Le inchieste sulla pandemia non sono finite
Una delle ultime ancora aperte riguarda l’aggiornamento del piano pandemico, per cui è stata chiesta l’imputazione coatta di quattro dirigenti del ministero della Salute

La giudice per le indagini preliminari del tribunale di Roma, Anna Maria Govoni, ha disposto l’imputazione coatta per Ranieri Guerra, che tra il 2014 e il 2017 è stato direttore generale del dipartimento prevenzione al ministero della Salute. Guerra è accusato insieme ad altri tre dirigenti del ministero di non aver aggiornato il piano pandemico tra il 2006 e il 2017, un documento che indica la strategia sanitaria da adottare nell’eventualità di una pandemia.
L’inchiesta è partita dalle indagini portate avanti dalla procura di Bergamo per ricostruire le responsabilità e le decisioni prese nella gestione dell’epidemia, soprattutto nella sua fase iniziale: Bergamo è stata una delle province con il più alto numero di morti da coronavirus in Italia. Quasi tutti i filoni d’inchiesta aperti dalla procura sono stati archiviati per insufficienza di prove. Anche in questo caso la procura di Roma, a cui era stata passata l’indagine, aveva chiesto l’archiviazione a cui però si è opposta la giudice per le indagini preliminari.
L’imputazione coatta è un provvedimento con cui il tribunale impone (da cui l’aggettivo “coatta”, cioè “obbligata”) alla procura di esercitare l’azione penale, ovvero di chiedere il rinvio a giudizio delle persone indagate. A questo punto verrà nominato un giudice per l’udienza preliminare (GUP) che dovrà decidere se disporre l’inizio del processo o emettere una sentenza di non luogo a procedere, cioè quella che stabilisce di non fare il processo. Quest’ultima è un’eventualità rara.
La procura di Bergamo iniziò a occuparsi dell’aggiornamento del piano pandemico nel 2020 in seguito alla pubblicazione di un documento da parte dell’OMS, l’organizzazione mondiale della sanità. Era stato realizzato dall’ufficio europeo dell’OMS di Venezia e si intitolava «Una sfida senza precedenti. La prima risposta dell’Italia al Covid». Lo studio evidenziava sia le buone prassi che gli errori commessi dall’Italia nella gestione della pandemia: sosteneva tra le altre cose che il piano pandemico italiano più recente, quello del 2017, fosse in sostanza lo stesso piano del 2006, e che il ministero non l’avesse aggiornato.
Lo studio rimase pubblico soltanto 24 ore prima di essere rimosso. Francesco Zambon, coordinatore nella sede veneziana dell’OMS, disse di aver ricevuto pressioni da Ranieri Guerra – all’epoca direttore vicario dell’OMS – per modificare lo studio scrivendo che il piano pandemico era stato aggiornato nel 2016 e che quindi non era quello del 2006.
Nell’aprile del 2021 Guerra era stato indagato per false dichiarazioni ai pubblici ministeri della procura di Bergamo, un’accusa poi archiviata. È rimasta l’ipotesi del reato di omissione o rifiuto di atti d’ufficio in relazione al mancato aggiornamento del piano pandemico, obbligatorio per legge. Il giudice per l’udienza preliminare dovrà decidere se aprire un processo. Secondo l’avvocato di Guerra, Roberto De Vita, la decisione del tribunale è in «palese contrasto» con l’esito delle indagini e la valutazione della procura di Roma che aveva chiesto l’archiviazione.
Sempre in merito alla gestione della pandemia, nel 2023 il tribunale dei ministri di Brescia ha archiviato le posizioni dell’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte e dell’ex ministro della Salute Roberto Speranza, che erano indagati per omicidio colposo ed epidemia colposa. L’inchiesta si basava sulla mancata istituzione della cosiddetta “zona rossa” nei comuni di Alzano Lombardo e Nembro a marzo del 2020 e sull’applicazione del piano pandemico.