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  • Venerdì 24 maggio 2024

Al Milan Stefano Pioli ha iniziato male e finito male: ma c’è stato il mezzo

In quasi cinque anni l'allenatore ha cambiato nettamente la percezione e le ambizioni della squadra, ma ha perso alcune partite decisive e soprattutto molti derby contro l'Inter

di Gianluca Cedolin

Dopo la vittoria dello Scudetto del 2022, il diciannovesimo nella storia del Milan, Pioli se l'è tatuato sul braccio sinistro (AP Photo/Martin Meissner)
Dopo la vittoria dello Scudetto del 2022, il diciannovesimo nella storia del Milan, Pioli se l'è tatuato sul braccio sinistro (AP Photo/Martin Meissner)

La partita di sabato sera contro la Salernitana, a San Siro, sarà l’ultima in cui Stefano Pioli allenerà il Milan. Il club e l’allenatore hanno già comunicato di essersi accordati per una risoluzione consensuale del contratto, che sarebbe dovuto durare un altro anno. Pioli lascerà il Milan dopo quasi cinque anni, un periodo lungo e intenso nel quale ha riportato la squadra tra le prime quattro della Serie A, poi allo Scudetto e infine in semifinale di Champions League, ma ha anche subito diverse sconfitte pesanti, soprattutto quelle nei derby contro i rivali cittadini dell’Inter.

La valutazione di questi anni è da mesi molto dibattuta, sia dai tifosi che da giornali e commentatori sportivi. Da un lato è innegabile che con Pioli il Milan abbia cambiato dimensione, tornando a essere una squadra competitiva, in certi momenti esaltante anche nel gioco. Dall’altro però le ultime due stagioni, anche a causa di diversi incastri (ci arriveremo), in fin dei conti sono state deludenti e faticose, per la squadra e per i tifosi.

L’esperienza di Pioli al Milan può essere divisa in due parti. La prima, quella che va dall’autunno del 2019 alla vittoria dello Scudetto del 2022, molto positiva, caratterizzata da una crescita costante della squadra, dei giocatori, dell’entusiasmo dei tifosi; la seconda invece più crepuscolare, durante la quale l’allenatore è sembrato perdere con il tempo le qualità che lo avevano reso uno dei migliori del campionato, a livello sia calcistico sia comunicativo. Pioli lascerà il Milan con i tifosi scontenti e sfiduciati, allo stesso modo in cui li aveva trovati quando arrivò nel 2019. In mezzo, però, c’è stato molto altro.

Stefano Pioli, 58 anni, ha allenato il Milan per 239 partite, con 132 vittorie, 52 pareggi e 55 sconfitte, prima dell’ultima di campionato (Alessandro Sabattini/Getty Images)

Stefano Pioli arrivò al Milan nell’ottobre del 2019 per sostituire Marco Giampaolo, che allenava la squadra da pochi mesi ma nelle prime sette partite di campionato ne aveva perse quattro. In quel periodo il Milan stava faticosamente cercando di uscire dalla cosiddetta “banter era”, un periodo di ridimensionamento e di risultati pessimi e inusuali rispetto alla sua storia precedente, cominciato verso la fine del 2013. “Banter era” può essere tradotto come “era degli sfottò”, dall’inglese banter, prendere in giro, ed è una locuzione che si è diffusa per descrivere la situazione del Milan (ma anche dell’Inter, e forse di tutta la Serie A) a metà degli anni Dieci, quando era diventata una squadra quasi ridicola, se paragonata alla sua storia ricca di successi (nel 2015 arrivò decima in campionato).

Pioli non sembrava la persona in grado di risollevare il Milan, veniva considerato un ripiego, scelto da una società senza ambizioni in un periodo dell’anno in cui generalmente non ci sono molti allenatori di primo piano disponibili. Fino a quel momento aveva avuto una carriera di buon livello, con qualche picco come il nono posto con il Bologna nel 2012 e il terzo con la Lazio nel 2014, e aveva mostrato idee di gioco abbastanza moderne e propositive. Non era comunque considerato un allenatore vincente. In più, nel 2016-2017 aveva allenato l’Inter, e anche per questo i tifosi del Milan non lo accolsero bene: sui social media, in particolare su Twitter, si diffuse molto l’hashtag #pioliout, “via Pioli”.

Il Milan cominciò a giocare un po’ meglio rispetto alle prime partite fatte con Giampaolo, ma rimase comunque una squadra lontana dalle prime posizioni e nel dicembre 2019 perse 5-0 in casa dell’Atalanta, una sconfitta che sembrò l’ennesimo “punto più basso” raggiunto dal club. Tutto cambiò dopo la prima ondata di Covid-19, quella che costrinse la Serie A a fermarsi per tre mesi tra marzo e giugno 2020 e a ripartire all’inizio dell’estate per le ultime dodici giornate. Il Milan vinse nove di quelle partite e ne pareggiò tre, ottenendo risultati importanti e inaspettati come la vittoria per 4-2 contro la Juventus (una cosa molto rara, in quegli anni) e quella per 3-0 in casa della Lazio, che all’epoca era seconda in classifica.

In maniera un po’ improvvisa, il Milan sembrò una squadra migliore, molto in forma fisicamente e con un gioco offensivo e imprevedibile. Anche per questo, a quattro giornate dalla fine del campionato la dirigenza decise di confermare Pioli per la stagione successiva. Fu un po’ una sorpresa, perché il Milan si era praticamente già accordato per cominciare il nuovo anno con l’allenatore tedesco Ralf Rangnick, ma il direttore dell’area tecnica Paolo Maldini e il direttore sportivo Frederic Massara convinsero la proprietà a tenere Pioli.

Sembrò subito la scelta giusta, perché il Milan iniziò la stagione 2020-2021 come aveva finito quella prima. Nelle prime quindici partite di campionato ottenne dieci vittorie e cinque pareggi e arrivò a 27 partite consecutive senza sconfitte in Serie A, considerata anche la stagione precedente. Alcune di queste vittorie, il 2-1 nel derby contro l’Inter e il 3-1 fuori casa contro il Napoli, furono particolarmente significative perché mostrarono che il Milan era finalmente in grado di essere competitivo contro le squadre più forti.

L’esultanza dei giocatori del Milan dopo un gol nel 3-1 ottenuto in casa del Napoli il 22 novembre 2020 (Francesco Pecoraro/Getty Images)

Messi nelle condizioni ideali dalle idee tattiche di Pioli e forse anche dall’assenza dei tifosi negli stadi per via della pandemia (in un periodo in cui spesso il Milan veniva fischiato dal suo pubblico), cominciarono a farsi notare diversi giocatori come Theo Hernández, Franck Kessié, Ismaël Bennacer e, da gennaio, Fikayo Tomori. L’allenatore trovò il giusto equilibrio tra calciatori giovani (c’erano anche Gianluigi Donnarumma, Sandro Tonali, Brahim Díaz) e un calciatore molto esperto e carismatico come Zlatan Ibrahimovic, che era tornato al Milan nel gennaio del 2019. Trentanovenne, Ibrahimovic fu il trascinatore della squadra nel girone di andata, che il Milan chiuse in testa alla classifica.

Nel ritorno le cose però peggiorarono un po’ per il Milan e col tempo venne fuori la superiorità dell’Inter allenata da Antonio Conte, una squadra più esperta e pronta per vincere. Anche a causa di molti infortuni (una costante di questi anni, per la quale molti tifosi del Milan incolpano anche Pioli e il suo staff, responsabili della preparazione atletica), il Milan subì alcune sconfitte decisive e perse punti rispetto all’Inter, che vinse con merito lo Scudetto. All’ultima giornata, comunque, riuscì a vincere 2-0 in casa dell’Atalanta e a chiudere al secondo posto in classifica, qualificandosi per la Champions League per la prima volta dopo sette stagioni.

Le aspettative e il clima intorno al Milan cominciarono a cambiare e questa percezione si rafforzò all’inizio della stagione 2021-2022, che partì ancora meglio, con dieci vittorie nelle prime undici partite. Il Milan stava diventando una squadra molto divertente da veder giocare, che ogni partita proponeva delle cose nuove, in cui i giocatori giovani potevano esprimersi al meglio. A metà stagione, quando gli stadi riaprirono con la massima capienza, San Siro tornò a riempirsi come non succedeva da anni. Nei due campionati appena conclusi, la media degli spettatori presenti alle partite in casa del Milan è stata superiore ai settantamila, una cifra che non veniva raggiunta dalla stagione 1992-1993.

La coreografia di San Siro prima di Milan-Atalanta 2-0 del 15 maggio 2022 (ANSA / MATTEO BAZZI)

Quando, il 5 febbraio del 2022, il Milan vinse in rimonta il derby contro l’Inter grazie a una doppietta dell’attaccante francese Olivier Giroud (arrivato l’estate prima dal Chelsea), i tifosi cominciarono davvero a credere di poter vincere lo Scudetto, un obiettivo fino a quel momento ritenuto molto difficile. Il finale di quel campionato fu molto combattuto, perché Inter e Milan restarono praticamente sempre alla pari. Delle ultime undici partite, il Milan ne vinse otto e ne pareggiò tre, subendo appena due gol. Fu un crescendo in cui la squadra, pur giovane e non abituata a vincere, si dimostrò pronta a farlo e sembrò anzi andare un po’ oltre le sue possibilità. In un clima molto positivo e di fiducia che coinvolse un po’ tutte le parti – l’allenatore, i giocatori, la dirigenza e i tifosi – la squadra fu spinta fino alla partita decisiva del 22 maggio 2022.

A Reggio Emilia, in casa del Sassuolo, il Milan poteva anche pareggiare per restare davanti all’Inter e vincere il campionato: alla fine del primo tempo stava già vincendo 3-0, con la doppietta di Giroud e il gol di Kessié. Tutti e tre i gol arrivarono su assist dell’attaccante portoghese Rafael Leão, un altro dei giovani calciatori lanciati e valorizzati da Stefano Pioli, che quell’anno fu premiato come miglior giocatore della Serie A.

Fu uno Scudetto molto festeggiato perché era un titolo che mancava da undici anni, perché fu vinto con due punti di vantaggio sui rivali cittadini e soprattutto perché fu inatteso, visto che il Milan non era considerata la squadra favorita (c’era l’Inter, soprattutto, ma anche la Juventus). Vincere con una squadra giovane, anche se non talentuosa come i Milan vincenti del passato, e farlo dopo anni molto negativi, portò grandissimo entusiasmo tra i tifosi. In decine di migliaia riempirono piazza Duomo sia il giorno della partita sia quello successivo, quando la squadra arrivò a bordo del bus scoperto per festeggiare il diciannovesimo Scudetto della storia del Milan.

Tanti calciatori giocarono un campionato eccezionale, da Theo Hernandez a Leão, fino a Giroud, Tonali e al nuovo portiere, il francese Mike Maignan. Tra i tifosi però il coro più gettonato fu quello che diceva Pioli is on fire, cantato sulle note della canzone Freed from Desire di Gala, a testimonianza di come venisse considerato il primo responsabile di quel successo, la persona che aveva finalmente riportato il Milan a vincere.

– Leggi anche: Il ritornello più cantato dello sport contemporaneo

La festa di Pioli e dei giocatori del Milan con i tifosi per la vittoria del diciannovesimo Scudetto (LaPresse)

Considerate le premesse, lo Scudetto del 2022 sembrava potesse essere l’inizio di un ciclo, cioè di un periodo di vittorie più duraturo. La stagione 2022-2023 andò tutto sommato bene fino a che il campionato non si fermò per un mese e mezzo, tra novembre e dicembre, per i Mondiali in Qatar. Fino a quel momento, il Milan aveva vinto contro l’Inter e contro la Juventus e, nonostante il Napoli stesse andando alla grande, era ancora in corsa per lo Scudetto. In Champions League, poi, il Milan passò il girone e si qualificò agli ottavi di finale nove anni dopo l’ultima volta.

Come la sosta causata dalla pandemia, anche quella per il Mondiale cambiò qualcosa nel Milan, ma questa volta in peggio. L’8 gennaio la squadra era in vantaggio per 2-0 contro la Roma ma subì due gol nei minuti finali e pareggiò 2-2. La partita successiva arrivò un altro 2-2, contro il Lecce, e nelle successive tre partite il Milan perse 4-0 contro la Lazio, 5-2 in casa contro il Sassuolo e 1-0 contro l’Inter. All’improvviso, sembrò che non fosse rimasto niente della squadra intensa e divertente della stagione precedente.

Pioli non riuscì a far inserire bene i nuovi acquisti, su tutti il trequartista belga Charles De Ketelaere, che invece quest’anno con l’Atalanta ha dimostrato di essere un ottimo calciatore per la Serie A. A differenza del passato, l’allenatore del Milan non sembrava più in grado di preparare bene le partite, di creare cioè una strategia adatta a sorprendere gli avversari. Il Milan, insomma, è sembrato a molti essere tornato alla banter era: lento, prevedibile, grigio. Anche la comunicazione di Pioli peggiorò notevolmente. Se nei primi anni aveva sorpreso anche per il suo modo brillante e coinvolgente di parlare di calcio, in quel periodo apparve spesso presuntuoso, quasi seccato dal fatto che i giornalisti gli chiedessero conto del brutto momento del Milan.

Oltre alle sconfitte in campionato, nel gennaio del 2023 arrivò anche l’eliminazione dalla Coppa Italia agli ottavi di finale contro il Torino, in una partita giocata dal Milan in casa e per buona parte in 11 contro 10, e soprattutto la Supercoppa italiana persa 3-0 contro l’Inter. Fu l’inizio di una serie di sconfitte nei derby che probabilmente più di ogni altra cosa ha intaccato il rapporto tra Pioli e i tifosi, che danno molta importanza alla rivalità con l’Inter. Dal gennaio 2023 il Milan ha perso sei derby su sei, segnando due gol e subendone quattordici. Pioli è diventato il primo allenatore a perdere sei derby di Milano consecutivi e anche quello con più sconfitte in assoluto nei derby (dieci).

Stefano Pioli con Charles De Ketelaere (EPA/Isabel Infantes)

Dopo quell’inizio di 2023 molto negativo, comunque, il Milan riuscì a ripartire. Non in campionato, dove ormai il distacco dal Napoli era troppo ampio, e dove il Milan terminò quarto (anche grazie alla penalizzazione subita dalla Juventus), ma in Champions League. Agli ottavi di finale eliminò il Tottenham con due partite difensivamente eccellenti, vincendo 1-0 in casa e pareggiando 0-0 fuori casa a Londra. Ai quarti di finale, il Milan fu sorteggiato contro il Napoli e le due partite si giocarono pochi giorni dopo la partita di ritorno di campionato tra le due squadre.

Quelle settimane furono probabilmente le migliori di tutta la stagione del Milan, che vinse 4-0 in campionato, poi 1-0 all’andata in Champions League, e pareggiò 1-1 a Napoli, qualificandosi per le semifinali per la prima volta dal 2007, anno in cui poi vinse per la settima volta la coppa. In quelle tre partite, Pioli si dimostrò più brillante dell’allenatore avversario, Luciano Spalletti, che pure quell’anno fece giocare il Napoli in maniera eccezionale per gran parte della stagione. Fino a tre, quattro anni prima, nemmeno il più ottimista dei tifosi poteva immaginare che il Milan sarebbe riuscito in due anni a vincere lo Scudetto e ad arrivare in semifinale di Champions. Il problema, però, è che in semifinale il Milan incontrò l’Inter.

In precedenza le due squadre si erano affrontate altre due volte nella massima competizione europea e il Milan aveva passato il turno in entrambi i casi: in semifinale nel 2003, quando poi vinse la coppa battendo in finale la Juventus, e ai quarti di finale nel 2005. Lo scorso anno, però, l’Inter vinse in maniera molto netta: all’andata la squadra allenata da Simone Inzaghi dominò, segnando due gol nei primi undici minuti e andando vicina molte volte al terzo. Alla fine vinse 2-0, mentre al ritorno vinse ancora, 1-0, eliminando il Milan (l’Inter perse poi la finale contro il Manchester City).

Fu uno smacco per i tifosi, soprattutto per come erano arrivate quelle sconfitte, in partite quasi senza storia, in cui la superiorità dell’Inter e della strategia di Inzaghi fu molto evidente. Fosse uscito contro qualsiasi altra squadra, anche malamente, la Champions League del 2022-2023 sarebbe stata ricordata probabilmente come un successo. In questi due anni il derby è diventato per i tifosi del Milan una specie di giorno della marmotta, una partita che si ripete in maniera sempre uguale e che il Milan non sembra avere proprio gli strumenti per vincere.

Stefano Pioli dopo il derby del 16 settembre 2023, perso 5-1 dal Milan (AP Photo/Antonio Calanni)

La scorsa estate la nuova proprietà del Milan decise di licenziare Maldini e Massara, che erano stati i principali sostenitori di Pioli all’interno della dirigenza. Pioli si ritrovò così ad avere probabilmente un’influenza maggiore nelle scelte della società, ma anche a essere più solo, più esposto alle critiche e con maggiori responsabilità. La valutazione di quest’ultima stagione del Milan è stata abbastanza divisiva. Nel campionato italiano la squadra è arrivata seconda, dietro solo all’Inter che ha dominato la Serie A, mentre a livello internazionale è arrivata terza in un girone di Champions League abbastanza complicato e poi è uscita ai quarti di finale di Europa League. Detta così, potrebbe sembrare una stagione tutto sommato positiva: se però si guarda al modo in cui il Milan l’ha affrontata e in cui sono arrivate certe sconfitte, è difficile definirla tale.

Innanzitutto, il Milan non è mai stato davvero in corsa per lo Scudetto, perché il distacco con l’Inter ha cominciato a essere sostanzioso quasi da subito. Poi ha perso altri due derby (uno addirittura 5-1) e anche in Europa League è uscito male, perdendo nettamente sia all’andata sia al ritorno contro la Roma, che pure era considerata sfavorita. In generale, il Milan quest’anno è sembrato una squadra poco equilibrata, sia in campo sia fuori. In Serie A ha subìto quarantasei gol in trentasette partite, tanti per una squadra di vertice: ci sono solo nove squadre che ne hanno subiti di più.

Nonostante i molti nuovi acquisti arrivati in estate, alcuni dei quali hanno giocato una stagione piuttosto positiva (Christian Pulisic, Tijjani Reijnders, Ruben Loftus-Cheek), la squadra non è mai riuscita ad alzare il suo livello nelle partite più importanti, contro le squadre più forti. La vittoria in Champions League contro il Paris Saint-Germain è stata una delle poche eccezioni. Il Milan, insomma, ha vinto tante partite giocate contro le squadre più deboli (e infatti in campionato ha comunque fatto più punti di tutti, Inter esclusa), ma ha spesso perso quelle contro le squadre di livello pari o superiore, una cosa che invece nei primi anni di Pioli non accadeva spesso. Dal punto di vista del gioco poi il Milan è sembrato peggiorato rispetto agli anni precedenti, più prevedibile e molto meno entusiasmante, anche nelle partite vinte, e questo ha pesato nel giudizio dei tifosi.

Casualmente, poi, il derby di ritorno è arrivato proprio nel giorno in cui l’Inter, vincendo, si è assicurata aritmeticamente lo Scudetto: ancor più significativo perché è stato il ventesimo, e in questo modo ha superato proprio il Milan che ne ha vinti diciannove. Prima del 22 aprile 2024 non era mai successo che una delle due milanesi vincesse il campionato il giorno del derby: l’Inter ha vinto 2-1 e ha potuto festeggiare il titolo a San Siro, in un’altra giornata difficile da dimenticare per le due tifoserie, in positivo per l’Inter, in negativo per il Milan.

Il derby del 22 aprile è finito male in tutti i sensi per il Milan, che ha ricevuto anche due espulsioni (Francesco Scaccianoce/Getty Images)

Stefano Pioli è stato probabilmente sfortunato a incrociare così tante volte l’Inter di recente e ha avuto la colpa di non riuscire a invertire questa tendenza nei derby. In generale, nelle ultime due stagioni è sembrato sempre meno in grado di trasmettere energie e idee nuove ai suoi giocatori, una cosa che due anni fa lo aveva reso uno dei migliori allenatori italiani: in questi casi nel calcio si dice spesso che “è finito il ciclo”, per riassumere una mancanza di idee nuove, motivazioni e risultati. Dopo quasi cinque anni è anche comprensibile che sia così. Nelle ultime partite giocate dal Milan a San Siro la curva del Milan ha deciso di non cantare o sostenere la squadra con il tifo, in protesta soprattutto contro la società accusata di non avere le idee chiare sul futuro.

All’ultima di campionato, sabato sera contro la Salernitana, tornerà a farlo per salutare due giocatori importanti che se ne andranno, il difensore Simon Kjaer e l’attaccante Olivier Giroud, ma anche Stefano Pioli. Ora che lascerà la squadra, potrà essere ricordato in modo ambivalente: per qualcuno sarà l’allenatore che ha fatto uscire il Milan dalla banter era, protagonista di uno degli Scudetti più belli e inaspettati, per altri invece sarà quello che ha perso più derby di tutti, che ha subìto eliminazioni deludenti e non ha saputo ripetere l’exploit del 2022. Comunque la si guardi, resterà uno degli allenatori più importanti e influenti della storia recente del Milan.