La società che portò il sushi negli Stati Uniti è anche un culto

La bizzarra storia del reverendo sudcoreano Sun Myung Moon, e di come fondò un impero commerciale e una chiesa ancora attivi

(Whitney Curtis/AP Images for Fresh Thyme Market)
(Whitney Curtis/AP Images for Fresh Thyme Market)

Quando chiesero a In Jin Moon, una delle figlie del reverendo sudcoreano Sun Myung Moon, se secondo lei il culto fondato dal padre avesse cambiato il mondo, lei rispose: «in modo incredibile: quando iniziò nessuno conosceva il sushi o mangiava pesce crudo». Secondo lei, il più rilevante contributo del padre, morto nel 2012, era stato «far conoscere il sushi al mondo». Era stato il suo modo, disse un’altra volta, «di entrare nei corpi delle persone».

Daniel Fromson ha raccontato sul New York Times Magazine la storia di come il sushi arrivò e soprattutto prosperò negli Stati Uniti, una storia che parte dall’Asia, ma non dal Giappone, e che ha molto a che fare con Moon e la sua controversa Chiesa dell’Unificazione. Un culto con cui «volevano creare il regno di Dio, finendo per vendere pesce crudo». Di certo, fecero molti soldi.

Il sushi, cioè quel tipo di cucina che consiste prevalentemente in riso bollito con pesce crudo e altri ingredienti, non nacque infatti in Giappone, il paese a cui è oggi strettamente associato. Ci arrivò un migliaio di anni fa dalla Cina, o comunque dal Sud Est asiatico. Peraltro, all’inizio nemmeno era crudo: «per la maggior parte della sua storia» ha scritto Fromson, «era fermentato, ed era un’accozzaglia di piatti regionali spesso esoterici fatti con riso e pesce conservato sottosale».

Qualcosa di più simile a ciò che è oggi il sushi si iniziò a vedere nel Giappone del Diciannovesimo secolo, ma ancora negli anni Quaranta nel Novecento c’erano aree rurali del paese in cui nessuno conosceva il sushi, né tantomeno lo mangiava. Nei decenni successivi una lunga e non del tutto chiara serie di questioni storiche, tecnologiche e culinarie (c’entrano la Seconda guerra mondiale, le maggiori e sempre più diffuse possibilità di refrigerazione dei cibi, l’aumento di intensità e velocità dei commerci e perfino la diffusione di un nuovo tipo di riso) portarono però il sushi ad affermarsi in Giappone, consolidando un legame sempre più profondo con il paese e la sua cultura. Ancora oggi, in ogni caso, la cucina giapponese non è il sushi, che i giapponesi mangiano raramente e perlopiù in occasioni speciali.

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Negli Stati Uniti, così come altrove nel mondo, il sushi si fece conoscere anzitutto grazie ai giapponesi che emigravano dal proprio paese. Tra il farsi conoscere e l’avere un incredibile successo per molti decenni c’è però una gran bella differenza. E a farla fu proprio il reverendo Sun Myung Moon.

Nato nel 1920 in quella che oggi è la Corea del Nord e che allora era la Corea occupata dal Giappone, Moon crebbe in una famiglia che credeva nel confucianesimo, ma che quando lui era ragazzo si convertì al cristianesimo e si unì con un certo fervore alla Chiesa presbiteriana. Moon si sposò, ebbe un figlio, divorziò e nel 1954 fondò a Seul la Chiesa dell’Unificazione. Sposò poi Hak Ja Han (anche nota come la “Vera Madre”) e con lei e i molti loro figli formò quella che per i suoi seguaci era la “Vera Famiglia”.

Il reverendo Moon nel 2001 (Alex Wong/Newsmakers)

La Chiesa dell’Unificazione si basava molto sul personaggio di Moon (che raccontava di aver parlato con Gesù e diceva di vedere il futuro), e fondeva tra loro elementi «del buddismo, del confucianesimo, dello sciamanesimo e della magia sessuale», e che tra l’altro «non era poi così diversa da altre nuove religioni sudcoreane», dice Fromson.

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La Chiesa dell’Unificazione di Moon però ebbe più successo, soprattutto in Giappone. In particolare un suo conglomerato i cui adepti erano di fatto «agenti di vendita istruiti a negare ogni legame con quel culto, che erano soliti approcciare potenziali clienti identificando presunte malattie o maledizioni, le quali potevano ovviamente essere curate comprando cose molto costose», alcune delle quali di origine coreana.

Dopo il successo della sua chiesa in Giappone, nel 1972 Moon andò negli Stati Uniti. Secondo una fonte citata dal New York Times Magazine ci arrivò con una valigetta al cui interno c’erano quasi due milioni di dollari. A cui nei decenni successivi si sarebbero aggiunti almeno 3,6 miliardi di dollari partiti dal distaccamento giapponese della Chiesa dell’Unificazione e arrivati negli Stati Uniti, dove Moon aprì piuttosto presto una nuova società con sede a Washington. Una società che legalmente era separata dalle attività religiose di Moon, ma che nei fatti non lo era: come suggerito tra l’altro dal fatto che si chiamasse Unification Church International.

Negli anni Settanta, mentre la Unification Church International accresceva i suoi affari, molti giapponesi e sudcoreani arrivarono negli Stati Uniti e il culto guadagnò nuovi adepti. In particolare, Fromson ha parlato di un grande evento organizzato da Moon a New York, nel 1980, «nel suo grattacielo» e davanti a un pubblico composto perlopiù da giapponesi. Tra i tanti, c’era anche il trentenne Takeshi Yashiro, convertitosi al credo di Moon dopo essere arrivato negli Stati Uniti.

Così come gli altri, Yashiro era lì per diventare missionario per conto di una religione che si basava sul Principio divino, (un testo scritto da Moon e rivelato ai membri della chiesa con più riprese e modifiche nel corso degli anni). Molto in sintesi, la religione credeva che uomini e donne fossero stati creati per dare gioia a Dio attraverso la perfezione individuale. Tra le altre cose, divenne nota per i suoi matrimoni di massa.

Un matrimonio di massa nel 2013 (Chung Sung-Jun/Getty Images)

A Yashiro e agli altri, Moon disse: «voi siete i pionieri dell’industria del pesce, andate e riportate prosperità». L’obiettivo, ha ricordato Yashiro, era mettere fine alla fame nel mondo. Il tutto aveva comunque a che fare con il fatto che negli anni Settanta e Ottanta Moon si era appassionato di pesca e aveva elaborato una vaga teoria che vedeva negli oceani la chiave di volta dei suoi «arcani progetti teologici» e, soprattutto, «la base per un impero commerciale».

All’inizio, Moon pensava soprattutto al tonno e spiegò: «ho pensato a tutto il sistema; si parte dalla costruzione delle barche, poi si pesca il pesce e lo si processa, dopodiché si pensa a una rete di distribuzione». L’idea di Moon, hanno spiegato alcuni suoi vecchi seguaci, era vendere pesce porta a porta, facendo nel frattempo proselitismo per la Chiesa dell’Unificazione.

L’attività che Yashiro e gli altri adepti fecero crescere «è oggi la più grande società di pesce fresco degli Stati Uniti», ha scritto Fromson. Si chiama True World Foods, e fa parte di True World Group, a sua volta controllato da Unification Church International.

Yashiro divenne poi presidente di True World Foods, una società che oggi opera anche al di fuori degli Stati Uniti e che gestisce pesce e crostacei, per sushi e non, ma anche salse, coltelli, frutti esotici, dolci e, nella sintesi di Fromson, «ogni altra cosa che potrebbe servire a chi fa sushi». Una società che «ha oltre 500 milioni di dollari di entrate annue» e che nel 2021 porterà dal Giappone agli Stati Uniti circa mille tonnellate di pesce fresco. Ma anche una società in cui «l’intricato groviglio tra affari e religione ha conferito sia vantaggi nascosti che vulnerabilità particolari», che negli anni si è trovata in mezzo a una faida familiare e a una causa legale le cui conseguenze ancora si stanno facendo sentire.

Prima dei problemi, comunque, ci furono i successi. Con i soldi dal Giappone e con il fervore degli adepti (che furono mandati a vendere e convertire un po’ ovunque negli Stati Uniti, ognuno con un omaggio iniziale di 100 dollari da parte di Moon) la società crebbe. Tra l’altro sull’onda di un crescente interesse statunitense, e poi più in generale da parte di tutto l’Occidente, per il Giappone e i suoi prodotti, che si trattasse di macchine, orologi, film, prodotti tecnologici o alimentari. Già da prima di Moon, infatti, l’interesse per il sushi cresceva: «dal 1977 al 1980», ha ricordato Fromson, «i ristoranti che vendevano sushi nella California meridionale salirono da 39 a 116».

Come in Italia, e così come con molti altri cibi esotici, il sushi fu anzitutto percepito come qualcosa di strano, poi di raffinato, infine popolare. Ancora nel 1985, comunque, il film Breakfast Club lo presentò così:

Il sushi arrivò poi ovunque: fu cibo da strada, spuntino da stadio, gag nei Simpson, parola usata nel rap e simbolo di diplomazia culturale (pare piacesse molto a Bill Clinton, o comunque così disse lui). Negli anni Novanta arrivò anche nei supermercati.

Serviva quindi sempre più pesce per sushi, cosa che inevitabilmente fece crescere la principale società che lo forniva. Che peraltro era composta in gran parte da giapponesi, che si trovavano quindi molto a loro agio con gli chef, spesso giapponesi, che ordinavano quel pesce. «E quando non c’erano chef, i seguaci stessi lo diventavano».

A dire il vero, i piani di Moon contemplavano il sushi ma erano più genericamente rivolti al tonno in altre sue forme. Ma lui e la True World Foods erano al posto giusto nel momento giusto per intraprendere un’altra, redditizia strada.

(Marcelo Endelli/Getty Images)

Col tempo le cose cominciarono ad andare peggio. I problemi derivarono principalmente dalle tante implicazioni di un’attività commerciale che per molti versi era la sussidiaria di una religione, e che tra le altre cose poteva contare su un considerevole flusso di denaro proveniente da un conglomerato giapponese a sua volta legato a quella religione. Un’attività in cui, come ha scritto Fromson, «Moon esercitava una enorme autorità, perché sebbene fosse solo di rado implicato nelle operazioni quotidiane dell’azienda la sua approvazione era richiesta nei momenti decisivi». Sempre a proposito di Moon, Fromson ha scritto che, da leader religioso quale era, «promosse una cultura aziendale basata sulla reverenza e la deferenza» e in cui era evidentemente difficile criticare il fatto che una rilevante parte delle entrate fosse destinata a finanziare altre sue attività.

Soprattutto, i problemi ebbero a che fare col fatto che dopo il 2012, quando Moon morì a 92 anni, ci furono diverse e piuttosto contorte dispute su chi dovesse prendere il suo posto. Dispute che tirarono in ballo sia le questioni di fede che quelle di affari. Hak Ja Han Moon, la “Vera Madre”, che ha 78 anni, si incaricò della parte religiosa; Hyun Jin Moon, il più anziano tra i suoi figli ancora in vita, che sotto Moon aveva importanti ruoli nelle attività di famiglia, si prese la parte economica e, come ha scritto Fromson, «sostiene di essere l’unico vero successore del padre». Oggi gestisce il patrimonio milionario della Unification Church International.

Già da anni, tuttavia, Hyun Jin Moon (anche noto come Preston) è piuttosto critico su come viene gestita la parte religiosa dell’attività di famiglia. Disse per esempio: «vogliamo che il mondo torni a Dio o vogliamo restare per sempre un culto o una nuova religione?». È insomma una faccenda parecchio complicata, che Fromson ha definito «simile a una guerra civile». Il fatto che Hak Ja Han Moon abbia avuto sette figli e sette figlie di certo non aiuta dal punto di vista della successione. Ma già prima della morte di Moon c’erano state complesse evoluzioni legali, che – in breve – diedero torto a Preston, che a quanto pare agì per far sì che 470 milioni di dollari venissero trasferiti dalle attività di famiglia verso una fondazione svizzera a lui vicina.

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Nonostante i diversi problemi, e nonostante sia stato per molto versi acclarato il legame tra l’attività legata al sushi e la religione fondata da Moon, True World Foods continua comunque a essere una enorme azienda e ad avere un rilevante ruolo nel mondo del sushi. La Chiesa dell’Unificazione, ha scritto Fromson, «è sopravvissuta a oltre mezzo secolo di conflitti e controversie» e Robert Bleu, l’attuale presidente di True World Group, dice che «True World Foods non ha mai smesso di seguire gli ideali di Moon», che tra le altre cose fu condannato per evasione fiscale.

Il sushi, intanto, ha continuato a crescere e cambiare, anche a prescindere da Moon e anche fuori dagli Stati Uniti. Secondo Eric C. Rath, storico dell’Università del Kansas, perché è «una forma di cucina capace di continuare a evolversi silenziosamente in nuove forme che ben pochi sanno prevedere».

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