Cosa è vero e cosa no in “Oppenheimer”

L'ultimo film di Christopher Nolan si basa su una biografia che ha vinto il Pulitzer, e quasi tutto quello che mostra è accaduto veramente

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La sceneggiatura di Oppenheimer, l’ultimo e atteso film di Christopher Nolan che è uscito in Italia giovedì e che nell’ultimo mese ha ricevuto recensioni abbastanza entusiaste, si basa su una biografia che nel 2005 vinse il premio Pulitzer. Oppenheimer. Trionfo e caduta dell’inventore della bomba atomica fu scritto da Kai Bird e Martin J. Sherwin dopo un lungo e approfondito lavoro di ricostruzione storica, che il film riprende molto fedelmente.

Nolan si prende la libertà di introdurre qualche licenza poetica solo in brevi momenti della sceneggiatura. Come ha scritto Nate Jones in un articolo sul New York Magazine in cui confronta i passaggi del libro con alcune scene del film, «pochi film sono basati su un libro più di Oppenheimer».

La trama del film gira intorno alla vita e alla carriera di Oppenheimer, con particolare attenzione agli anni della Seconda guerra mondiale in cui guidò il Progetto Manhattan, il programma che portò allo sviluppo della prima bomba atomica a partire dalle più recenti scoperte sulla meccanica quantistica, l’energia nucleare, la materia e il suo funzionamento. Oltre che sulla storia di come si arrivò a sviluppare la bomba atomica, il film si concentra sulla questione filosofica e morale che riguarda il rapporto tra gli scienziati e l’impatto che le loro scoperte hanno sulla vita delle persone, in questo caso sulla morte di centinaia di migliaia di civili dopo il bombardamento delle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki. La seconda parte del film riguarda invece quello che successe a Oppenheimer dopo la guerra, quando diventò un’autorità nel campo delle politiche nucleari globali e fu emarginato dalla classe dirigente statunitense con la scusa del suo vecchio legame con il comunismo, negli anni del maccartismo.

Una delle scene più cruciali del film, ripresa in vari momenti da vari punti di vista, è quella in cui dopo la guerra, nel 1947, Oppenheimer parla con Einstein appena arrivato all’università di Princeton. Le interazioni che vengono mostrate nel film e svelate nella loro interezza solo nella scena finale non si svolsero così nella realtà, ma i due si incontrarono effettivamente dopo la guerra, nel 1949, a una festa di compleanno di Einstein organizzata dal centro di ricerca dell’università.

All’inizio del film, mentre è studente a Cambridge, c’è una scena abbastanza bizzarra in cui Oppenheimer avvelena la mela del proprio professore, Patrick Blackett, con un’iniezione di cianuro. Questo fatto accadde veramente: Oppenheimer non seppe mai davvero spiegare perché lo fece, ma dalla biografia emerge il senso di invidia e inadeguatezza che il giovane provava per il suo insegnante universitario. Blackett non mangiò mai la mela ma Oppenheimer fu in qualche modo scoperto: i genitori intervennero per evitare che venisse espulso e fu obbligato a fare un periodo di messa alla prova e di colloqui psicologici. Non è sicuro però che la sostanza che usò fosse effettivamente cianuro: gli autori della biografia sostengono infatti che se fosse stata davvero una sostanza così letale è probabile che Oppenheimer non se la sarebbe cavata tanto facilmente.

Un’altra scena che potrebbe sembrare inventata o romanzata è quella del colloquio tra Oppenheimer e il presidente degli Stati Uniti Harry Truman. L’incontro non andò effettivamente bene e a un certo punto Oppenheimer disse davvero a Truman di sentirsi «le mani sporche di sangue». Anche la battuta del presidente, «non portate più quel piagnone nel mio ufficio», è documentata, ma non sembra sia stata pronunciata subito, mentre Oppenheimer poteva ancora sentirla.

Nella scena in cui si discute su quali città giapponesi sganciare le bombe atomiche e Kyoto viene esclusa, invece, la battuta del segretario di Stato che dice di esserci stato in viaggio di nozze e averne un bel ricordo è stata aggiunta in un secondo momento nella sceneggiatura ed è basata sulle ricerche fatte dall’attore James Remar sul proprio personaggio.

La località di Los Alamos, in New Mexico, dove viene costruito il laboratorio e la città per le famiglie dei ricercatori coinvolti nel progetto Manhattan, è mostrata nel film come un luogo pressoché deserto usato da una comunità di nativi americani come cimitero. In realtà c’era qualche villaggio rurale sia nelle vicinanze del laboratorio che della zona in cui è stata testata la bomba atomica per la prima volta. Dopo l’uscita del film al cinema negli Stati Uniti ci sono state alcune proteste da parte di attivisti della zona, che da tempo chiedono alle autorità che vengano riconosciuti i rischi a cui sono stati esposti i residenti negli anni del Progetto Manhattan, molti dei quali poi hanno sviluppato sintomi anche gravi legati all’esposizione alle radiazioni.

Anche per quanto riguardo la vita amorosa di Oppenheimer, i personaggi di Kitty Oppenheimer e Jean Tatlock sono romanzati solo in minima parte. L’odio di Tatlock per i fiori per esempio viene raccontato anche nella biografia: «La infastidiva con la sua vecchia abitudine di inondare le persone che amava di regali. Jean non voleva essere trattata in questo modo. “Niente più fiori, per favore, Robert”, gli disse un giorno. Ma inevitabilmente, la volta successiva lui si presentò con il solito mazzo di gardenie. Quando Jean vide i fiori, li gettò a terra e disse a una sua amica: “Digli che se ne vada, digli che non sono qui”». Quello che è un po’ meno accurato è il modo in cui finì la relazione tra i due: nel film è lui a fare il discorso di rottura, mentre secondo la ricostruzione della biografia fu lei. Nate Jones scrive invece nel suo articolo che non sapremo mai se Tatlock abbia davvero interrotto un rapporto sessuale con lui per fargli leggere il Mahābhārata in sanscrito.

– Leggi anche: Chi era davvero Jean Tatlock

Sull’alcolismo di Kitty, che nel film viene sottolineato con insistenza, esistono numerose testimonianze. Nella biografia però sembra che il suo rapporto con l’alcol divenne effettivamente problematico solo dopo gli anni a Los Alamos, quando la famiglia Oppenheimer si spostò a vivere a Princeton. Nel libro si legge che «essendo una donna dallo spirito libero e stravagante, Kitty trovò impossibile adattarsi alla vita rigida e cittadina dell’alta società di Princeton». Anche Oppenheimer stesso, d’altra parte, era noto per essere un gran bevitore. Anche per quanto riguarda il rapporto della coppia con i figli il quadro che dà il film è abbastanza accurato anche se la scena in cui Oppenheimer ipotizza di dare in adozione il figlio all’amico Haakon Chevalier avvenne in realtà con la figlia secondogenita e con un’amica di Kitty, che però declinò la proposta.

Uno dei pochi colpi di scena del film è quello in cui lo scienziato del Progetto Manhattan David Hill (interpretato da Rami Malek) testimonia contro Lewis Strauss, membro della Commissione per l’energia atomica degli Stati Uniti e principale antagonista di Oppenheimer in un’udienza davanti al Senato. Hill parlò effettivamente dell’ossessione di Strauss di vendicarsi di Oppenheimer, ma non fu l’unico a farlo: contro la sua conferma al ruolo di segretario del commercio si pronunciò tra gli altri il senatore del New Mexico Clinton Anderson, che convinse molti altri a votare contro. È vero anche il riferimento al giovane senatore Kennedy, che votò a sua volta contro.

Ed è vero, infine, che lo scienziato Klaus Fuchs fece da spia per l’Unione Sovietica dall’interno del Progetto Manhattan. Fuchs fu effettivamente la spia più famosa a passare informazioni sulla bomba atomica, ma anche in questo caso non fu l’unica: nella biografia di Oppenheimer vengono citate altre due spie, David Greenglass e Ted Hall, ma secondo le ricostruzioni più recenti ce ne furono altre.