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  • Venerdì 23 settembre 2022

Il governo neozelandese vuole che tutti i documenti ufficiali siano scritti semplici

Il parlamento sta discutendo una proposta di legge che dovrebbe sostituire il "burocratese" con espressioni familiari e comprensibili

La deputata Rachel Boyack durante la prima lettura del disegno di legge nell'ottobre del 2021 (Parlamento della Nuova Zelanda)
La deputata Rachel Boyack durante la prima lettura del disegno di legge nell'ottobre del 2021 (Parlamento della Nuova Zelanda)
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Alla fine di agosto in Nuova Zelanda è stato approvato in seconda lettura il cosiddetto “Plain Language Bill”, un disegno di legge che prevede di sostituire il lessico generalmente complesso e ingarbugliato dei documenti ufficiali con un linguaggio più semplice, familiare e comprensibile. La proposta ha generato un dibattito piuttosto intenso tra i deputati neozelandesi e deve ancora essere approvata in via definitiva: secondo il Partito Laburista al governo, che la sostiene, se diventerà legge contribuirà a garantire un diritto democratico di base, cioè la migliore comprensione degli atti ufficiali.

L’obiettivo del Plain Language Bill (che si può tradurre come “proposta di legge del linguaggio semplice”) è usare parole facili da capire e frasi costruite ordinatamente per comunicare in maniera più diretta con il pubblico. Prevede che tutte le comunicazioni del governo siano «chiare, concise, ben organizzate e adatte» a essere capite da chi le legge, perché possa comprendere e sfruttare meglio le informazioni che cerca. La proposta riguarda anche comunicazioni e procedure come le richieste di permesso di soggiorno, le pratiche di divorzio e l’accesso ai sussidi statali.

Fin dagli anni Settanta i movimenti per l’adozione di un linguaggio più semplice si sono diffusi in diversi paesi, tra cui Regno Unito, Stati Uniti e Canada: nel 2010 negli Stati Uniti fu approvato il “Plain Writing Act”, che prevede che tutti i documenti ufficiali destinati al pubblico siano «scritti con chiarezza» (nei paesi anglofoni un linguaggio considerato semplice è quello che per esempio usa frasi da massimo 15-20 parole, verbi in forma attiva anziché passiva e parole comuni al posto di quelle del gergo tecnico).

Anche in Italia nel corso dell’ultima legislatura una proposta con obiettivi simili era arrivata a essere discussa in parlamento: un gruppo di deputati aveva infatti chiesto l’introduzione di una misura che permettesse di spiegare meglio le leggi già approvate, spesso scritte con un linguaggio oscuro e difficile da capire per chi non è del mestiere. La proposta di legge era stata poi affidata alla commissione Affari Costituzionali della Camera, che però finora non l’ha presa in esame.

Anche in Nuova Zelanda il tema della semplificazione del linguaggio riceve da tempo grande attenzione, ed esistono perfino premi che vengono assegnati a chi propone il migliore tentativo di trasformazione di una frase troppo complessa. Di recente uno dei premi è andato a chi ha sostituito una comunicazione del dipartimento di Statistica del governo:

Nell’arco dell’anno abbiamo testato la prontezza all’innovazione e l’adattabilità ai cambiamenti dell’organizzazione, apportato cambi significativi al nostro sistema di assegnazione delle priorità e agli approcci agli investimenti, siamo passati a un’operatività basata sulle attività e abbiamo visto un riscontro delle squadre di tutto [il dipartimento di] Statistica nel dedicare tempo alle attività per contrastare i punti critici per la clientela e quelli al suo interno.

con una versione decisamente più semplificata:

Abbiamo verificato quanto la nostra organizzazione sia pronta per innovarsi e fare cambiamenti. Abbiamo anche cambiato il nostro approccio rispetto alle priorità e agli investimenti, e siamo passati a uno stile di lavoro flessibile per il nostro staff. In risposta, lo staff si è concentrato sul risolvere le proprie criticità e quelle della clientela.

La deputata laburista Rachel Boyack, che ha presentato la proposta di legge, ha osservato che i neozelandesi hanno il diritto di capire in maniera chiara cosa il governo stia chiedendo loro di fare e quali siano i loro diritti. Secondo Boyack, quando il governo comunica in un modo che le persone non capiscono, può succedere che queste non sfruttino i servizi a loro disposizione e non riescano a partecipare a pieno alla vita sociale, perdendo così la fiducia nelle istituzioni.

Chi sostiene la legge dice che la sua approvazione è una questione di giustizia sociale e democrazia: in particolare, servirebbe a migliorare l’accesso alle informazioni di certe categorie di persone, come quelle che parlano inglese come seconda lingua (tra cui i migranti), quelle con disabilità o gli anziani. Permetterebbe però anche di facilitare la riscossione delle tasse e risparmierebbe ai dipendenti degli uffici pubblici e a quelli dei call center moltissime richieste di chiarimenti.

Non tutti però sono d’accordo: alcuni politici dell’opposizione ritengono infatti che i controlli che dovrebbero essere introdotti per verificare la comprensibilità dei documenti genererebbero nuovi costi e nuova burocrazia.

Anche i linguisti sembrano divisi sul tema. Molti sostengono che a livello generale una comunicazione più semplice e diretta comporti senz’altro effetti positivi, mentre altri ritengono che un’eccessiva semplificazione del linguaggio non aiuti necessariamente a rendere più efficace o trasparente la comunicazione con il pubblico.

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