Ci sono sempre più attori famosi nei videogiochi

Per molto tempo i ruoli interessanti erano rari, ma stanno aumentando i giochi più autoriali e "cinematografici" (sì, quello è Luca Marinelli)

Luca Marinelli nel trailer di Death Stranding 2: On the Beach (PlayStation/YouTube)
Luca Marinelli nel trailer di Death Stranding 2: On the Beach (PlayStation/YouTube)
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Tra gli amanti dei videogiochi, da anni Hideo Kojima è noto non soltanto per essere il creatore di Metal Gear Solid, una delle serie di giochi d’azione più famose e amate della storia del genere, o di Death Stranding, apprezzato gioco postapocalittico uscito nel 2019. Sui social network e su Reddit, nei forum dove si trovano a discutere gli appassionati e su Discord, quando qualcuno nomina l’autore giapponese è molto probabile che presto o tardi apparirà un utente a scherzare su un fatto indiscutibile: a Kojima piace veramente tanto lavorare con le celebrità. E sembra che alle celebrità piaccia altrettanto lavorare con lui.

Questa affinità tra Kojima – una delle prime persone a considerarsi un vero e proprio autore di videogiochi – e attori internazionali molto richiesti era già evidente nel primo Death Stranding, in cui l’attore protagonista di The Walking Dead Norman Reedus interpretava Sam Porter, un corriere che ha come compito la consegna di provviste essenziali a piccole colonie umane, isolate l’una dall’altra dopo un evento cataclismico. Gli altri personaggi principali erano interpretati da Mads Mikkelsen, Léa Seydoux, Margaret Qualley e Lindsay Wagner. Nel nuovo trailer del sequel di Death Stranding, uscito lunedì, questa tendenza è riconfermata: tra le nuove celebrità coinvolte, questa volta, ci sono anche l’attrice Elle Fanning, il regista di Mad Max George Miller e l’italiano Luca Marinelli, che a quanto pare avrà un ruolo di rilievo nella storia.

La presenza di così tanti attori famosi in un singolo videogioco è piuttosto singolare, e legata alla volontà specifica di Kojima di lavorare con attori che stima. Ma riflette anche una tendenza più ampia: le case produttrici di videogiochi sono sempre più inclini a cercare di ingaggiare attori famosi con esperienza nel cinema e nella televisione per i propri progetti. Gli attori, dal canto loro, sembrano guardare con attenzione al settore. Anche perché man mano che evolvono le tecnologie e la complessità delle storie raccontate dai videogiochi, i ruoli offerti loro diventano più interessanti.

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Per molto tempo il settore dei videogiochi aveva da offrire agli attori, che fossero famosi o meno, in larga parte solo lavori di doppiaggio: Liam Neeson diede la voce al padre del protagonista in Fallout 3 già nel 2008, e Martin Sheen quella del leader paramilitare Illusive Man in Mass Effect 2 e 3. Ancora oggi ci sono dei ruoli da doppiatore di videogiochi molto più ambiti di altri: i fan della saga di videogiochi Civilization, per esempio, aspettavano da tempo di sapere chi avrebbe doppiato il narratore del gioco nel nuovo capitolo, Civilization 7 (alla fine è stata scelta Gwendoline Christie, famosa per il ruolo di Brienne di Tarth in Game of Thrones). Ma i personaggi che apparivano poi sullo schermo avevano raramente l’aspetto della persona che li doppiava, e le frasi pronunciate in sé erano tendenzialmente molto stringate: «Abbassati!», «Stai attento!».

Negli ultimi quindici anni, però, si è affermato un tipo di gioco più autoriale e “cinematografico”, sia nelle inquadrature e nelle scelte registiche, sia nel tipo di storia che viene raccontata. «I confini tra film e videogiochi sono sempre più labili. Lo Spielberg di domani oggi gioca ai videogiochi», ha detto all’Hollywood Reporter l’attrice Janina Gavankar, protagonista del videogioco Star Wars Battlefront II. «Quando diventerà grande, con quale mezzo pensate che vorrà raccontare le sue storie?». E ci sono già vari registi e sceneggiatori di Hollywood che si stanno interessando al settore, da J. J. Abrams al creatore di Rick and Morty Justin Roiland.

Per il momento molti dei titoli più ambiziosi e narrativi sono, come ha scritto la critica Stacey Henley sul sito The Gamer, «giochi in terza persona che hanno al centro un protagonista stoico dalla profondità emotiva nascosta», la cui trama è «segnata dalle tragedie e da colpi di scena commoventi», che finiscono normalmente «in un grande scontro». Tra i massimi rappresentanti del genere ci sono The Last of Us (che infatti funziona molto bene anche come serie tv), God of War o Ghost of Tsushima.

Al contempo, le tecnologie impiegate oggi nello sviluppo dei videogiochi permettono di modellare bene non soltanto il corpo e le movenze dell’attore, ma anche i dettagli e le espressioni del suo viso. Le riprese si svolgono di solito in grandi studi di New York, Los Angeles, Tokyo e Londra: agli attori viene chiesto di indossare tute in lycra coperte di sensori che servono a catturare i loro movimenti, di caricarsi sulla schiena pesanti attrezzature per le riprese, e di recitare praticamente su un palcoscenico vuoto, spesso senza oggetti di scena di alcun tipo, in grosse stanze bianche e vuote.

«Entri e ti mettono questi puntini sul viso – ci vuole un’eternità a metterli e ancora di più a toglierli – e poi ti infili questo minuscolo costume molto succinto e imbarazzante e ti mettono addosso l’attrezzatura. Hai una telecamera sul casco con un grosso braccio che sporge dalla parte anteriore. Ogni volta che dovevo baciare o abbracciare qualcuno, le nostre teste rimbalzavano l’una contro l’altra» ha raccontato Norman Reedus, parlando del suo lavoro per Death Stranding. «Una volta ho chiesto [a Hideo Kojima]: “I risultati sono così realistici, pensi che un giorno non avrete neanche più bisogno degli attori?”. E lui mi ha risposto: “No, non potremmo mai farcela. Abbiamo bisogno di un’anima. Ci serve un essere umano vero che provi emozioni umane vere».

Le celebrità che hanno interpretato ruoli (di complessità variabile) nei videogiochi negli ultimi anni sono tante: Willem Dafoe è apparso con il suo aspetto in BEYOND: Two Souls già nel 2013. Idris Elba interpreta un allenatore in NBA 2K20 e recita al fianco di Keanu Reeves in Cyberpunk 2077: Phantom Liberty; Kit Harington (il Jon Snow di Game of Thrones) ha recitato in Call of Duty: Infinite Warfare; Jeff Goldblum in Goosebumps: Escape from Horrorland, Independence Day, Chaos Island: The Lost World – Jurassic Park, Call of Duty: Black Ops III e Jurassic World Evolution.

Jodie Comer e David Harbour (Stranger Things) hanno invece recitato in un remake del gioco horror del 1992 Alone in the dark. In Intergalactic: The Heretic Prophet, il prossimo titolo dell’autore di The Last of Us, ci saranno vari attori televisivi, tra cui Tati Gabrielle (The 100, Le terrificanti avventure di Sabrina e Uncharted), Kumail Nanjiani (Eternals della Marvel e Only Murders in the Building) e Tony Dalton (Better Call Saul).

Dal punto di vista delle case produttrici di videogiochi, naturalmente, ingaggiare attori famosi è utile ad attirare l’attenzione dei loro fan, che potrebbero altrimenti essere meno interessati, ma anche per contribuire alla crescente reputazione dei videogiochi come mezzo artistico con una sua dignità, attraverso cui si possono raccontare storie profonde e interessanti. «In cambio, gli attori ottengono l’accesso a un’industria enorme e a milioni di appassionati di videogiochi, promuovendo sé stessi e diversificando il portfolio», ha scritto il giornalista Nathan Irvine. «È una situazione vantaggiosa per tutti».

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