E insomma, questo “Oppenheimer”

Cosa si dice dell'imponente film di Christopher Nolan sul fisico statunitense, che infine è uscito anche in Italia

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Il 23 agosto in Italia è uscito Oppenheimer, l’ultimo film scritto, prodotto e diretto dal regista britannico Christopher Nolan sulla storia del fisico statunitense Robert Oppenheimer, il “padre della bomba atomica”. Oppenheimer dura tre ore ed è il primo film di Nolan prodotto dalla Universal Pictures dopo la fine del suo rapporto con Warner Bros., che aveva distribuito i suoi film negli ultimi dieci anni: l’ultimo, Tenet, era uscito ad agosto del 2020.

Negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in altri paesi il film era già uscito un mese fa, e da allora ha superato la cospicua cifra di 700 milioni di dollari di incassi in tutto il mondo. Al successo hanno contribuito tra le altre cose la fama di Nolan, molto apprezzato per la sua capacità di fare film con grandi budget e grosse case di produzione mantenendo comunque un forte tratto autoriale, e una campagna promozionale intensa, per quanto non paragonabile a quella del film Barbie, uscito negli Stati Uniti lo stesso giorno. Oltre che da un punto di vista economico e di pubblico, Oppenheimer ha avuto molto successo anche tra i critici.

La sceneggiatura di Oppenheimer è un adattamento della biografia Oppenheimer. Trionfo e caduta dell’inventore della bomba atomica per cui i due autori, Kai Bird e Martin J. Sherwin, vinsero il premio Pulitzer nel 2005. Ai due era stato riconosciuto un enorme e accurato lavoro di ricostruzione biografica e Bird ha detto recentemente al New York Times che Sherwin, che è morto nel 2021, sarebbe stato molto soddisfatto del film per la sua capacità di rimanere aderente alla storia. La trama gira intorno alla vita e alla carriera di Oppenheimer, con particolare attenzione agli anni della Seconda guerra mondiale in cui guidò il Progetto Manhattan, il programma che portò allo sviluppo della prima bomba atomica a partire dalle più recenti scoperte sulla meccanica quantistica, l’energia nucleare, la materia e il suo funzionamento.

A differenza del libro da cui è tratto, che procede in ordine cronologico, il film sovrappone tra loro tre piani temporali diversi e li mischia con alcuni flashback. Oltre che sulla storia di come si arrivò a sviluppare la bomba atomica, il film si concentra sulla questione filosofica e morale che riguarda il rapporto tra gli scienziati e l’impatto che le loro scoperte hanno sulla vita delle persone, in questo caso sulla morte di centinaia di migliaia di civili dopo il bombardamento delle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki. La seconda parte del film riguarda invece quello che successe a Oppenheimer dopo la guerra, quando diventò un’autorità nel campo delle politiche nucleari globali e fu emarginato dalla classe dirigente statunitense con la scusa del suo vecchio legame con il comunismo, negli anni del maccartismo.

Oppenheimer è interpretato dall’attore irlandese Cillian Murphy, noto tra le altre cose per il suo ruolo da protagonista nella serie Peaky Blinders, ma nel cast ci sono molti altri nomi famosi. La moglie di Oppenheimer, Kitty, viene interpretata dall’attrice britannica Emily Blunt; Matt Damon fa il generale Leslie Groves, responsabile militare del Progetto Manhattan; Robert Downey Jr. è Lewis Strauss, membro della Commissione per l’energia atomica degli Stati Uniti e principale antagonista di Oppenheimer; e Florence Pugh interpreta Jean Tatlock, psichiatra che ebbe per alcuni anni una relazione con Oppenheimer.

Fin dalla proiezione in anteprima mondiale fatta l’11 luglio a Parigi, Oppenheimer ha raccolto critiche molto positive e a tratti entusiastiche. Il critico del Los Angeles Times Kenneth Turan l’aveva definito «probabilmente il lavoro più impressionante di Nolan finora», mentre Bilge Ebiri, critico del New York Magazine, aveva scritto su Twitter che era semplicemente «incredibile» e la critica cinematografica Lindsey Bahr, di Associated Press, l’ha definito un «risultato spettacolare».

Alison Willmore ha scritto sul New York Magazine che Oppenheimer è un film così grande che è difficile affrontarlo, e che in gran parte lo si deve all’interpretazione di Cillian Murphy, che definisce «spiritata». È un punto su cui si sono trovati d’accordo molti altri critici: Wendy Ide ha scritto sul Guardian che «la fisicità di Murphy nel suo insieme è una delle armi più potenti a disposizione del film». È stata molto elogiata anche l’interpretazione di Robert Downey Jr., che inizialmente sembra un personaggio minore ma prende poi sempre più spazio nel film.

Sul New York Times il critico Manohla Dargis ha sottolineato come il ritmo veloce, la frammentazione cronologica della narrazione, il cambio di ambientazioni e la frequente introduzione di nuovi personaggi rendano il film «un ritratto cubista», citando una scena del film. Allo stesso tempo è vero però che rispetto ad altri film di Nolan che giocano con l’intreccio e la sovrapposizione di piani temporali diversi, in Oppenheimer la narrazione non risulta particolarmente difficile da seguire. A questo contribuisce probabilmente il ricorso a immagini rispettivamente a colori e in bianco e nero per raccontare da una parte gli anni di lavoro al Progetto Manhattan e dall’altra due udienze avvenute alcuni anni dopo: nella prima Oppenheimer viene interrogato sui suoi presunti rapporti col Partito Comunista durante la guerra fredda, nella seconda viene valutata in Senato la nomina del suo ex capo Lewis Strauss a segretario del Commercio del governo americano.

Un’altra cosa che è stata fatta notare è che Nolan affronta il tema della meccanica quantistica molto meno di quanto ci si sarebbe potuti aspettare da un film del genere: alla fine rimane abbastanza di sottofondo risparmiando allo spettatore non esperto lo sforzo di capirla (e la meraviglia di sentirla spiegata). Caryn James ha scritto su BBC che «il film non si sofferma né men che meno cerca di spiegare la scienza della bomba, anche quando i ricercatori si raggruppano attorno a Oppenheimer per discuterne», una scena che è effettivamente abbastanza ricorrente. Wendy Ide comunque ha scritto sul Guardian che «i film di Nolan richiedono spesso un paio di visioni per svelarsi completamente, e sebbene manchi il tratto sconcertante di Tenet [il penultimo film di Nolan, ndr] Oppenheimer non fa eccezione».

Il critico cinematografico dell’Hollywood Reporter David Rooney ha fatto notare come Oppenheimer abbia poco in comune con i film più famosi e apprezzati di Nolan, dalla trilogia di Batman a quelli più enigmatici come Inception e Tenet: «per la sua commovente solennità è forse il più vicino a Dunkirk, mentre per la sua fusione di scienza ed emotività ricorda Interstellar».

Una critica che hanno sollevato in molti è quella che riguarda la quantità di personaggi e attori anche molto noti che compaiono nel film. Willmore ha definito la cosa «disorientante» e sul New York Times Dargis ha scritto che «mi ci è voluto un po’ per accettare il regista Benny Safdie nei panni di Edward Teller, il fisico teorico noto come il “padre della bomba all’idrogeno”, e ancora non so perché Rami Malek appaia in una parte minore se non in quanto ennesimo volto conosciuto». In una brevissima scena compare anche un irriconoscibile Gary Oldman nel ruolo del presidente degli Stati Uniti Harry Truman.

Un’altra critica ricorrente al film, che è più in generale una critica che viene spesso mossa a Nolan, è quella sulla marginalità dei personaggi femminili. In Oppenheimer questo è particolarmente evidente nel caso del personaggio di Jean Tatlock, che viene introdotto e inizialmente trattato come uno dei più importanti nella vita di Oppenheimer, ma a cui vengono in definitiva dedicate poche scene superficiali e apparentemente slegate dal resto della narrazione. Il personaggio della moglie Kitty rimane a sua volta piuttosto secondario nel film, anche se viene fatto notare come si riscatti (sia a livello di trama che per la recitazione di Emily Blunt) in due scene verso la fine.

– Leggi anche: Chi era Jean Tatlock

Dal punto di vista tecnico la gran parte dei critici ha riconosciuto l’enorme valore della decisione di Nolan di girare Oppenheimer con cineprese da 65 millimetri (per una proiezione in 70 millimetri): una scelta complicata e costosa, che permette però una maggiore qualità delle immagini e dell’audio, e che aveva già fatto in precedenza per esempio con Dunkirk e Interstellar. Sull’Hollywood Reporter Rooney scrive che «se sei fortunato abbastanza da essere vicino a uno dei 30 schermi che nel mondo proiettano film in Imax da 70 millimetri, vedrai un film che, anche nelle sue scene più chiassose, esercita una presa coinvolgente, attirandoti ad assorbire i dettagli molecolari di ogni inquadratura».