono distribuiti. Ha detto che mercoledì la squadra dell’ONU ha atteso invano per «molte ore» l’autorizzazione a questa seconda parte delle operazioni.

Domenica Israele aveva annunciato che avrebbe consentito l’ingresso di un numero limitato di camion, dopo oltre due mesi (11 settimane) in cui la Striscia era stata di fatto assediata: non era entrato nulla, né cibo, né acqua, né medicine. Da allora la situazione a Gaza è ancora più drammatica: le scorte di cibo dell’ONU e delle principali ong ancora operanti sono finite e i casi di malnutrizione sono aumentati. Secondo il ministero della Salute di Gaza, 57 bambini sono morti di malnutrizione negli ultimi due mesi.

Un camion con cibo e medicine in transito verso il confine (AP Photo/Maya Alleruzzo)

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva dichiarato di voler concedere l’ingresso di camion con cibo e medicine perché preoccupato dalla reazione all’estero a una crisi umanitaria a Gaza ancora più devastante dell’attuale: «Israele perderà i suoi sostegni (all’estero) e non riusciremo a ottenere la vittoria».

Israele nelle scorse settimane aveva anche elaborato insieme agli Stati Uniti un piano di distribuzione di cibo, medicine e altri beni di prima necessità che dovrebbe essere portato avanti da organizzazioni e fondazioni private, eliminando l’intervento dell’ONU, sotto la protezione di contractor statunitensi e dell’esercito israeliano. È un piano molto contestato, incompleto e problematico, che nei progetti dovrebbe partire nelle prossime settimane. Secondo Israele una distribuzione di questo tipo eviterebbe che «gli aiuti finiscano nelle mani di Hamas». In realtà la distribuzione concentrata in poche zone, nel sud della Striscia, sembra un mezzo per portare avanti il progetto di occupazione della Striscia di Gaza con nuovi spostamenti forzati della popolazione.

All’esterno dei confini di Gaza ci sono 116mila tonnellate di cibo, medicine e strumenti, corrispondenti a circa 3.000 camion, pronte per essere distribuite ma bloccate dall’assedio israeliano: basterebbero per sfamare un milione di persone per oltre quattro mesi. La Striscia di Gaza ha un’area di circa 360 chilometri quadrati (più o meno come Malta) e da sempre dipende dal cibo proveniente dall’esterno.