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  • Mercoledì 15 novembre 2023

È stato dichiarato illegale il piano del governo britannico sul trasferimento forzato dei richiedenti asilo in Ruanda

Lo ha deciso la Corte Suprema britannica, ma il governo dice che lo farà lo stesso

Una manifestazione contro il piano del governo fuori dalla sede della Corte Suprema britannica (AP Photo/Kirsty Wigglesworth)
Una manifestazione contro il piano del governo fuori dalla sede della Corte Suprema britannica (AP Photo/Kirsty Wigglesworth)
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La Corte Suprema britannica ha dichiarato illegale il piano con cui il governo del Regno Unito intendeva trasferire in modo forzato i richiedenti asilo in Ruanda, in Africa orientale, mentre la loro richiesta viene valutata nel Regno Unito. Secondo la Corte il piano comporterebbe il rischio che dal Ruanda i richiedenti asilo vengano trasferiti nei loro paesi di origine, un atto che violerebbe i loro diritti: ha valutato infatti che il Ruanda non sia un «paese sicuro». Il primo ministro Rishi Sunak ha detto che porterà comunque avanti il piano presentando al parlamento una nuova legge che certifichi che invece il Ruanda è un «paese sicuro».

Il piano è stato al centro delle politiche per la gestione dell’immigrazione del governo attuale di Sunak e di quelli precedenti di Liz Truss e Boris Johnson, tutti appartenenti al Partito Conservatore, ma non era mai entrato in vigore a causa di diversi ricorsi, che avevano messo ripetutamente in dubbio la legalità delle norme, soprattutto in relazione al rispetto dei diritti umani nel Regno Unito: a oggi nessun richiedente asilo è mai stato portato in Ruanda.

La sentenza ha sottolineato che fra il 2013 e il 2018, quando era in vigore un accordo fra il governo ruandese e quello israeliano analogo a quello proposto dal governo britannico, il Ruanda respinse verso i loro paesi di origine diverse persone che avevano presentato richiesta d’asilo in Israele. La pratica viola il “diritto di non respingimento”, sancito da varie norme internazionali a cui è legato anche il Regno Unito. Secondo la Corte Suprema è un precedente che rende improbabile che il Ruanda rispetti l’accordo con il governo britannico.

Il piano, avanzato per la prima volta da Boris Johnson nel 2022, è sempre stato molto criticato: non solo per il suo costo (il governo britannico ha già pagato al governo ruandese l’equivalente di 160 milioni di euro e il piano dovrebbe costare quasi 200mila euro a migrante), ma anche perché secondo alcuni violerebbe le leggi sui diritti umani britanniche o la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Quello che doveva essere il primo volo verso il Ruanda era stato bloccato proprio da un intervento della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu), che si occupa fra le altre cose di applicare la Convenzione, che aveva fermato l’aereo mentre era già sulla pista di decollo. La sentenza era stata criticata da molti esponenti Conservatori britannici, fra cui Suella Braverman, allora procuratrice generale del Regno Unito, che poi ha ricoperto (fino al suo licenziamento improvviso il 13 novembre) la carica di ministra dell’Interno e una delle principali sostenitrici del piano.

Dopo la sentenza della Cedu, diversi richiedenti asilo che avrebbero dovuto essere trasferiti forzatamente avevano presentato un ricorso alla giustizia britannica. L’Alta corte, il tribunale di primo grado nel Regno Unito, aveva accolto otto ricorsi di persone che ritenevano di essere state trattate ingiustamente dal governo britannico, ma aveva respinto quelli contro la legge in generale.

In seguito erano stati presentati dei ricorsi anche contro queste sentenze: sostenevano che il Ruanda non fosse un paese sicuro, e che una volta lì i richiedenti asilo rischiassero di essere rimpatriati nei loro paesi di origine. A giugno uno di questi ricorsi era stato accolto dalla Corte di appello, il tribunale di secondo grado.

Il governo di Rishi Sunak si era a sua volta opposto a questa decisione, presentando un ricorso alla Corte Suprema, l’ultimo grado di giudizio del Regno Unito. Gli avvocati del governo in aula hanno sostenuto che il Regno Unito abbia un bisogno urgente dell’applicazione di queste misure, che il Ruanda sia effettivamente un paese sicuro e che l’accordo stretto fra governo britannico e ruandese, alla base del piano per i trasferimenti, assicuri il rispetto dei diritti umani da parte del Ruanda: la Corte Suprema ha comunque respinto il ricorso, concludendo che il paese africano non è sicuro.

Dopo la diffusione della sentenza Sunak ha detto di accettarla, pur non condividendola, e ha annunciato che per realizzare comunque il piano il governo porterà in parlamento una proposta di legge per «confermare che il Ruanda è sicuro». Ha detto che lo farà seguendo la «legislazione d’emergenza», un procedimento che permette di accelerare la discussione e l’approvazione di un disegno di legge da parte del parlamento: normalmente servono diversi mesi, spesso da sei mesi a un anno, mentre in questo modo potrebbero bastare pochi giorni a meno di non incontrare una forte opposizione nella Camera dei Lord, ha spiegato l’esperto di politica di BBC Peter Barnes.

Non è detto comunque che il governo riesca nel suo intento, anzi: per gli esperti di BBC è «improbabile» che partano presto dei voli per il Ruanda. La decisione della Corte Suprema si basa su tre diverse leggi e quindi il governo dovrebbe riuscire a modificarle tutte e tre.

Sunak ha anche detto che prenderà delle iniziative per impedire «a un tribunale straniero di bloccare i voli», riferendosi alla Cedu.