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  • Mercoledì 10 maggio 2023

Perché nel calcio si dice “derby”?

C'entra forse l'ippica o forse il calcio medievale, e in entrambi i casi c'è di mezzo una città inglese

Romelu Lukaku e Zlatan Ibrahimovic nel derby di Milano (Getty Images)
Romelu Lukaku e Zlatan Ibrahimovic nel derby di Milano (Getty Images)
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Nel calcio, e talvolta anche in altri sport, il derby è una partita tra due squadre di una stessa città o, per estensione, due squadre di una stessa area geografica, in genere legate da una particolare rivalità. Dal derby di Milano a quello di Roma, passando per migliaia di derby più piccoli, talvolta perfino tra frazioni di uno stesso piccolo comune, per arrivare fino alla partita tra Juventus e Inter, il “derby d’Italia”.

I derby sono ovunque, non solo in Italia, e l’uso della parola è attestato in italiano da quasi un secolo. Tuttavia non è del tutto chiaro come e perché si iniziò, prima nel Regno Unito e poi anche in Italia, a definire derby un certo tipo di incontro calcistico. Forse c’entra l’ippica, forse una antica, sregolata e violenta sfida cittadina di un calcio che si giocava con le mani, o forse queste due cose messe insieme. Di certo c’entra qualcosa la città di Derby, nella contea inglese del Derbyshire: una città che peraltro ha una sola squadra di calcio, il Derby County, la cui rivalità più sentita è con il Nottingham Forest, squadra di un’altra città e di una diversa contea.

I tifosi del Nottingham Forest durante un derby con il Derby County (Nathan Stirk/Getty Images)

La città di Derby ha 250mila abitanti e sta nel mezzo dell’Inghilterra, vicino a Nottingham e Leicester, a metà strada tra Sheffield e Birmingham. Si pensa che il suo nome possa derivare da un parola norrena che significava “villaggio del cervo” e da cui deriverebbe a sua volta il suo antico nome romano Derventio; oppure che abbia invece a che fare con il nome del fiume Derwent che l’attraversa, che deriverebbe invece dalla lingua celtica e avrebbe a che fare con la grande presenza di querce da quelle parti.

Una prima ipotesi sul perché certe partite di calcio siano chiamate derby deriva dalla tradizione, di origine medievale e ancora oggi presente in certe aree dell’Inghilterra, e in particolare del Derbyshire, di organizzare una volta l’anno, in genere prima che inizi la quaresima cristiana, grandi e caotiche sfide tra due squadre o fazioni, talvolta composte da centinaia di persone. Sfide che possono durare giorni, in cui in genere c’è un pallone di mezzo e nelle quali l’obiettivo è conquistarlo e portarlo in un determinato luogo.

Oggi la più importante tra queste sfide – che hanno molto a che fare con il calcio medievale o il “calcio delle folle” e pochissimo con il calcio moderno – è il Royal Shrovetide Football di Ashbourne, cittadina del Derbyshire di circa settemila abitanti.

Un momento del Royal Shrovetide Football (Peter Macdiarmid/Getty Images)

Nel Diciannovesimo secolo era invece molto più sentito l’incontro organizzato ogni anno il martedì grasso a Derby, in cui a sfidarsi erano gli appartenenti a due parrocchie che identificavano due aree rivali della città. La sfida fu descritta già da alcuni contemporanei come «barbara e disgustosa», e un francese che si trovò ad assisterla scrisse in seguito: «Se gli inglesi chiamano “gioco” questa cosa, non mi riesce di immaginare cosa possa essere per loro la lotta». La sfida fu avversata per anni, poi sospesa, finché nella seconda metà del Diciannovesimo secolo, dopo qualche tentativo di mantenere la tradizione, finì con l’essere dimenticata dai più.

L’ipotesi di chi crede che sia da qui che arrivi il sostantivo “derby” si basa sul fatto che era appunto una sentitissima sfida campanilistica tra due fazioni cittadine, con un pallone nel mezzo: veniva infatti messo nel centro della città, e l’obiettivo di ognuna delle due fazioni era conquistarlo e portarlo nella propria parrocchia.

L’altra ipotesi ha invece a che fare con le corse di cavalli organizzate da Edward Smith-Stanley, XII conte di Derby, che nel Diciottesimo secolo ne organizzò alcune in particolare riservate a purosangue di meno di tre anni. Forse come conseguenza diretta del fatto che fu lui a organizzarla (seppur non nella città di Derby) o in seguito al lancio di una monetina tra lui e un certo Thomas Charles Bunbury, quel tipo di competizione ippica iniziò a essere identificata col nome di derby, in uso ancora oggi (il Kentucky Derby, per esempio, è la più nota corsa di cavalli degli Stati Uniti e una delle più prestigiose al mondo).

Un momento del Kentucky Derby (Jamie Squire/Getty Images)

Passarono tuttavia diversi anni prima che il calcio si affermasse, e con esso le partite tra squadre della stessa città. Non è chiaro quindi come si iniziò a parlare di derby anche nel calcio britannico, e se il riferimento furono le sfide tra cavalli o quelle tra persone interessate a vincere una sfida per la propria parrocchia.

Non è chiaro nemmeno come “derby” arrivò in Italia, dove i primi usi della parola sui giornali furono negli anni Trenta, quando ancora si parlava di «cosiddetti derby», e in genere si scriveva la parola tra virgolette. L’uso si rafforzò senz’altro nel secondo dopoguerra: già nel 1947 un titolo del Corriere della Sera parlò per esempio di «Derby della Madonnina» tra Milan e Inter. Più o meno nello stesso periodo, sempre in Italia, si iniziò a parlare anche di “stracittadine” quando a sfidarsi erano squadre della stessa città.

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