Un’altra telefonata fra Putin e Trump sull’Ucraina, senza progressi

Il presidente statunitense ha detto che i negoziati diretti dovrebbero iniziare immediatamente, ma quello russo ha preso impegni vaghi

Il presidente russo, Vladimir Putin, al Cremlino il 13 maggio
Il presidente russo, Vladimir Putin, al Cremlino il 13 maggio (Sergei Bobylev, Sputnik, Kremlin Pool Photo via AP)
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Lunedì c’è stata un’attesa telefonata tra il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e quello russo, Vladimir Putin. La chiamata è durata due ore e mezzo, ma dai primi commenti non sembra ci siano stati progressi concreti sui negoziati per la fine della guerra in Ucraina.

Trump ha sostenuto che la Russia e l’Ucraina avvieranno «immediatamente i negoziati per arrivare a un cessate il fuoco e, cosa più importante, alla FINE alla guerra». È complicato dire quanto possano essere attendibili le sue dichiarazioni, anche perché non sono rispecchiate da quelle del presidente russo: Putin si è detto semplicemente pronto a lavorare con l’Ucraina per produrre un documento condiviso su cui impostare le future trattative. Non è molto diverso dagli impegni presi ultimamente dalla Russia, a cui tuttavia non sono mai seguiti reali cambiamenti nella conduzione della guerra.

Prima della chiamata con Putin, Trump aveva sentito al telefono anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky: non si sa cosa si siano detti. Subito dopo la chiamata con Putin poi i due hanno parlato con la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e i leader di vari paesi della NATO: Giorgia Meloni, il presidente francese Emmanuel Macron, quello finlandese Alexander Stubb, il cancelliere tedesco Friedrich Merz. Trump ha anche scritto che il Vaticano si sarebbe detto interessato a ospitare le eventuali trattative fra Russia e Ucraina.

Negli ultimi mesi Putin aveva dichiarato due cessate il fuoco unilaterali, durante i quali gli attacchi contro la popolazione e le città ucraine non erano in alcun modo diminuiti. Aveva inoltre invitato Zelensky a colloqui diretti in Turchia, a cui poi non si era presentato (alla fine non ci era andato neanche Zelensky, ma solo funzionari di livello minore).

La prima chiamata con Putin dall’inizio del secondo mandato di Trump era stata a febbraio, e a marzo ne era seguita un’altra, sempre riguardo l’Ucraina: anche in quel caso Putin aveva preso tempo. Nell’ultimo periodo Trump e diversi funzionari della sua amministrazione avevano espresso frustrazione per lo stallo nei negoziati, dovuto principalmente all’ostruzionismo dei delegati russi, che prolungavano le trattative o ponevano nuove condizioni ogni volta che sembravano a buon punto.

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