I migliori film del 2023 secondo il New York Times

Le critiche Manohla Dargis e Alissa Wilkinson hanno apprezzato registe esordienti e documentari, e “Killers of the Flower Moon”

Una scena di "Killers of the Flower Moon" di Martin Scorsese (IMDb)
Una scena di "Killers of the Flower Moon" di Martin Scorsese (IMDb)
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Come ogni dicembre il New York Times ha pubblicato le liste dei film più apprezzati dell’anno da due delle sue principali critiche cinematografiche, Manohla Dargis e Alissa Wilkinson. Tra i film del 2023, usciti o che stanno per uscire, le critiche ne hanno scelti dieci a testa: a entrambe sono piaciuti soprattutto Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese, ma anche Oppenheimer di Christopher Nolan, e Menus-Plaisirs – Les Troisgros, un film sui tre rinomati ristoranti di una famiglia francese, di Frederick Wiseman.

Secondo Dargis questo è stato «un anno fantastico» per il cinema. Racconta di aver visto centinaia di film nuovi, tra opere di esordienti o di registi ormai affermati, e ricorda come il fenomeno soprannominato “Barbenheimer” – l’enorme attenzione riservata ai due film più attesi dell’estate, Barbie e Oppenheimer – abbia contribuito a far risollevare il settore dalla crisi provocata dalla pandemia da coronavirus, nel bel mezzo degli scioperi degli sceneggiatori e degli attori di Hollywood. Dargis osserva poi che il cinema può attirare il pubblico di massa anche senza supereroi, citando un certo sfinimento per i film basati su questo tipo di vicende (“superhero fatigue”), che a suo dire «non avrebbe dovuto sorprendere nessuno».

Per Wilkinson invece questo è stato «l’anno del male»: a volte ordinario, a volte mascherato, ma anche per questo «terrificante». Cita per esempio i dilemmi etici che emergono in Oppenheimer e «la violenza comune» di Anatomia di una caduta. A suo dire però forse la sua espressione «più forte e audace» è quella che si vede in Reality, il film di Tina Satter basato sulla trascrizione di un interrogatorio di un agente dell’FBI, che «mostra come possono essere distorte le parole, e come il potere e la giustizia possono essere deformati per manipolare la realtà». A detta di Wilkinson qualsiasi forma d’arte è in grado di esplorare la natura del male, però il cinema sembra riuscire a farlo più di altre, soprattutto «in un mondo sempre più discostato dalla realtà, in cui riusciamo a malapena a fidarci di quello che vediamo con i nostri stessi occhi».

La lista di Manohla Dargis

1. Killers of the Flower Moon
È il film di Martin Scorsese con Leonardo DiCaprio, Robert De Niro e Lily Gladstone basato su una serie di omicidi di nativi americani Osage diventati ricchissimi dopo aver trovato il petrolio all’inizio del Novecento. Dargis osserva che al centro della vicenda ci sono «una storia inspiegabilmente crudele di amore e tradimento, un elaborato complotto alimentato dall’avidità e un’irremovibile convinzione della superiorità delle persone bianche».

2. Oppenheimer
L’imponente film di Christopher Nolan sulla storia del fisico statunitense Robert Oppenheimer riguarda in parte il Progetto Manhattan, cioè il programma che portò allo sviluppo della prima bomba atomica a partire dalle scoperte sulla meccanica quantistica, sull’energia nucleare, sulla materia e sul suo funzionamento, e in parte quello che avvenne dopo: dal «torturato» periodo della giovinezza di colui che venne definito “il padre della bomba atomica” ai suoi anni più «pieni di angoscia».

3. Menus-Plaisirs – Les Troisgros
Diretto da Frederick Wiseman e presentato fuori concorso all’ultimo Festival del Cinema di Venezia, racconta la dinastia di una famiglia di chef francesi, i Troisgros, da cui prende il nome il ristorante fondato 93 anni fa e detentore di tre stelle Michelin da più di cinquant’anni. Secondo la critica il più anziano chef della famiglia gestisce la propria squadra «con lo stesso amore, la stessa inventiva, la stessa coreografia e tecnica sublime» che ha in comune con quello che Dargis definisce «il genio dietro alla macchina da presa».

4. Occupied City
È un documentario di oltre quattro ore che nelle parole di Dargis ricostruisce «il disastroso destino della popolazione ebraica» di Amsterdam dopo la Seconda guerra mondiale. È stato prodotto dalla A24 e girato dal regista inglese Steve McQueen, conosciuto per Shame, Hunger e 12 anni schiavo, e la sceneggiatura è basata sull’omonimo libro di Bianca Stigter, sua moglie.

5. A Thousand and One
Dargis definisce il debutto cinematografico della regista statunitense A.V. Rockwell «una cannonata». Parte dagli anni Novanta e racconta la storia di una donna afroamericana che cresce il proprio figlio in una New York in continuo cambiamento e alle prese con la gentrificazione, la stessa città in cui è cresciuta Rockwell.

6. Asteroid City
«Agilità e complessità, tenerezza e umorismo impassibile» sono alcuni dei termini che Dargis utilizza per descrivere l’ultimo film di Anderson, ormai arcinoto per il suo stile cinematografico colorato, sognante, fuori dal tempo. Questa volta Anderson gioca con mezzi e forme d’arte diverse per mettere a punto una trama che, secondo la critica del New York Times, è al tempo stesso «caustica, comica e tragica».

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7. May December
Il film di Todd Haynes è liberamente ispirato alla storia di Mary Kay Letourneau, un’insegnante statunitense nota per aver intrapreso una relazione con un suo alunno di 13 anni, che ha poi sposato. Nel film un’attrice in cerca di ispirazione interpretata da Natalie Portman va alla ricerca di Gracie, il personaggio basato su Letourneau: «Le cose si fanno molto complicate, e poi terribilmente tristi», scrive Dargis.

8. Showing Up
Lizzy (interpretata da Michelle Williams) vive in Oregon, si occupa di scultura e deve allestire una mostra, gestendo al tempo stesso gli amici, la famiglia, il suo gatto e un piccione ferito. Dargis dice di sospettare che la storia del film sia una «specie di autoritratto cinematografico» di Kelly Reichardt, la sua regista.

9. Orlando, my political biography
In questo film presentato anche alla Festa del Cinema di Roma il filosofo, scrittore e attivista spagnolo Paul B. Preciado reinterpreta la propria esperienza di uomo transgender attraverso la rilettura del noto romanzo di Virginia Woolf. Il risultato secondo Dargis è «giocoso, impellente e tanto stimolante quanto emotivamente coinvolgente».

10. Stonewalling
È un film della regista cinese Huang Ji e del regista giapponese Ryuji Otsuka, moglie e marito, e prende il nome dal comportamento che indica il rifiuto di comunicare, collaborare o esprimere emozioni, soprattutto nei rapporti di coppia. la vicenda raccontata è quella di Lynn, una ragazza alle prese con rapporti familiari difficili, una gravidanza e un futuro incerto.

La lista di Alissa Wilkinson

1. Killers of the Flower Moon
È il film preferito dell’anno sia di Dargis che di Wilkinson, che infatti lo hanno messo al primo posto in entrambe le liste. Secondo Wilkinson, Scorsese «è ossessionato dal senso di colpa dall’inizio della sua carriera» e questo è il film che, con tutti i suoi livelli di lettura, «forse finora ha espresso la sua visione più ampia sul tema».

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2. Past Lives
È il debutto cinematografico della drammaturga e sceneggiatrice sudcoreana naturalizzata canadese Celine Song, presentato al Sundance Film Festival, il più famoso evento dedicato al cinema indipendente. Secondo Wilkinson «ti prende per il cuore e non ti lascia più andare via». La critica del New York Times loda l’interpretazione di Teo Yoo e John Magaro, che nel film sono due amici d’infanzia profondamente legati l’una all’altro, e definisce il film «brillante e commovente».

3. La zona d’interesse
Per questo film il regista e sceneggiatore inglese Jonathan Glazer si è ispirato liberamente all’omonimo romanzo di Martin Amis, uno degli scrittori e intellettuali britannici contemporanei più influenti, morto lo scorso maggio a 73 anni. La storia è quella della «vita idilliaca» della famiglia di un ufficiale di Auschwitz e di come secondo Wilkinson «si può sentire, e quasi odorare» quello che succede nell’altra parte della sua vita.

4. Reality
Prende il nome dalla sua protagonista, Reality Leigh Winner, un’ex collaboratrice dell’Agenzia per la sicurezza nazionale statunitense accusata di aver diffuso informazioni riservate legate ad attività di spionaggio nell’ambito dei tentativi russi di influenzare le elezioni presidenziali negli Stati Uniti del 2016 con l’obiettivo di sfavorire la candidata Democratica, Hillary Clinton. Wilkinson scrive che Sydney Sweeney, che ne interpreta la protagonista, è «incredibile», ma secondo lei quello che risalta è soprattutto il modo in cui il film «ci obbliga a mettere in discussione ciò che è vero su molti livelli».

5. A Still Small Voice
È un documentario ambientato all’inizio della pandemia da coronavirus in un ospedale di New York, in cui il regista Luke Lorentzen segue ciò che fanno una giovane medica, Mati, e il suo responsabile. Secondo Wilkinson è un film che dà speranza, pur affrontando temi come la natura della compassione, la mortalità e una sofferenza «indicibile».

6. Oppenheimer
Wilkinson lo ha definito «una delle due metà del più grande evento cinematografico dell’anno», e ha osservato come sia una «combinazione perfetta» di una serie di dicotomie: quella tra la fissione e la fusione, quella tra l’influenza reciproca tra scienza e umanesimo, e quella dei compromessi morali del suo protagonista.

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7. Smoke Sauna Sisterhood (Savvusanna sõsarad)
Le protagoniste del documentario di esordio della regista estone Anna Hints si riuniscono in una sauna di quelle tipiche del paese baltico, dove condividono i propri pensieri e le proprie esperienze: «paure, speranze, storie d’amore e abusi, debolezze e forze». Secondo Wilkinson Smoke Sauna Sisterhood «documenta il percorso delle donne che si trasformano nelle loro stesse eroine», come quest’anno hanno fatto altre registe, compresa Greta Gerwig con Barbie; raggiunge anche un’autenticità che a suo dire pochi film riescono a cogliere pienamente.

8. Godland – Nella terra di Dio
Il film del regista islandese Hlynur Pálmason racconta la storia di un giovane prete danese che alla fine dell’Ottocento decide di guidare una chiesa in Islanda, al tempo una colonia della Danimarca. Le cose però non vanno come previsto, e questo secondo la critica del New York Times ricorda che «possiamo pianificare di cambiare il mondo quanto vogliamo, ma di solito il mondo finisce per avere la meglio su di noi».

9. La memoria infinita
La regista e documentarista cilena Maite Alberdi racconta l’esperienza con l’Alzheimer di Augusto Góngora, uno dei più noti giornalisti culturali del suo paese, morto a maggio del 2023. Secondo Wilkinson il punto fermo di Góngora, che stava perdendo progressivamente la memoria, era l’amore della moglie, Paulina Urrutia: a suo dire il loro legame è un’ispirazione per i paesi che vogliono cancellare i propri ricordi.

10. Menus-Plaisirs – Les Troisgros
Anche Wilkinson inserisce questo film nella lista dei suoi film preferiti del 2023 come esempio di come ci si può prendere cura di ciò che si fa, da come si gestisce una cucina a come si coltiva l’uva, a come una famiglia pianifica le proprie attività. Descrive il suo equilibrio come «un piacere sensoriale, a volte quasi leggiadro nel suo tocco».

Tra i film del 2023 da non perdere le due critiche citano anche Are You There God? It’s Me, Margaret di Kelly Fremon Craig, Fallen Leaves di Aki Kaurismaki, Priscilla di Sofia Coppola e Povere Creature! di Yorgos Lanthimos, quest’ultimo premiato con il Leone d’oro, il premio più importante del Festival del Cinema di Venezia.

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