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  • Martedì 14 febbraio 2023

La prima sfidante di Trump ha cambiato molte volte idea su Trump

Nikki Haley, ex ambasciatrice americana all'ONU, si è candidata alle primarie Repubblicane per le elezioni del 2024, tra scarsi entusiasmi

Nikki Haley con l'allora presidente Donald Trump nel novembre 2018 (AP Photo/Evan Vucci, File)
Nikki Haley con l'allora presidente Donald Trump nel novembre 2018 (AP Photo/Evan Vucci, File)
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Martedì l’ex deputata e governatrice del South Carolina Nikki Haley ha annunciato la sua candidatura alle primarie del Partito Repubblicano per le elezioni presidenziali statunitensi del 2024. Haley è quindi la prima sfidante di Donald Trump, che aveva reso ufficiale la sua nuova candidatura alla Casa Bianca già nel novembre 2022, subito dopo le elezioni di metà mandato.

Haley una decina di anni fa era considerata una potenziale leader dei Repubblicani. Durante le primarie presidenziali del 2016 fu una forte oppositrice della scalata di Donald Trump al partito, ma poi quando questi divenne presidente fu nominata dallo stesso Trump ambasciatrice americana presso le Nazioni Unite. Da allora è stata una fedele alleata di Trump, anche dopo l’assalto dei suoi sostenitori al Congresso nel gennaio 2021. Aveva recentemente detto che non si sarebbe candidata alle primarie se Trump avesse scelto di farlo, ma poi aveva fatto capire di aver cambiato ancora idea.

Martedì è arrivato l’annuncio ufficiale della sua campagna per le presidenziali, che avrà come sede centrale proprio il South Carolina, dove vive. Nel suo primo messaggio Haley ha puntato sull’idea di una necessità di un «cambio generazionale», ha definito i Democratici «sinistra socialista» e ha sottolineato la sua esperienza internazionale: «Cina e Russia vedono un’America vulnerabile, pensano di poterci bullizzare e prendere a calci. Dovreste ormai sapere una cosa su di me: non sopporto i bulli. E quando restituisci un calcio, fa più male se indossi i tacchi».

Secondo i primi sondaggi Haley non sembra avere grandi possibilità: alcuni la posizionano come terza-quarta possibile scelta dei sostenitori Repubblicani, ma molto lontana dai due favoriti Donald Trump e Ron DeSantis, governatore della Florida che però non ha ancora annunciato se effettivamente correrà per la presidenza. Altri sondaggi, più pessimisti, le attribuiscono come base di partenza solo il 3 per cento dei voti.

Forse anche per questo, per guadagnare una certa visibilità e per avere spazio per posizionarsi politicamente, Haley ha scelto di candidarsi con un certo anticipo: nelle prossime settimane potrebbe essere seguita da almeno altri 4-5 politici Repubblicani, fra cui l’ex vicepresidente Mike Pence. Secondo alcuni sondaggisti, però, la candidatura di Haley potrebbe aiutare Donald Trump: in una corsa più affollata l’ex presidente manterrebbe lo zoccolo duro dei suoi sostenitori, mentre Haley e altri candidati potrebbero togliere voti proprio al governatore della Florida, se dovesse partecipare alle primarie.

Nikki Haley ha 51 anni e viene da una famiglia di immigrati indiani. Haley è il cognome del marito Michael. Lei è nata a Bamberg (South Carolina), come Nimrata Nikki Randhawa: la sua è una famiglia di religione sikh e originaria dalla regione indiana del Punjab. Haley, che si vanta di «non aver mai perso un’elezione», è stata eletta una prima volta nel 2004 alla Camera dei deputati statale del South Carolina, dove ha svolto tre mandati. Nel 2010 si è candidata al ruolo di governatrice dello stato, ottenendo durante le primarie il sostegno di Mitt Romney e Sarah Palin, allora esponenti molto influenti nell’ambito conservatore: ha vinto le primarie e poi sconfitto il Democratico Vincent Sheheen. È stata così la prima donna a diventare governatrice dello stato, la più giovane governatrice degli Stati Uniti e la seconda di origini indiane.

Le sue idee politiche sono allineate al conservatorismo del Partito Repubblicano, soprattutto sui temi dei diritti civili: è contro l’aborto, contro l’estensione di nuovi diritti alla comunità LGBTQ+, sostenitrice della cosiddetta famiglia tradizionale e della libertà di portare armi.

Nei primi anni di carriera, la sua immagine è stata legata anche al rinnovamento del Partito Repubblicano: donna, figlia di immigrati, non-bianca, giovane e vincente, in quegli anni sembrava avere il profilo ideale per ampliare la base elettorale del partito. Riconfermata governatrice nel 2014, si è trovata a dover gestire la strage di Charleston del 2015: il 18 giugno il suprematista bianco Dylann Roof entrò in una chiesa molto frequentata dalla comunità nera e cominciò a sparare, facendo nove vittime.

Sui social l’attentatore aveva postato varie foto con la bandiera confederata, quella degli Stati del Sud durante la guerra civile americana, che lottavano anche per il mantenimento della schiavitù: la stessa bandiera nel 2015 sventolava ancora nei pressi del parlamento del South Carolina. La governatrice Haley firmò la legge che la rimuoveva, dopo una lunga polemica che assunse dimensioni nazionali.

La firma della legge che attua la rimozione della bandiera confederata in South Carolina (AP Photo/John Bazemore)

Durante le primarie Repubblicane del 2016 Haley fu fra i più convinti critici di Donald Trump, soprattutto dopo che si era rifiutato di condannare apertamente alcuni gruppi di suprematisti bianchi. Disse di vergognarsi come Repubblicana e affermò che Trump era un candidato razzista che il partito doveva rifiutare. Alle primarie sostenne prima il senatore Marco Rubio e poi, quando questi si ritirò, il senatore Ted Cruz. E di Trump disse: «Fa tutto quello che ho insegnato a non fare ai miei figli all’asilo».

Nove mesi più tardi, con Donald Trump eletto presidente, fu nominata piuttosto sorprendentemente ambasciatrice presso le Nazioni Unite, un ruolo di alto livello e grande prestigio che mantenne fino al dicembre 2018, quando si dimise per motivi mai veramente spiegati, che avevano fatto pensare a una possibile candidatura al ruolo di vicepresidente, o presidente, nelle elezioni del 2020.

Il giuramento da ambasciatrice all’ONU con l’allora vicepresidente Mike Pence (AP Photo/Evan Vucci)

Da allora Haley è rimasta sempre su posizioni piuttosto vicine a quelle di Donald Trump, anche per ragioni di opportunità politica: opporvisi ha spesso significato perdere influenza all’interno del partito, sempre più spostato verso posizioni estremiste. Ha talvolta abbracciato le tesi cospirazioniste promosse dall’ex presidente, si è in parte rimangiata il giudizio negativo sulla bandiera confederata («Per molti rappresenta spirito di servizio, sacrificio e tradizione») e ha condannato solo timidamente l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021. Pochi mesi dopo quei fatti rese pubblico il suo supporto all’ex presidente, affermando che non si sarebbe candidata alla presidenza in caso lui lo avesse fatto.

La perdita di parte dei consensi di Trump, confermata soprattutto dalle sconfitte dei candidati che sosteneva nelle elezioni di metà mandato di novembre 2022, l’ha convinta a una nuova svolta, con l’annuncio della candidatura confermato ufficialmente martedì dopo varie anticipazioni.

Secondo molti dei critici dell’attuale partito Repubblicano, la sua traiettoria politica è rappresentativa della deriva generale del movimento conservatore. , Repubblicano e consigliere delle campagne elettorali di George W. Bush e Mitt Romney, ha scritto sul New York Times: «Nessun personaggio politico rappresenta meglio di Nikki Haley il collasso dell’attuale partito Repubblicano».