Un profilo su OnlyFans è una cosa permanente

Le sex worker che usano la piattaforma dicono che le conseguenze e i pericoli che comporta aprirsi un profilo sono spesso sottovalutati

di Viola Stefanello

La creator Kelly Stark filma un video per il suo canale OnlyFans (Roger Kisby/Redux)
La creator Kelly Stark filma un video per il suo canale OnlyFans (Roger Kisby/Redux)
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Tre anni fa Giulia Leopardi ha aperto un profilo OnlyFans per pubblicare foto di nudo, accessibili a chi pagava l’abbonamento al suo profilo sulla piattaforma. All’epoca aveva 21 anni, studiava economia e faceva già la fotomodella da un po’. «Ho pensato che economicamente mi avrebbe potuto portare qualcosa», spiega. Oggi lavora ancora con la piattaforma, dove ha cominciato a caricare anche video porno, e di tanto in tanto appare nei talk show di La7 o su programmi radiofonici come La Zanzara per parlare della propria esperienza come content creator su OnlyFans. Ma dice che, guardandosi indietro, si rende conto di aver sottovalutato l’impatto che varie scelte avrebbero avuto sulla sua vita lavorativa e quotidiana, a partire da quella di pubblicare tutto con il proprio nome e cognome, senza usare uno pseudonimo, e mostrando fin da subito il viso.

«Sono stata un po’ impulsiva nell’aprire il canale, e in tutte le scelte successive. Sicuramente mi ha penalizzata in alcuni aspetti: tutti sanno chi sono, e questo è stato oggettivamente un problema in ambito universitario e poi durante il processo di ricerca di un altro lavoro. Anche solo perché le aziende a cui mandi il curriculum vanno a guardare i tuoi profili sui social. Ogni tanto capita anche che la gente mi riconosca per strada e mi fermi o mi fischi dietro», racconta.

«Penso che rifarei quello che ho fatto, ma sicuramente con più consapevolezza, usando un nome diverso, cercando di nascondermi meglio. Bisogna pensarci bene, comprendere che la tua vita potrebbe stravolgersi completamente», dice Leopardi.

OnlyFans esiste dal 2016 ma è diventato famoso soprattutto durante la pandemia. Permette a content creator di tutti i tipi di condividere testi, foto e video con le persone che si abbonano al proprio canale: nel 2024 aveva 305 milioni di utenti, tra cui più di 4 milioni di content creator. Viene usato da figure professionali di tutti i tipi, ma è diventato particolarmente celebre perché è uno dei siti preferiti da chi vuole condividere contenuti a sfondo sessuale, che sono vietati su quasi tutte le altre piattaforme, soprattutto social. “Avere un OnlyFans”, insomma, è diventato sostanzialmente sinonimo di “pubblicare foto e video porno online in cambio di soldi”.

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Al contempo, su social come Instagram, X e in misura minore TikTok, i creator che si guadagnano da vivere con OnlyFans e siti simili hanno cominciato sempre più spesso a ostentare le ricchezze che hanno ottenuto grazie al loro lavoro: vestiti e auto costose, viaggi in località esotiche, cene e serate di lusso. All’apertura di un proprio OnlyFans, quindi, si è associato anche un certo immaginario desiderabile e l’idea che possa portare soldi facili, veloci e in abbondanza.

Si parla molto meno spesso delle conseguenze sociali, economiche e personali di condividere contenuti di questo tipo online, per quanto solo agli abbonati paganti, per via dello stigma storicamente associato a chi fa sex work. Non sono quindi particolarmente note nemmeno le precauzioni che si possono prendere per cercare di minimizzare queste conseguenze, quando si comincia.

«OnlyFans ha veramente sdoganato tantissimo il porno, e quindi persone anche molto giovani ci si buttano avendo poche informazioni, spesso in autonomia, esponendosi a tantissimi rischi e truffe», spiega Elettra Arazatah, sex worker e attivista che lavora per SWIPE, associazione italiana di sex worker che «combatte lo stigma attraverso il mutuo aiuto, lo scambio di risorse e l’informazione». «Peraltro succede anche che non si rendano conto di essere sex worker. Pensano che non verranno equiparate a delle prostitute, e quindi di non dover affrontare veramente le conseguenze e lo stigma attorno a ciò che stanno facendo, il che è ancora più pericoloso», aggiunge.

Negli ultimi anni, SWIPE ha lavorato a una serie di risorse rivolte esclusivamente a chi fa già sex work, inclusi i creator che pubblicano su siti come OnlyFans. In base alla legge Merlin, del 1958, in Italia la prostituzione non è esplicitamente vietata, ma sono illegali alcune condotte collaterali come sfruttamento, agevolazione o adescamento: condividere risorse e informazioni di questo tipo con le persone che ancora non hanno cominciato a fare le creator, ma che ci stanno pensando, è quindi piuttosto rischioso, perché si rischia di essere accusati di favoreggiamento della prostituzione.

Questo fa sì che trovare consigli o informazioni su come cominciare a produrre contenuti a sfondo sessuale in sicurezza sia particolarmente difficile. Esistono lunghe conversazioni su Reddit che parlano nel dettaglio delle precauzioni da prendere per proteggere la privacy da un punto di vista tecnologico, per esempio, ma sono in inglese, e quindi non comprensibili a tutti. Esistono gruppi Telegram per creator, ma spesso non ci si può entrare se già non lo si fa. È possibile provare a scrivere a chi già lo fa sui social network, ma il settore è molto competitivo, e non tutti sono disposti a prendersi del tempo per aiutare un principiante.

L’impatto che fare sex work può avere sulla vita di qualcuno cambia da individuo a individuo: alcuni hanno famiglie, amici e partner che sostengono la scelta o quantomeno non la giudicano, ma spesso a causa dello stigma si può arrivare a perdere il rapporto con tutti gli affetti e trovarsi in situazioni di forte isolamento. Ci sono intere professioni che sono precluse a chi ha fatto sex work, o quantomeno molto difficili da intraprendere: tutte quelle che hanno a che fare con i bambini, ma anche molte di quelle che richiedono l’iscrizione a ordini professionali che hanno codici etici stringenti. Considerazioni identiche valgono sia per le donne che per gli uomini che hanno un profilo a sfondo sessuale su OnlyFans, anche se le prime sono molto più numerose.

In generale, c’è una discussione in corso tra avvocati del lavoro e dipartimenti di risorse umane sul fatto se sia giustificabile licenziare un dipendente dopo aver scoperto un suo profilo da creator per adulti. Negli ultimi anni, sia in Italia che all’estero, si sono moltiplicate le storie di creator di OnlyFans che hanno perso il proprio lavoro principale una volta che datori di lavoro, colleghi o clienti hanno scoperto il loro profilo. C’è stato il caso della 25enne che lavorava al parco dei divertimenti Gardaland a cui non è stato rinnovato il contratto perché «Gardaland è un posto per famiglie e io invece facevo contenuti per adulti»; quello dell’infermiera di New York che ha raccontato di essere stata licenziata in quanto «distrazione per i colleghi» che avevano cominciato a guardare i suoi video in orario di lavoro dopo averne scoperto il profilo; quelli delle tante maestre e professoresse che sono state sospese o licenziate in relazione ai contenuti che pubblicavano su OnlyFans.

Inoltre, ci sono paesi che negano il visto d’ingresso, anche per scopi turistici, alle persone che fanno o hanno fatto sex work, tra cui gli Stati Uniti.

«Una delle cose basilari da fare quando ci si domanda se aprire OnlyFans è valutare se ne vale davvero la pena», dice Arazatah. «Devi partire dal presupposto che non è facile, e che è per tutta la vita. Se tu associ il tuo nome al porno, lo fai per sempre». Per questo, secondo lei è importante pensarci molto bene prima di intraprendere questa strada, valutando tutte le eventuali alternative, «anche perché le sex worker mostrano una versione molto glamour della propria vita sui social, che non rispecchia la realtà».

A suo avviso, molte persone che si avvicinano al settore pensano che per farsi notare sia necessario mostrare subito il viso per intero o girare scene di sesso penetrativo, mentre esistono molti stratagemmi per mantenere un maggiore anonimato e fare le cose alla propria velocità. Alcune creator, per esempio, nascondono il viso usando mascherine che coprono parte del volto, oppure creano contenuti in cosplay, interpretando personaggi diversi, e tenendo comunque coperta parte della faccia, tatuaggi e altri eventuali segni particolari di riconoscimento.

Una volta che si mostra il volto, nascondere la propria identità da sex worker è particolarmente difficile: da qualche anno esistono siti appositi basati sulle tecnologie di riconoscimento facciale che servono proprio a trovare l’identità personale di attori porno e creator per adulti di ogni tipo, soprattutto a fine di estorsione.

Per lo stesso motivo molte creator inventano un nome d’arte e separano i profili social personali da quelli utilizzati per lavoro, anche se questo può comportare degli svantaggi economici. Molte ragazze si rendono conto che potrebbero guadagnare soldi con i contenuti su OnlyFans proprio perché hanno un profilo Instagram personale molto seguito e apprezzato, e vogliono monetizzare quell’attenzione.

Oltre all’isolamento e alle ripercussioni sulla vita sociale e lavorativa, uno dei rischi che si tende a sottovalutare è quello di attirare l’attenzione di uno o più stalker, anche perché spesso tra creator e follower si instaura un rapporto parasociale: alcuni follower credono di avere un rapporto personale autentico e privilegiato con la creator, con cui magari hanno lunghe conversazioni in chat e per la quale spendono molti soldi, e sentono di aver diritto a maggiori confidenze e attenzioni da parte loro. La creator britannica Abby Furness, per esempio, ha raccontato che uno dei suoi abbonati su OnlyFans si è presentato a casa sua con una bottiglia di champagne per festeggiare il giorno del suo 21esimo compleanno nonostante lei non gli avesse mai comunicato il suo indirizzo né la data del compleanno: per mesi, poi, l’uomo l’ha seguita, presentandosi sul suo posto di lavoro e raggiungendola anche all’estero durante una vacanza.

Considerato come ogni dettaglio che si condivide online può essere usato per mettere insieme informazioni personali come l’indirizzo di casa, tra sex worker circolano molti consigli per minimizzare la possibilità che qualcuno scopra l’indirizzo di casa propria o altre informazioni sensibili. Uno è di evitare sempre di inquadrare finestre o altri dettagli – come specifici quadri, o anche gli animali domestici che si hanno in casa – nei video e nelle foto condivisi coi follower. Per lo stesso motivo c’è chi consiglia di usare una VPN (un servizio che permette di fingere di connettersi da un posto diverso da quello in cui ci si trova), e di imparare a eliminare i metadati dai contenuti che si intende caricare.

«Le persone spesso sono convinte che le cose che pubblicano rimarranno perlopiù private, ma non è così», spiega Arazatah. Nella sua esperienza, c’è molta confusione soprattutto rispetto alle chat protette da crittografia end-to-end, un tipo di cifratura dei dati che fa sì che i gestori di vari servizi digitali non possano mai accedere al contenuto dei messaggi che gli utenti si scambiano attraverso i loro servizi, particolarmente prezioso per chi usa internet per scambiarsi foto private, dati sensibili e altre informazioni che potrebbero essere usate per ricattarli.

«Non sanno che i messaggi diretti su OnlyFans non sono criptati, e neanche quelli su Instagram. Non pensano al fatto che i messaggi su WhatsApp sono criptati ma poi vengono caricati su Google Drive per fare il backup, e il backup non è automaticamente criptato», dice Arazatah. «Né i clienti né i creator hanno la minima idea di come funzioni la tecnologia che usano, e si mettono nei guai».

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Un altro aspetto che si sottovaluta spesso quando si sceglie di aprire un account OnlyFans è quello del leaking, ovvero della condivisione non consensuale di contenuti che sono pensati per essere accessibili solo a chi ha pagato per iscriversi a un canale, o per ottenere un video personalizzato. «Il leaking non va neanche considerato come rischio: è una cosa che succederà sicuramente», dice Arazatah. «Quando si fa un’analisi dei rischi, bisogna considerare che un 10-20 per cento dei contenuti verrà diffuso gratuitamente, e c’è pochissimo che si può fare: le agenzie che si occupano di rimuovere i contenuti rubati costano un sacco di soldi».

In questo contesto di grandi rischi spesso poco discussi in pubblico, molte creator concordano sul fatto che il principale modo per proteggersi è stringere quanti più rapporti possibili con altre persone che lavorano nel settore. «La tecnologia cambia in continuazione, e le conseguenze negative ci saranno sempre, è inevitabile: l’unico modo per ammortizzarle è avere una rete a cui chiedere aiuto», dice Arazatah. Per esempio, negli ultimi anni si è diffuso molto il fenomeno delle agenzie, spesso basate all’estero, che contattano le creator per offrire loro di gestire una parte del lavoro, come il marketing, il montaggio video o le interazioni con gli utenti via chat.

Queste agenzie, però, si muovono in un’area grigia da un punto di vista legale, dato che alcune delle prestazioni che offrono possono essere interpretate come favoreggiamento della prostituzione in base alla legge Merlin. Chi le gestisce, poi, tende ad approfittarsi della giovane età o dell’ingenuità delle persone che contatta per sfruttarle o truffarle. Avere molti amici nel settore aiuta quindi a identificare le agenzie che lavorano in modo onesto (per quanto sempre illegale), e quali invece hanno una cattiva reputazione. Giulia Leopardi, per esempio, racconta di essersi trovata molto male con un’agenzia che gestiva il suo profilo, rispondendo ai messaggi dei follower e sponsorizzandolo. «Hanno rubato i miei contenuti e li hanno rivenduti», dice. «L’ho scoperto perché li ho ritrovati su dei gruppi Telegram, e quei video li avevamo solo io e l’agenzia, quindi è stato facile ricondurli a loro».

«Spesso succede tutto molto in fretta, e le persone non hanno sempre il tempo di ragionare e capire cosa sta succedendo, non sanno se sono pronte a fare quel lavoro né come funziona un business plan», dice Livia, che ha aperto un profilo su OnlyFans durante la pandemia e oggi fa l’attrice porno professionista con il nome d’arte BambiMaso. «Io consiglio di non prendere decisioni basate sul puro guadagno, di non dire “cavolo, dicendo di sì a questa cosa posso avere subito 2 o 3mila euro”. Devi prenderti un attimo per ricordarti che ci sei tu, c’è il tuo corpo, c’è quello che vuoi fare davvero e ciò che non ti va di fare».

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