L’allenatore di sci nordico sospeso per una chat piena di materiale pornografico e razzista

In Veneto un'inchiesta della procura federale ha coinvolto 15 persone tra cui anche dodici atleti, di cui due minorenni

Una gara di sci nordico
Una gara di sci nordico (Alex Grimm/Getty Images)
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La corte federale d’appello della Federazione italiana sport invernali (FISI) ha confermato la condanna a sei mesi di sospensione nei confronti di un allenatore di sci nordico in Veneto che gestiva una chat dove lui stesso e diversi atleti, tra cui alcuni minorenni, si scambiavano materiale pornografico, pedopornografico e razzista. Il giudizio di secondo grado era stato sollecitato dalla procura federale che aveva chiesto una pena superiore nei confronti del presidente del comitato regionale della FISI del Veneto, Roberto Visentin, e della sua vice Federica Monti, assolti in primo grado. La sentenza di appello li ha invece condannati a tre mesi di sospensione per non aver denunciato immediatamente il fatto.

L’inchiesta era stata aperta lo scorso anno in seguito a una lettera inviata alla federazione da un genitore di un’atleta minorenne. In poco tempo la procura federale era riuscita a ricostruire che la chat – chiamata “Francesco Totti” anche se l’ex capitano della Roma è completamente estraneo alla vicenda – era stata creata dall’allenatore per tenere aggiornati 12 atleti sugli orari di allenamenti e dei ritrovi in vista delle gare. Oltre a queste informazioni, l’allenatore e gli atleti si scambiavano immagini e video a contenuto pornografico, pedopornografico e immagini di atlete minorenni: erano foto inviate dalle stesse atlete ai loro ragazzi che poi le condividevano nella chat senza il loro consenso. In casi come questo il reato ipotizzato è la “diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”, più comunemente conosciuto come revenge porn. Nella chat venivano diffusi e commentati anche materiali con riferimenti al fascismo e al nazismo, e diversi contenuti razzisti.

La procura federale ha indagato 15 persone tra cui l’allenatore, che è anche sottufficiale dell’esercito di stanza a Verona come allievo paracadutista, 10 atleti ventenni, due minorenni e i due dirigenti della federazione. A marzo, nel processo sportivo di primo grado, la procuratrice federale Stefania Crippa aveva chiesto la sospensione da sei mesi a un anno per tutte le persone coinvolte, ma i giudici avevano assolto gli otto atleti che non avevano condiviso contenuti pornografici o razzisti, e condannato i quattro rimasti a pene lievi come l’ammonizione o la sospensione per un mese. I due dirigenti, Visentin e Monti, erano stati assolti.

Solo l’allenatore era stato condannato a una sospensione di sei mesi, confermata in appello: «la sua funzione di istruttore, di insegnante, ne aggrava la condotta», hanno scritto i giudici nella sentenza, in quanto «egli doveva gestire la chat e inibire i ragazzi dal pubblicare e diffondere foto, commenti, offensivi, inopportuni, indecorosi». Oltre alla procura sportiva, del caso si stanno occupando anche la procura di Verona e la procura militare.