«Quando arriva la duecentenaria, la devi gestire»

A Faenza si continua a pulire dal fango dopo un’alluvione che statisticamente accade molto di rado, in attesa di nuove piogge

di Ludovica Lugli, foto e video di Valentina Lovato

Una donna pulisce dal fango l'ingresso di una casa di Faenza
L'ingresso di una casa nella zona alluvionata di Faenza, l'8 maggio 2023 (Valentina Lovato/Il Post)
Caricamento player

Quasi una settimana dopo l’alluvione del 2 maggio in Emilia-Romagna, a Faenza si continua a lavare via il fango. La gran parte delle cose danneggiate irreparabilmente, tra cui automobili, elettrodomestici, mobili e altri oggetti ingombranti, è stata portata via, e sono rimasti pochi fotografi e giornalisti: ormai si può girare per le strade vicino all’argine del fiume Lamone anche senza stivali di gomma, ma sia i residenti che i volontari della Protezione Civile sono ancora al lavoro.

Dal Centro operativo comunale (COC), tuttora attivo, si coordinano gli interventi di messa in sicurezza in vista delle nuove piogge previste per mercoledì. La mattina dell’8 maggio la Protezione Civile ha anche collaborato all’evacuazione temporanea di una zona intorno alla grande azienda vinicola Caviro, la produttrice del Tavernello, a causa di un incendio nello stabilimento. «Non c’è due senza tre», commentano i faentini al lavoro nella “zona rossa” interessata dai danni dell’alluvione, preoccupati dalle previsioni meteorologiche ma tentando in qualche modo di sdrammatizzare di fronte all’alta colonna di fumo nero visibile dall’altra parte della città (l’incendio non ha provocato né morti né feriti).

L’alluvione della scorsa settimana in Romagna ha causato frane sulle colline e allagamenti in pianura, oltre alla morte di due persone. A Faenza è stato inondato un intero quartiere: strade, giardini, negozi, attività commerciali di vario genere e i piani bassi delle case, in un’area dove vivono circa 550 famiglie. È la zona rossa delimitata dalla Protezione Civile, dove possono entrare solo le persone che stanno lavorando alle operazioni di pulizia e, dopo i primi controlli di sicurezza, i residenti. Non è una circostanza che la popolazione ha già affrontato in passato: nella memoria dei faentini di oggi il fiume Lamone non aveva mai esondato come la settimana scorsa.

L’alluvione è stata «duecentenaria», spiega Marco Iachetta, capo servizio della Protezione Civile della Romagna Faentina che unisce sei comuni tra cui quello di Faenza, cioè con una intensità tale che statisticamente si verifica una volta ogni duecento anni. «E quando arriva la duecentenaria, la devi gestire», aggiunge, spiegando che l’evento è stato così straordinario anche per la concomitanza della siccità che ha aggravato la situazione, e che non si potevano fare grandi interventi emergenziali prima dell’esondazione. I danni causati da fenomeni del genere possono essere evitati solo con interventi strutturali progettati e realizzati nel corso di anni.

Il Lamone taglia Faenza in due, a ovest c’è il grosso del centro abitato di quasi 59mila persone, a est uno dei cinque rioni, Borgo Durbecco o Rione Bianco. In questi giorni il corso del fiume rappresenta una vera e propria linea di demarcazione, perché l’esondazione ha riguardato principalmente Borgo Durbecco: in centro non c’è nulla di diverso dal solito mentre a circa 600 metri di distanza, dall’altra parte del Lamone, vanno avanti gli sgomberi e la pulizia di cantine, pianterreni e strade.

La mattina dell’8 maggio tutti gli strumenti musicali e gli amplificatori della Artistation, la scuola di musica di via Silvio Pellico che si era riempita con due metri d’acqua, sono stati portati via. Una coppia di docenti, Simone che insegna a suonare il basso e Nicola la batteria, sta finendo di rimuovere la moquette rimasta sotto il fango per più di 24 ore. Gli spazi normalmente frequentati da più di 300 ragazzi sono irriconoscibili: il cartongesso delle pareti si è sciolto o è stato smantellato durante i lavori di pulizia, non c’è più il palco né l’impianto di illuminazione, sono rimasti solo un condizionatore danneggiato vicino al soffitto e la tazza del gabinetto. La pressione dell’acqua ha anche piegato una porta tagliafuoco.

«Mercoledì notte siamo entrati con i vigili del fuoco, per poco tempo, ho preso i bassi che riuscivo, li ho portati a casa per lavarli e provare a salvarli», racconta Simone: «Il giorno dopo abbiamo tolto il fango, poi venerdì abbiamo cominciato a strappare la moquette. Ieri ci ha dato una mano la squadra di rugby di Faenza». Nonostante i danni ingenti, gli insegnanti si stanno già riorganizzando per continuare le lezioni in locali messi a disposizione nel quartiere, ad esempio da una scuola media. «Abbiamo fatto partire una raccolta fondi che sta andando abbastanza bene. Forse siamo più fortunati di altri perché riceviamo solidarietà per via di quello che facciamo: se fossimo una vetreria sarebbe diverso, a quelli qui attorno nessuno gli organizza una raccolta fondi».

L’interno della scuola di musica Artistation, a Faenza, l’8 maggio 2023 (Valentina Lovato/Il Post)

Non si sa ancora se nella notte tra il 2 e il 3 maggio gli argini abbiano ceduto o siano stati scavalcati dall’acqua, quello che è certo è che la piena del torrente Marzeno, che confluisce nel Lamone a monte di Borgo Durbecco, ha allagato la riva destra del fiume. Nel tardo pomeriggio, all’aggravarsi delle condizioni meteorologiche, il comune aveva avvisato la popolazione di «limitare al massimo gli spostamenti e tenersi lontani dai corsi d’acqua e dagli avvallamenti», oltre che di evitare di «scendere in cantine e scantinati». Aveva raccomandato invece di «portarsi ai piani alti», soprattutto nelle aree più vicine ai fiumi. La pagina Facebook del sindaco, Massimo Isola, aveva poi proseguito ad aggiornare la popolazione locale, ma in ogni caso non c’era stato il tempo di mettere al riparo le cose.

I proprietari e i dipendenti dell’impresa edile Melandri hanno dovuto buttar via «praticamente tutto» ciò che si trovava nel proprio magazzino e nel cortile, tra cui macchine e attrezzature: «Il problema adesso è che non riusciamo a rimetterci a lavorare perché non sappiamo nemmeno come fare a ricomprare questa roba. Speriamo che non ci lascino da soli» dice la titolare, Silvia. La sede della ditta si trova in uno dei primi punti da cui l’acqua è defluita: grazie all’autobotte di un amico è stato possibile rimuoverla dall’accesso sulla strada, poi ci sono voluti due giorni solo per spalare il grosso del fango, che quando si asciuga «diventa come cemento».

La rimozione di alcuni oggetti danneggiati dall’alluvione a Faenza, l’8 maggio 2023 (Valentina Lovato/Il Post)

Per le strade della zona rossa ci sono autobotti, camion degli spurghi e dell’Hera, la multiservizi emiliano-romagnola che si occupa della raccolta dei rifiuti, pick-up della Protezione Civile usati per lavare via il fango, ambulanze della Croce Rossa e mezzi di varie aziende locali. Le persone al lavoro sono faentine, residenti nella zona rossa ma anche in altre zone, e con loro donne e uomini provenienti dal resto della regione e non solo: per esempio i volontari professionali della Protezione Civile, che sono addestrati a lavorare con funzioni specifiche in situazioni di emergenza all’interno della gerarchia organizzativa del servizio.

«Abbiamo circa 280 persone al lavoro solo sull’alluvione e sulle frane in montagna, quindi su sei comuni», spiega Marco Iachetta: «120-130 volontari vengono da fuori». Durante il fine settimana poi hanno lavorato anche più di 450 “volontari civici”, cioè persone senza una formazione specifica, che hanno dato la propria disponibilità. «Sono quelli che una volta si chiamavano “angeli del fango”. Gli abbiamo dato degli stivali, delle pale e i guanti perché non si facessero male. Non li impieghiamo all’interno di scenari operativi pericolosi, ma dove i volontari professionali e le ditte specializzate chiamate dal comune sono già passate».

Nella zona alluvionata di Faenza, l’8 maggio 2023 (Valentina Lovato/Il Post)

Iachetta insiste sul fatto che «la Protezione Civile non è un corpo» ma un «servizio nazionale composto da strutture elette, i comuni, le regioni e il governo, e da strutture operative, quelle tecniche come i vigili del fuoco, quelle di ordine pubblico, le forze armate e il volontariato». Il volontariato è «una struttura operativa essenziale» e insieme a tutte le altre fa la Protezione Civile.

Nella zona rossa si vedono anche vari assessori comunali, distolti dalle loro occupazioni abituali e impiegati per monitorare la situazione in vari modi. Intanto i tecnici più esperti ispezionano gli argini – e le frane, nelle zone collinari – per riparare le parti crollate insieme alle ditte coinvolte dal comune e individuare, anche attraverso le segnalazioni dei cittadini, i punti a rischio di cedimenti. Tutte le operazioni sono coordinate dal COC allestito in municipio. «L’area colpita è talmente vasta che è molto dura, è un lavoro certosino», spiega sempre Iachetta: «Usiamo i droni, le squadre a terra, qualsiasi strumento che ci consenta di dire “quella strada è sicura”, “quella frana è in sicurezza”, “quella frazione non è più isolata, abbiamo ripristinato i collegamenti”».

Il COC sarà attivo finché tutta la popolazione non sarà rientrata nelle case e una volta che le previsioni meteorologiche non saranno più preoccupanti. Sono previste precipitazioni diffuse e al momento c’è allerta gialla, il primo livello di allarme per cui la Protezione Civile entra in fase operativa. Il secondo è l’arancione, che la settimana scorsa c’era già il lunedì in vista del martedì. Il COC era già operativo prima che iniziassero gli allagamenti, quindi gli avvisi per la sicurezza della popolazione sono stati diffusi per tempo.

Lungo la strada che costeggia l’argine del Lamone c’è la palestra Lucchesi, sede della storica società sportiva di lotta di Faenza, nota per le medaglie d’oro di Vincenzo Maenza alle Olimpiadi di Los Angeles ’84 e Seul ’88. Nel giro di quattro giorni sono stati in buona parte ripuliti dal fango i 2.500 metri quadrati della struttura, anche spostando macchinari pesanti 200 chili: la società sportiva ha dovuto buttare via una vasca idromassaggio, i computer degli uffici, l’archivio cartaceo con i risultati storici degli atleti e alcuni tapis roulant da 10mila euro l’uno. Ci sono ancora da ripulire i pesi e gli attrezzi recuperabili, per ora in attesa nel parcheggio.

L’ingresso della palestra Lucchesi, a Faenza, l’8 maggio 2023; a sinistra attrezzi da ripulire (Valentina Lovato/Il Post)

Le pulizie dentro la palestra Lucchesi, a Faenza, l’8 maggio 2023 (Valentina Lovato/Il Post)

Gianni Morsiani, presidente di Faenza Lotta, non sembra troppo abbattuto perché «in due giorni grazie ai volontari abbiamo sgomberato tutto», ma dice anche di essere passato per un momento di «depressione». Spiega che grazie all’aiuto delle altre società sportive, quelle di atletica, nuoto e tennis, si potranno continuare gli allenamenti in vista dei campionati italiani per ragazzi di fine mese. Poi gli scappa una risata mentre racconta di aver trovato due pesci rossi nell’acqua dell’alluvione rimasta nella palestra.