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  • Domenica 26 febbraio 2023

Il “calcio” inglese che si “gioca” con le mani

È simile al calcio storico fiorentino, ma più caotico, ed è praticato in alcune città per la fine del carnevale

di Gabriele Gargantini

(Christopher Furlong/Getty Images)
(Christopher Furlong/Getty Images)
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Nei giorni del martedì grasso e del mercoledì delle ceneri, con i quali per il calendario cristiano finisce il carnevale e inizia la quaresima pasquale, in alcune città inglesi si organizzano da secoli grandi e caotiche sfide, in genere tra due squadre o fazioni, il cui obiettivo è conquistare una palla o portarla fino a un determinato luogo. Queste pratiche ricordano per molti versi quella del calcio storico fiorentino, con il quale hanno anzitutto in comune il fatto di differenziarsi molto dal calcio moderno. Hanno invece qualche affinità in più, quantomeno a livello concettuale, con il rugby, anche solo per il fatto che si usano moltissimo le mani, non solo per colpire la palla.

Per chi le pratica e per chi se ne interessa, queste attività sono folcloristiche e dagli importanti significati metaforici e identitari, né più né meno del Palio di Siena o della Battaglia delle arance di Ivrea. Nella più famosa tra queste attività, il Royal Shrovetide Football, la palla deve essere conquistata e portata a un paio di chilometri di distanza, e il modo più comune per farlo è la creazione di una grande mischia collettiva anche nota come the hug, l’abbraccio.

Il Royal Shrovetide del 22 febbraio 2023 (Cameron Smith/Getty Images)

C’è però anche chi le ritiene attività anacronistiche, pericolose e brutali; un pretesto per picchiarsi in una generale impunità. Una posizione che è quasi impossibile non avere se si guarda il video (piuttosto condiviso nelle ultime ore) dei calci e dei pugni dati e ricevuti martedì da alcuni partecipanti all’Atherstone Ball Game.

Sia il Royal Shrovetide Football che l’Atherstone Ball Game sono due forme di calcio medievale, o “mob football”, il calcio delle folle, eredità di un periodo in cui le sfide riguardanti una palla e molte persone interessate a prenderla erano piuttosto diffuse in Inghilterra ma anche altrove, dalla Francia all’Italia, dall’Islanda alla Georgia.

L’origine comune delle attività proto-sportive del calcio medievale si fa in genere risalire all’harpastum, un violento gioco a squadre che gli antichi romani appresero forse dagli spartani e che si diffuse poi con l’espansione romana, probabilmente mischiandosi con pratiche simili, per esempio di origine celtica. Erano in genere confronti molto fisici tra due squadre con un numero illimitato di giocatori e regole quantomeno vaghe.

Ci sono diverse teorie sul perché in Inghilterra le partite di questo calcio arcaico si legarono al martedì grasso, che da quelle parti è noto come Shrove Tuesday (il giorno dell’assoluzione) o anche come Pancake Day (perché li si mangia un’ultima volta prima dell’astinenza quaresimale). Una teoria sostiene che, in un rito dalle origini pagane, la palla simboleggiasse il sole e che conquistarla o portarla dove richiesto fosse considerato di buon auspicio in vista della primavera. Un’altra dice che potrebbe essere una conseguenza del fatto che il martedì grasso era un giorno in cui si mangiava molta carne, che arrivava da animali la cui pelle era usata per fare le palle da gioco.

Ma ci sono anche teorie secondo cui le stesse palle da gioco siano solo una forma più moderna di quello che prima ancora erano sacchetti pieni di monete, o secondo cui prima di essere una palla quel che veniva conteso e passato era la testa di qualcuno che era stato ucciso in un’esecuzione pubblica, oppure in una battaglia.

Di certo, dopo essere state parecchio diffuse, sfide di questo tipo si sono fatte più rare. Già in epoca medievale alcune furono proibite in quanto ritenute «futili, oziose e dispendiose» e avversate dai Puritani che le consideravano «cruente e letali». Divieti a parte, in secoli e in decenni più recenti molte di queste sfide sono semplicemente state dimenticate, o magari relegate alle più miti rievocazioni storiche.

Un’illustrazione del 1865 (Penny Illustrated Weekly News)

Non è successo ad Atherstone, una generalmente tranquilla città di circa ottomila abitanti nella contea inglese del Warwickshire. Lì l’Atherstone Ball Game è arrivato alla sua edizione numero 823, e pare che fatta eccezione per il 2021, quando fu annullato per la pandemia, non abbia mai saltato un anno, nemmeno durante le due guerre mondiali.

Le regole sono semplicissime: c’è una grande palla e su Long Street, la strada principale della città, ci sono molte persone, quasi tutti maschi, che se la contendono per due ore. Di solito si inizia alle tre di pomeriggio del martedì grasso, dopo che i negozi di Long Street hanno preventivamente chiuso e protetto in vari modi le loro vetrine, e il tutto è molto caotico, fino a diventare spesso qualcosa di parecchio simile a una rissa. Il fatto è che a vincere è una sola persona tra diverse centinaia, non una squadra: magari si creano alleanze o gruppi, ma di fatto è un caotico e rude tutti-contro-tutti.

Presentato da qualche osservatore come «l’unione tra la pallavolo, l’MMA e l’inseguimento di una forma di formaggio lungo una ripida discesa», l’Atherstone Ball Game fa discutere ogni anno, specie da quando girano online video di quel che ci succede. Nel 2019 ci furono voci, poi smentite, di un orecchio mozzato; e nel 2020 lo scontro fu sospeso dopo circa un’ora per soccorrere uno dei responsabili della sicurezza (tra cui spesso ci sono ex partecipanti o perfino ex vincitori) che aveva avuto un arresto cardiaco.

Nel commentare l’edizione di quest’anno Jamie Newbold, gestore del Black Horse Pub, che sta proprio su Long Street, ha detto alla BBC: «È combattimento puro, non ci sono regole, ma è fatto in modo molto organizzato». La polizia locale, che storicamente tende a lasciar correre molto di quello che succede al Ball Game, ha detto, anche quest’anno, «di non aver fatto nessun arresto in relazione all’evento».

(EPA/ANITA MARIC UK)

Altre partite, di solito meno aggressive di quella di Atherstone, si fanno ogni anno e da diversi secoli anche ad Alnwick, dove almeno dal 1762 due squadre composte da un imprecisato numero di persone di due diverse parrocchie (quelle di St. Michael e di St. Paul) si sfidano davanti al castello locale, su un campo lungo quasi mezzo chilometro e dalla larghezza indefinita; e a Sedgefield, dove l’oggetto del contendere è una piccola palla nera di cuoio da portare in una sorta di canestro nella piazza principale.

«È esattamente come sembra» ha raccontato uno dei partecipanti: «È frenetico, pazzo, un casino totale, una sfida senza esclusione di colpi. Ma magari poi tutti si fermano all’improvviso per lasciare che un bambino o un anziano possano toccare o dare un calcio alla palla. Non ci sono regole ma c’è un certo codice di condotta che tutti capiscono, se si rompe una finestra, alla fine si raccolgono i soldi per poterla ripagare».

Più famosa, strutturata e partecipata di ogni altra partita è però quella della Royal Shrovetide Football di Ashbourne, cittadina inglese di circa settemila abitanti, nella contea del Derbyshire. A sfidarsi sono gli Up’ards e i Down’ards: “quelli di sopra” e “quelli di sotto” rispetto all’Henmore, il fiume che attraversa il paese durante il suo breve corso di venti chilometri. Più che il luogo di nascita in sé (l’ospedale più vicino sta a Derby, quindi a sud del fiume) a determinare la squadra sono la residenza, le tradizioni e i legami familiari, visto che c’è anche chi vive altrove ma torna per la partita.

(Christopher Furlong/Getty Images)

Si pensa che il Royal Shrovetide Football esista in questa forma almeno dal Diciassettesimo secolo, ma le informazioni sulla sua origine sono vaghe perché le attestazioni sparirono quasi tutte in un incendio alla fine del Diciannovesimo secolo. Si sa invece che il Shrovetide Football divenne “Royal” dopo che nel 1922 una palla fu regalata alla principessa Mary, figlia di re Giorgio V, che in cambiò regalò alla città la possibilità di usare quell’aggettivo. È per le conseguenze di questo legame che nel 2003 l’allora principe Carlo fu il turner-up della partita, quello cioè che dall’alto di un’apposita tribuna lancia la palla verso le centinaia di Up’ards e Down’ards in attesa di contendersela.

(Cameron Smith/Getty Images)

Le partite di Royal Shrovetide Football iniziano il martedì grasso e finiscono il giorno successivo, il mercoledì delle ceneri. In entrambi i giorni si inizia alle due del pomeriggio e si può andare avanti fino alle dieci di sera. L’obiettivo è conquistare la palla e portarla all’indietro verso una delle due porte: non bisogna cioè attaccare il territorio degli avversari, ma riportare la palla in un determinato punto del proprio.

(Cameron Smith/Getty Images)

Le due porte sono in realtà i resti delle macine di due vecchi mulini sulle sponde del fiume: per fare “punto” bisogna arrivare fino a un sasso-tabellone su cui battere per tre volte la palla. Se un punto viene fatto entro le sei di sera, si ricomincia dal centro con una nuova palla; se invece è segnato dopo le sei, per quel giorno non si prosegue oltre. Sebbene ci siano percorsi più diretti di altri (a partire dal fiume stesso, in cui spesso i giocatori finiscono), durante le partite ai giocatori può capitare di finire un po’ ovunque: sono vietati per esempio i cimiteri o i cantieri e, in teoria, le proprietà private. Ci sono insomma molte vie, ad Ashbourne, dove il martedì grasso e il mercoledì delle ceneri è caldamente sconsigliato parcheggiare l’auto nuova.

(Michael Regan/Getty Images)

Le palle da gioco, più grandi e pesanti di quelle da calcio e pensate per poter galleggiare nel fiume, sono fatte a mano e non sono propriamente delle sfere perfette. Prima delle partite vengono colorate o decorate in vari modi; dopo le partite restano a chi ha segnato i punti, che spesso sceglie di personalizzarla, per poi regalarla al pub di fiducia: com’è ovvio ce n’è una di riferimento per “quelli di sopra” e una per “quelli di sotto”. Se una palla non arriva a essere riportata a una macina, la si regala invece al turner-up.

(Michael Regan/Getty Images)

Le partite di Royal Shrovetide Football prevedono di solito, almeno all’inizio, the hug: una versione più caotica, partecipata e sregolata di quella che nel rugby è la mischia, un gruppo di persone che prova a proteggere un compagno con la palla e al contempo spostarsi verso una meta, contrapposto a un altro gruppo che glielo impedisce. Alla mischia vera e propria partecipano solo i più convinti e agguerriti, mentre altri restano un po’ più lontani dal vivo dell’azione, in un ruolo di spettatori che però all’occorrenza possono anche diventare suggeritori o giocatori. A giocare sono soprattutto uomini ma, seppur in misura parecchio minore, ci sono anche donne, e sembra che il primo punto fatto da una donna fu già nel 1943.

(Laurence Griffiths/Getty Images)

Le mischie possono durare ore e finire nel fiume, ma può anche succedere che una squadra riesca a far uscire la palla dalla mischia e farla avere ad appositi corridori che provano a portarla il più velocemente possibile verso la propria macina. Lungo il percorso può capitare però di trovare avversari appostati per evitarlo: ogni partita è insomma una grande sfida di forza, ma richiede anche un certo livello di tattica. Può perfino capitare che, nel trambusto generale e con l’arrivo del buio, molti giocatori perdano cognizione di dove effettivamente si trovi la palla da difendere o conquistare.

(Peter Macdiarmid/Getty Images)

Il Royal Shrovetide Football, che nel 2012 fu raccontato dal documentario Wild in the Streets, negli ultimi anni è cambiato per via delle nuove tecnologie: ci sono diversi liveblog di aggiornamento su quel che succede o su dove si trova il pallone e c’è anche chi ha provato a usare droni per seguire meglio abbracci o eventuali corse. Resta comunque vietato l’uso di mezzi a motore per spostare il pallone.

Quest’anno, nelle prime ore di martedì, la palla è stata perlopiù dalle parti del centro e solo verso sera si è visto quello che il Derby Telegraph ha definito «gioco di strada». Poco prima delle otto di sera di mercoledì gli Up’ards, già vincitori nel 2022, hanno fatto il punto vittoria. Tom Allen, autore del punto, ha detto di essere solo il fortunato finalizzatore di un grande impegno collettivo durato tutto il giorno, e ha aggiunto: «Giochiamo sempre meglio quando arriviamo nei campi, e il nostro piano era portare lì la palla; ma non abbiamo scelto la via più veloce, siamo passati da ogni fosso e ogni recinzione». Giovedì mattina sono iniziati, con la collaborazione dei giocatori delle due squadre, i lavori per ripulire strade e campi e sistemare quel che si era rotto.

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