Cosa succede al cervello quando restiamo senza Internet

Le rare occasioni in cui manca improvvisamente a chiunque permettono di riflettere su quanto sia influente anche sui processi cognitivi umani

Un uomo in penombra, passeggia nel buio dopo il tramonto
Una persona passeggia in centro a Madrid durante il blackout, il 28 aprile 2025 (AP Photo/Manu Fernandez)
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Fino a qualche anno fa il racconto della decisione di qualcuno di trascorrere un periodo di tempo senza smartphone e senza Internet era un popolare genere giornalistico. In quei casi si trattava però di scelte individuali e condizioni artificiose. Il grande e improvviso blackout che lunedì ha lasciato più o meno chiunque senza corrente e senza Internet per diverse ore in ampie zone della Spagna e del Portogallo, invece, ha creato condizioni sperimentali eccezionali e molto più rare.

«È stata una situazione strana, una sorta di pandemia al contrario: tutti fuori, senza Internet», ha detto al Post un italiano residente a Barcellona, descrivendo capannelli di persone riunite per strada a conversare e a usare radio portatili per avere informazioni. È possibile che condizioni del genere saranno sfruttate in futuro per condurre sondaggi e studiare meglio il rapporto delle persone con Internet, e i loro comportamenti durante prolungati periodi offline: comportamenti difficilmente osservabili in situazioni normali, fuori da un laboratorio.

«Internet ha permeato a tal punto le nostre vite che la sua influenza sta diventando impossibile da vedere», diceva all’Atlantic già nel 2016 il saggista statunitense Clay Shirky, esperto di effetti sociali ed economici delle tecnologie informatiche. Immaginare un mondo senza era difficile già allora, secondo lui, «come immaginare la Londra degli anni Quaranta dell’Ottocento senza vapore, la New York degli anni Trenta senza ascensori o la Los Angeles degli anni Settanta senza automobili». E questo vale anche per l’influenza che Internet ha sui processi cognitivi umani.

– Leggi anche: Le scene di altri tempi in Spagna e Portogallo durante il blackout

Per usare una metafora dello stesso Shirky, piuttosto valida anche come descrizione dei fenomeni di adattamento del cervello alle tecnologie di Internet, «dopo un po’, il traliccio modella la vite a tal punto che non è più possibile separare le due cose». Secondo un’ampia ricerca pubblicata nel 2019 sulla rivista scientifica World Psychiatry, un intenso utilizzo di Internet fin da giovani può avere effetti sia acuti che a lungo termine su alcune funzioni cerebrali.

Gli autori e le autrici, un gruppo internazionale proveniente da diversi istituti e università, sostennero che le caratteristiche tipiche del mondo online possono influenzare la capacità di attenzione offline, perché il flusso continuo di informazioni online abitua le persone a suddividere l’attenzione tra più fonti, a scapito dell’abitudine a concentrarsi a lungo su un singolo compito. C’è poi da considerare anche la costante disponibilità di informazioni fattuali accessibili in pochi passaggi, che può modificare il modo in cui «recuperiamo, archiviamo e valutiamo la conoscenza».

La socialità su Internet, generalmente espressa attraverso piattaforme che cercano di replicare processi tipici della socialità offline, ha inoltre un’influenza di rimando sulle interazioni di persona, perché può modificare – in modi anche molto profondi – il concetto di sé e l’autostima delle persone, soprattutto le più giovani.

– Leggi anche: Dovremmo studiare meglio gli effetti dei social network sul comportamento collettivo

In anni più recenti queste stesse ipotesi, peraltro oggetto di un esteso dibattito, sono state in parte validate da studi ed esperimenti che hanno analizzato gli effetti della privazione di Internet sui processi cognitivi e sulla salute mentale. Un articolo uscito a febbraio sulla rivista PNAS Nexus ha descritto i risultati di uno studio clinico condotto su 467 persone con un’età media di 32 anni, private per due settimane dell’accesso a Internet sui loro smartphone.

Ai partecipanti era stato chiesto di installare un’app che rendeva inutilizzabile la connessione, lasciando disponibili solo le telefonate e gli SMS. Tutti potevano ovviamente usare Internet in altri modi, da casa o dal lavoro, ma non potevano farlo da smartphone. Alla fine dell’esperimento le risposte ai questionari e altri dati ricavati attraverso strumenti di valutazione oggettiva mostrarono una variazione nella capacità di mantenere l’attenzione, nel benessere soggettivo e nella salute mentale dei partecipanti (una diminuzione dei sintomi di ansia, depressione o altri problemi). Il 91 per cento di loro mostrò un miglioramento in almeno una delle tre dimensioni prese in considerazione.

La spiegazione fornita dagli autori e dalle autrici dello studio è che rimuovere Internet dagli smartphone aveva avuto un impatto sul modo in cui le persone trascorrevano il loro tempo. Ne passavano di più all’aperto, socializzavano di più di persona e facevano più esercizio fisico.

Altri studi hanno poi analizzato l’influenza di Internet su attività specifiche che da tempo le persone delegano alla tecnologia e per le quali in passato non facevano affidamento a servizi come Google Maps. In questo senso esistono prove che l’utilizzo abituale del GPS, per esempio, possa avere un impatto negativo sulla capacità di orientamento e su quella di memorizzare i percorsi pedonali e stradali, ma poche prove che l’utilizzo abituale del GPS provochi un deterioramento generale della memoria.

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Una delle priorità emerse ultimamente nella ricerca è stata infine capire se e quanto gli effetti noti dell’uso quotidiano di Internet sulle strutture cerebrali siano diversi tra persone anziane e persone giovani.

Una ricerca condotta su 57 studi precedenti, da poco pubblicata sulla rivista Nature Human Behaviour, ha smentito alcune ipotesi circolate in passato: non ha trovato prove a sostegno dell’idea che l’utilizzo di Internet da parte delle persone anziane acceleri processi di invecchiamento cerebrale (un’ipotesi nota come «demenza digitale»). Ha scoperto anzi una correlazione tra l’utilizzo di computer, smartphone e Internet tra le persone con più di 50 anni e un minore declino cognitivo.

Valutare l’influenza di Internet è in generale un compito molto difficile, considerato come nel tempo è diventata inseparabile dalla vita delle persone. C’è quindi una comprensibile cautela, se non una diffidenza, nell’associarla a effetti del tutto positivi o del tutto negativi. Del resto, come diceva Shirky all’Atlantic nel 2016 citando esempi letterari di fantascienza, «le uniche rappresentazioni post-Internet credibili sono tutte associate al collasso della civiltà: apocalissi zombie, pandemie globali, catastrofi nucleari». E questo suggerisce che se l’unico modo convincente di immaginare un mondo senza Internet è immaginare un mondo senza civiltà, «allora, per approssimazione, Internet è diventata la nostra civiltà».