Il sushi col salmone lo hanno inventato i norvegesi

Furono loro a convincere i giapponesi che uno dei loro piatti più famosi si poteva preparare anche così, con un'operazione di marketing ben riuscita

sushi salmone
(Octavio Jones/ Tampa Bay Times via ZUMA Wire, ANSA)
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Quando si pensa alla cucina giapponese uno dei primi piatti che vengono in mente è il sushi, il tradizionale riso bollito servito con pesce crudo e altri ingredienti, al centro del successo della cucina giapponese in tutto il mondo, Italia compresa. Una delle versioni più conosciute e apprezzate di sushi è quella con il salmone: fino a trent’anni fa però in Giappone questo piatto non esisteva, e il salmone era un pesce che si mangiava solo cotto. L’idea che convinse i giapponesi a mettere il salmone nel sushi arrivò dalla Norvegia: fu il frutto di un’operazione di marketing complicata ma ben riuscita, che risolse alcune necessità sia da una parte che dall’altra.

La Norvegia esporta da sempre vari tipi di pesce, ma grazie alle efficaci pratiche di allevamento introdotte negli anni Settanta oggi è soprattutto il principale produttore di salmone al mondo. Per dare l’idea, nel 2022 ha esportato più di 1,25 milioni di tonnellate di salmone, per un valore di oltre 105 miliardi di corone norvegesi (poco meno di 10 miliardi di euro), più dei due terzi del totale delle sue esportazioni di pesce. Già nel 1980 più della metà del salmone da allevamento prodotto a livello globale arrivava dalla Norvegia: nei dieci anni successivi, poi, la produzione crebbe così rapidamente che le quantità di salmone a disposizione superarono anche la domanda delle esportazioni.

Per provare a risolvere il problema senza ridurre la produzione, la Norvegia puntò al Giappone, un paese che nello stesso periodo stava facendo fatica a soddisfare il proprio fabbisogno di pesce sia a causa della pesca eccessiva, sia a causa di alcune nuove restrizioni sulle acque in cui poter pescare. Nel 1986 il ministero della Pesca norvegese avviò quindi il cosiddetto “Progetto Giappone”, un’iniziativa che aveva l’obiettivo di convincere importatori, distributori e catene di supermercati giapponesi a comprare il suo salmone.

A capo del progetto fu messo Bjørn Eirik Olsen, che ebbe la curiosa idea di provare a proporlo come ingrediente per il sushi, anche se non era una combinazione che faceva parte della gastronomia tradizionale giapponese.

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In un’intervista di qualche anno fa a NPR, Olsen raccontò che quando propose a vari dirigenti e funzionari dell’industria ittica in Giappone di usare il salmone norvegese per fare il sushi, molti gli risposero che sarebbe stato «impossibile»: nessuno in Giappone mangiava il salmone crudo per il timore dei parassiti, inoltre dicevano che non era così buono, aveva un odore troppo forte e avrebbe dovuto avere un colore più tendente al rosso per risultare gradevole al pubblico. Olsen provò a insistere sul fatto che il salmone norvegese non aveva parassiti e veniva allevato in acque fresche e pure, ma la strategia non funzionò. In seguito tentò di persuadere alcuni chef giapponesi a usarlo, ma perché le cose cambiassero ci vollero anni e, in particolare, un accordo commerciale.

La svolta arrivò quando Olsen riuscì a convincere l’azienda giapponese di cibi surgelati Nichirei a comprare 5mila tonnellate di salmone crudo a un prezzo molto basso per venderlo appositamente per preparare sushi. All’inizio il piatto si diffuse nei ristoranti di sushi a buon mercato, quelli in cui il cibo viene servito su piattini che girano su nastri trasportatori. Poi dal 1995 il sushi col salmone crudo cominciò a diventare di moda ed entrò a far parte della cultura locale, diventando un piatto popolarissimo, anche grazie alle dimostrazioni di alcuni chef durante vari programmi di cucina in tv.

Nel 1980 la Norvegia aveva esportato in Giappone due tonnellate di salmone: nel 1995, quindici anni dopo, il Giappone acquistò invece dalla Norvegia 28mila tonnellate di salmoni e trote. L’operazione ebbe successo anche perché nel frattempo la popolazione giapponese stava crescendo rapidamente, così come la sua capacità di spesa e i suoi consumi di pesce.

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Anche se oggi lo si associa immediatamente con la cucina giapponese, il sushi non ebbe origine in Giappone: per quel che ne sappiamo ci arrivò un migliaio di anni fa dalla Cina, o comunque dal Sud Est asiatico. Per la maggior parte della sua storia inoltre non era nemmeno preparato con pesce crudo, bensì con pesce conservato sottosale e altri ingredienti.

Qualcosa di più simile a ciò che è oggi il sushi si iniziò a vedere nel Giappone del Diciannovesimo secolo, ma ancora negli anni Quaranta nel Novecento c’erano aree rurali del paese in cui nessuno conosceva il sushi, né tantomeno lo mangiava. Nei decenni successivi una lunga serie di fenomeni e avvenimenti – dalle maggiori e sempre più diffuse possibilità di refrigerazione dei cibi all’aumento di intensità e velocità dei commerci fino alla diffusione di un nuovo tipo di riso – portò però il sushi ad affermarsi nel paese, consolidando un legame sempre più profondo con la sua cultura. Ancora oggi, in ogni caso, la cucina giapponese non è solo il sushi, che i giapponesi mangiano raramente e perlopiù in occasioni speciali.

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