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  • Lunedì 8 aprile 2024

Mattia Furlani conta i centimetri che lo separano da una medaglia olimpica

Cosa rende il 19enne italiano uno dei migliori saltatori in lungo al mondo, su cosa sta lavorando e perché può puntare ai primi tre posti ai giochi di Parigi di quest'estate

di Gianluca Cedolin

(EPA/Adam Warzawa)
(EPA/Adam Warzawa)

Lo scorso 17 febbraio il saltatore in lungo Mattia Furlani ha fatto un salto di 8,34 metri ai Campionati italiani indoor di atletica leggera, battendo il record mondiale under 20 indoor (oltre che il record italiano assoluto nelle gare al coperto). Furlani ha 19 anni ed è considerato uno dei migliori talenti dell’atletica leggera italiana. «Mentre salto fondamentalmente non penso a nulla, perché sono degli automatismi su cui lavoro di continuo, tutti i giorni. Quando arrivo in pedana so già quello che devo fare e posso quindi liberare la mente», ha detto nella settimana dopo i Mondiali indoor di Glasgow.

In Scozia Furlani ha vinto la medaglia d’argento, saltando la stessa misura del greco Miltiadīs Tentoglou (campione olimpico e mondiale in carica), 8 metri e 22 centimetri, ma arrivando secondo per aver ottenuto una misura peggiore nel secondo miglior salto. «Anche se sono andato a un centimetro dalla vittoria, sono assolutamente felice del risultato. Non ci accontentiamo mai, certo, però un risultato del genere non si può sottovalutare», dice Furlani.

A inizio giugno ci saranno gli Europei di atletica a Roma, mentre a fine luglio cominceranno le Olimpiadi di Parigi, e i recenti risultati lasciano intendere che Furlani sia pronto per giocarsi il podio in entrambe le competizioni. «Storicamente la medaglia si prende tra gli 8,40 e gli 8,50: il mio obiettivo è migliorarmi e arrivare a quelle misure», ha detto Furlani, che già un anno fa era riuscito a fare una misura di quel genere, ma agevolato dal vento. Nel salto in lungo esistono infatti le cosiddette misure ventose, quelle in cui il vento a favore dell’atleta supera i 2 metri al secondo: in quei casi il salto resta valido per la gara, visto che le condizioni sono uguali per i partecipanti, ma la misura non può essere considerata per i vari record. Nel caso di Furlani era successo a maggio del 2023, quando aveva compiuto da poco 18 anni, in un meeting a Savona in cui aveva saltato 8 metri e 44 centimetri, ma con un vento a favore di 2,2 metri al secondo. Con un vento di velocità di poco inferiore (0,2 metri al secondo) avrebbe probabilmente potuto battere il record under 20 anche all’aperto, che è di 8 metri e 35 centimetri e resiste dal 2012.

Furlani con la medaglia d’argento vinta ai Mondiali indoor di Glasgow (EPA/ADAM VAUGHAN)

Claudio Mazzaufo, dal 2017 responsabile del settore Salti della Federazione italiana di atletica leggera (Fidal), dice che ci sono diverse caratteristiche fisiche e tecniche che rendono Furlani un saltatore di altissimo livello: «Ha un eccezionale rapporto peso-potenza», cioè è leggerissimo eppure molto forte, «e poi è velocissimo, ma di una velocità funzionale al salto in lungo». Mentre un velocista, un atleta che corre i 100 e i 200 metri, dev’essere esplosivo e cercare di esprimere il massimo della potenza dall’inizio alla fine, un saltatore ha bisogno di arrivare al massimo nel momento dello stacco, cioè quando comincia il salto dalla pedana. «Mattia parte con un lieve pre-avvio, in scioltezza», cioè dei passi di rincorsa a bassa intensità, «la decontrazione iniziale gli permette di arrivare al top quando deve saltare».

Con il tempo, Furlani ha cambiato la sua fase di volo, quella cioè in cui il suo corpo è del tutto staccato da terra, scegliendo un gesto tecnico in grado di esaltare e assecondare questa sua eccezionale velocità di entrata: «Ha avuto un’evoluzione, ha perfezionato il suo stile e oggi fa il tre e mezzo, congeniale alle sue caratteristiche di saltatore molto veloce», dice Mazzaufo. Fare il tre e mezzo vuol dire che, una volta staccatosi da terra, Furlani muove le gambe facendo tre passi e mezzo in aria, prima di raccogliersi e atterrare: «Se si guarda un salto di Mattia, si vede che continua a correre in aria», dice Mazzaufo.

Prima di lui, altri atleti che facevano il tre e mezzo erano per esempio l’italiano Andrew Howe, tuttora primatista nazionale della categoria con 8,47 metri, e lo statunitense Carl Lewis, vincitore di nove medaglie d’oro olimpiche e con un record personale nel salto in lungo di 8,87 metri. «Come Furlani, erano atleti molto veloci, che facevano quindi qualcosa di naturale: continuare a correre nel salto». Per fare tre passi e mezzo in volo bisogna fare misure di una certa lunghezza e saltare piuttosto in alto, altrimenti non c’è il tempo e lo spazio fisico per arrivare a tre e mezzo: «Mattia ha il tempo di fare questo gesto», dice Mazzaufo.

Non c’è insomma un metodo in assoluto migliore di un altro, ce ne sono di più funzionali a certi atleti in base alle loro caratteristiche. Quella del tre e mezzo infatti non è l’unica tecnica di salto usata dai saltatori d’élite: ci sono atleti che continuano a correre facendo però solo un passo e mezzo o due passi e mezzo, mentre altri per esempio optano per il cosiddetto hang style, anche detto in italiano volo veleggiato, in cui mentre sono in aria appaiano la gamba di stacco all’altra, prima di raccogliersi per l’atterraggio.

(Mark Runnacles/Xinhua via ZUMA Press)

Saltare una lunghezza superiore a otto metri è qualcosa di per sé eccezionale e che fanno pochissime persone: per dare un’idea, significa superare la lunghezza di due monovolume parcheggiate una dietro l’altra, o di una porta da calcio a 11. La cosa ancora più difficile però, una volta raggiunte certe misure, è andare oltre, guadagnare altri dieci o venti centimetri che consentono di entrare nel ristrettissimo gruppo degli atleti che saltano per vincere le gare internazionali: il modo per farlo è lavorare costantemente su dettagli apparentemente insignificanti, o in generale difficili da notare per i non addetti ai lavori.

Mattia Furlani è ancora molto giovane e si sta dedicando con costanza al salto in lungo in modo esclusivo solo da un anno e mezzo circa, per questo sta ancora perfezionando la tecnica. Prima lo alternava con il salto in alto, dove ha un ottimo personale di 2,17 metri, e con la corsa (sui 100 metri il suo miglior risultato è 10,64 secondi, anche questo notevole, considerando che l’ha fatto due anni fa, a 17 anni). Agli Europei under 18 di Gerusalemme del 2022, per dire, aveva vinto la medaglia d’oro sia nel salto in lungo sia nel salto in alto.

Fare esperienza in più discipline in realtà è stato un vantaggio per la sua crescita, secondo Mazzaufo: «Mattia ha un eccezionale bagaglio motorio, costruito facendo cose diverse come saltare in alto e correre, ma anche con il basket che praticava quando era piccolo, uno sport che ha migliorato la sua reattività, la forza esplosiva e la coordinazione». Furlani, pur avendo già ottenuto risultati importanti, è quindi un atleta ancora in costruzione, con margini di miglioramento potenzialmente molto ampi e ancora da capire: «Devo intanto migliorare ancora un po’ nella forza e nella velocità», dice lui, «anche proprio a livello biologico, visto che ho solo 19 anni e il mio corpo non lavora ancora come quello di un 25enne». Poi ci sono gli aspetti più specifici come la rincorsa, la tecnica di salto, in cui i rivali più esperti di Furlani sono più rodati: «Se dovessi prendere una caratteristica da Tentoglou, sarebbe la stabilità tecnica, perché lui fa ogni salto identico all’altro». Questo genere di stabilità permette poi di lavorare più facilmente su singoli dettagli o difetti da aggiustare.

«Mattia si è scoperto lunghista da poco tempo e quindi non può essere sempre stabile nelle misure, anzi oggi lo è anche troppo», dice Mazzaufo. L’allenatrice di Furlani è l’ex velocista Khaty Seck, che è anche sua madre. Con lei ultimamente ha lavorato molto tra le altre cose sulla rincorsa, spiega Mazzaufo, utilizzando anche OptoJump, un sistema di rilevamento ottico che permette di analizzare i fotogrammi di un salto al millisecondo e di raccogliere dati utili per modificare lo stile di corsa e di salto.

Oltre al lavoro analitico sulla tecnica, anche secondo Mazzaufo per aumentare le misure serviranno la crescita fisica e una maggiore esperienza: «E poi Mattia crescerà ancora nella consapevolezza, nella sicurezza in pedana: dobbiamo considerarlo come un pilota che ha ancora poche ore di volo alle spalle e ha bisogno di accumularne sempre di più». La programmazione fatta quest’anno da Furlani fin qui è ritenuta molto buona, con la partecipazione a tre gare: una a inizio anno per valutare la rincorsa, poi i campionati italiani in cui ha stabilito il record indoor nazionale con 8,34 metri di salto e infine i Mondiali indoor di Glasgow dove ha vinto l’argento.

Gli 8,22 metri saltati a Glasgow da Tentoglou e Furlani possono sembrare lontani dagli 8,40-8,50 che il saltatore italiano ipotizza serviranno alle Olimpiadi per vincere una medaglia, ma è normale in questo periodo della stagione: «Agli indoor non sono mai stati fatti grandissimi risultati, perché gli atleti non li preparano mai in modo specifico, ma li vedono come un momento di passaggio», dice Mazzaufo. «Sono convinto che a Roma e a Parigi Tentoglou tornerà a saltare sugli 8 metri e mezzo».

I tre atleti arrivati sul podio nel salto in lungo ai Mondiali indoor: dietro a Tentoglou e Furlani il terzo classificato era stato il giamaicano Carey McLeod (Li Ying/Xinhua via ZUMA Press)

 

Otto metri e mezzo, per quanto siano una misura eccezionale, sono comunque quasi mezzo metro in meno del record del mondo: i record mondiali nelle discipline del salto in lungo e del salto in alto sono infatti i più longevi dell’atletica leggera. Nel lungo maschile il primato resiste dal 1991, quando ai Campionati mondiali di Tokyo lo statunitense Mike Powell saltò 8,95 metri e vinse davanti a Carl Lewis, nonostante l’8,91 ventoso di quest’ultimo, in una finale che al momento sembra irripetibile.

Non vengono superati da oltre trent’anni anche il record del salto in alto maschile (2,45 metri del cubano Javier Sotomayor nel 1993) e del lungo e dell’alto femminile (7,52 metri della sovietica Galina Čistjakova nel 1988 e 2,09 metri della bulgara Stefka Kostadinova nel 1987). «Siamo arrivati a un periodo storico in cui battere i record è davvero difficile», dice Furlani. «Nove metri sono una misura sovrumana». Qualcuno però prima o poi dovrà riuscirci, dice ancora Furlani: «Ovviamente è una cosa a cui penso: il record del mondo è il sogno di qualsiasi atleta, perché ha il fascino di riuscire in qualcosa che nessuno ha saputo fare».

Per avvicinare un po’ i nuovi atleti e atlete alle misure da record, la World Athletics (la Federazione internazionale dell’atletica leggera) sta pensando di modificare il regolamento, introducendo una zona di stacco al posto dell’asse di battuta. Oggi la misura di un salto tiene in considerazione la distanza tra il punto di atterraggio e la fine dell’asse di battuta (e non dal punto di stacco, quindi): tutte le volte in cui un saltatore stacca da oltre la linea di battuta, il salto viene considerato nullo, mentre se per caso stacca venti centimetri dietro quella linea la misura finale sarà lunga venti centimetri in meno rispetto al salto effettivo. Con la nuova regola, invece, non esisterebbero più i salti nulli (che sono circa un terzo di quelli fatti in un mondiale) e tutti i salti verrebbero misurati partendo dal punto di stacco, a prescindere da dove sia.

Furlani nel momento dello stacco (EPA/ADAM VAUGHAN)

Se venisse approvata (ma deve ancora essere sperimentata), questa regola aumenterebbe probabilmente lo spettacolo e le misure notevoli, ma toglierebbe una variabile tecnica fino a oggi cruciale (per questo, l’ex campione Carl Lewis ha definito la proposta un «pesce d’aprile»). Mattia Furlani dice di essere «abbastanza neutro sulla questione, ci sono dei pro e dei contro, sicuramente prima bisogna provarla». Allo stesso tempo il 19enne sa che questa modifica potrebbe avvantaggiare lui più di altri saltatori: «Mi ritengo un atleta molto veloce, quindi pensare solo a entrare forte (senza preoccuparsi di fare nullo, ndr) mi renderebbe più pericoloso. Di sicuro sarebbe un’agevolazione verso i record».

Negli ultimi anni l’atletica leggera italiana sta ottenendo buoni risultati, culminati nelle Olimpiadi di Tokyo 2020 (ma disputate nel 2021), in cui l’Italia vinse l’oro nel salto in alto, nei cento metri maschili, nella staffetta 4×100 maschile e nella 20 chilometri di marcia maschile e femminile. Nella nuova generazione di atlete e atleti italiani, Furlani è certamente tra i più promettenti ed entusiasmanti. Ai Mondiali indoor di Glasgow, pur non essendoci atleti di primo piano come il saltatore in alto Gianmarco Tamberi o il velocista Marcell Jacobs (entrambi oro olimpico a Tokyo), in tre giorni l’Italia ha ottenuto due medaglie d’argento (oltre a quella di Furlani, anche quella di Lorenzo Simonelli nei sessanta metri ostacoli) e due di bronzo (Leonardo Fabbri nel getto del peso maschile e Zaynab Dosso nei 60 metri piani femminili). Dosso ha 24 anni, Simonelli 21, Furlani 19: alle Olimpiadi di Parigi della prossima estate, tutti hanno una possibilità di vincere una medaglia.

«Non dimentichiamoci però che sono atleti giovani, che vanno in pedana con il corpo, con l’anima e con la mente, e non sempre possono esprimersi ai massimi livelli», dice Mazzaufo. L’atletica poi ha variabili minime e che allo stesso tempo possono cambiare tutto: Furlani per esempio ai Mondiali indoor di Glasgow ha evitato un salto nullo per due centimetri. Quasi tutti, comunque, pensano che Furlani possa diventare uno degli atleti più rappresentativi dell’atletica leggera italiana, una responsabilità che lui per il momento dice di star vivendo senza troppa pressione: «L’attenzione mi fa assolutamente piacere, il mio scopo è quello: fare avvicinare la gente il più possibile a questo sport».