Dopo un’alluvione serve anche un aiuto psicologico

Sia per chi l'ha subita sia per i soccorritori: a Faenza la Croce Rossa lo ha organizzato insieme all'azienda sanitaria locale

Il gazebo del servizio psicosociale della Croce Rossa per le persone alluvionate a Faenza, il 9 maggio 2023 (Il Post)
Il gazebo del servizio psicosociale della Croce Rossa per le persone alluvionate a Faenza, il 9 maggio 2023 (Il Post)
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Tra le persone che nell’ultima settimana sono andate a Faenza, in provincia di Ravenna, per aiutare chi ha subìto l’alluvione della notte tra il 2 e il 3 maggio c’è un piccolo gruppo che si occupa di un aspetto apparentemente meno urgente ma in realtà molto importante nei contesti di emergenza: il benessere psicologico. Sono cinque volontari del comitato della Croce Rossa di Imola, specializzati nel “servizio psicosociale”, che in questi giorni stanno girando per le strade che erano state inondate per ascoltare e sostenere chi ne ha bisogno.

Abbandonare la propria casa o la sede del proprio lavoro per poi ritrovarle gravemente danneggiate è un’esperienza traumatica che può essere molto sconfortante. In decenni di esperienza nei luoghi interessati da disastri naturali e incidenti la Croce Rossa Italiana ha sviluppato un servizio per aiutare anche da questo punto di vista, e che si rivolge sia a chi ha subìto questo trauma in prima persona, sia i soccorritori che si trovano a fronteggiare la sofferenza altrui e per questo sono sottoposti a loro volta a uno stress.

«I membri del servizio psicosociale avvicinano le persone cercando di capire che emozioni provano e come stanno reagendo», spiega Nicolas Bandini, presidente del comitato della Croce Rossa di Faenza: «C’è chi non riesce ad accettare di aver perso tutto quello che ha costruito. Ad esempio c’era una persona che ha perso addirittura tre macchine. C’è chi non riesce a tornare a casa per trovarla completamente cambiata o ad affrontare l’idea del grande lavoro necessario per riparare i danni». Il senso di precarietà è una delle emozioni più comuni.

A Faenza gli effetti dell’alluvione sono stati straordinari e per quanto abbiano interessato solo una parte della città sono stati molto più gravi rispetto a passate occasioni di allagamenti nella memoria storica locale: un’area compresa tra una decina di strade si è riempita di acqua e fango fino a due metri di altezza. Mercoledì scorso, poco dopo l’accoglienza delle famiglie evacuate al PalaCattani, il palazzetto dello sport della città, la Protezione Civile e l’amministrazione comunale si sono rese conto che serviva un aiuto psicologico oltre a quello sanitario e così è stato chiesto alla Croce Rossa di offrire il proprio servizio.

Il comitato di Faenza (localmente la Croce Rossa si organizza in comitati) non dispone di volontari abilitati a fornire il servizio psicosociale (che in gergo viene chiamato con la sigla “SeP”) e dunque si è rivolto al coordinamento a livello regionale, che ha coinvolto il comitato imolese.

La squadra SeP di Imola è entrata in azione già dal pomeriggio di giovedì 4, il secondo giorno dopo l’alluvione. Ne fanno parte cinque persone: due psicologi con esperienza in assistenza di emergenza; un tecnico, cioè una persona laureata in psicologia e che sebbene non abilitata a esercitare la professione può comunque lavorare a fianco degli psicologi; e due operatori psicosociali, cioè persone senza formazione psicologica professionale che però hanno seguito corsi appositi della Croce Rossa per imparare a parlare e ad ascoltare le persone che potrebbero avere un disagio psicologico. Al di fuori dei contesti emergenziali, a Imola offrono assistenza soprattutto alle persone senza dimora lavorando con le unità di strada.

A Faenza, dopo una prima assistenza al PalaCattani, la squadra del SeP ha allestito un gazebo vicino alla “zona rossa”, quella più interessata dai danni dell’alluvione, per ricevere chi chiede aiuto. In questi contesti tuttavia è raro che qualcuno si presenti spontaneamente: la maggior parte delle persone assistite dal SeP viene avvicinata dagli stessi membri della squadra che stanno girando per le strade alluvionate.

«I nostri operatori e anche gli psicologi sono andati casa per casa per incontrare direttamente le persone», racconta Fabrizia Fiumi, presidente del comitato della Croce Rossa di Imola. Per essere di sostegno concretamente ma anche per attaccare bottone mostrandosi disponibili, i membri del SeP, che indossano la riconoscibile divisa della Croce Rossa, si presentano con acqua o viveri. Se poi ascoltando le persone con cui si trovano a parlare si accorgono che potrebbe essere utile fornire un aiuto psicologico, si rendono disponibili ad ascoltarle più a lungo, eventualmente nello spazio riservato nel gazebo.

Nel gergo tecnico si parla di «ascolto attivo», una tecnica comunicativa basata sull’esercizio dell’empatia e pensata per far esprimere alla persona con cui si parla le sue emozioni per poi elaborarle grazie all’ascolto.

Non sempre si riesce a stabilire un contatto però. «Vengono intercettate le persone che vogliono essere avvicinate», dice ancora Bandini, «perché in queste situazioni a volte ci si trova di fronte a persone disperate che può essere meglio non avvicinare».

Nell’organizzare il SeP per l’alluvione a Faenza, la Croce Rossa ha collaborato anche con l’azienda sanitaria locale, l’Ausl Romagna, con lo scopo di offrire un’assistenza psicologica continuativa a chi ne avesse bisogno anche dopo la fase di emergenza. «Lavoriamo congiuntamente con la rete di psicologi che operano nella realtà locale con le case della salute», spiega Fiumi: «Noi svolgiamo il ruolo di sentinella, intercettiamo le persone in difficoltà e decodifichiamo i loro bisogni, per poi indirizzarli alla rete che continuerà a lavorare nel territorio. Perché si continuerà a fare i conti con l’alluvione anche nei prossimi mesi». La collaborazione con il servizio sanitario pubblico permette inoltre alla Croce Rossa di capire quali situazioni di disagio possono essere legate a condizioni precedenti all’alluvione.

«In Croce Rossa facciamo molta attenzione alla vulnerabilità», conclude Fiumi: «e sappiamo che tutti possono trovarsi in una condizione vulnerabile ma anche che è una cosa transitoria. Noi cerchiamo di fare in modo che sia il più transitoria possibile».