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  • Mercoledì 10 agosto 2022

Per ridurre i consumi di gas, ciascun paese fa da sé

I paesi europei si sono impegnati a ridurre il consumo del 15 per cento per far fronte ai tagli della Russia, ma le proposte sono ancora vaghe

La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen (Zheng Huansong/Xinhua via ZUMA Press)
La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen (Zheng Huansong/Xinhua via ZUMA Press)
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Le prossime settimane saranno estremamente importanti per i paesi dell’Unione Europea che dovranno decidere come vorranno gestire le proprie riserve di gas naturale per evitare una crisi energetica nel corso dell’inverno.

Il 26 luglio i paesi europei si sono impegnati a ridurre del 15 per cento il consumo di gas naturale fino al marzo del 2023, come conseguenza delle riduzioni delle forniture di gas da parte della Russia. L’obiettivo dell’accordo è soprattutto di evitare di arrivare al prossimo inverno in una situazione di emergenza, con le scorte di gas al limite per fornire energia e riscaldamento ai cittadini europei. È un accordo che secondo diversi analisti dovrebbe permettere di superare l’inverno senza problemi, anche in caso di ulteriori tagli da parte della Russia.

I governi dei singoli paesi avranno tuttavia ampi spazi di manovra per organizzarsi autonomamente e ridurre i consumi, anche perché l’accordo non è vincolante, a meno che non si verifichino alcune precise circostanze emergenziali.

Inoltre, non tutti i paesi dell’Unione dipendono in modo uguale dal gas russo, e quindi ci sarà chi potrà più facilmente farne a meno e chi invece dovrà decidere con cautela in quali settori effettuare i tagli maggiori, quali accorgimenti adottare o consigliare per ridurre il consumo energetico d’inverno e come trovare fonti alternative. Alcuni paesi, come Spagna e Italia, si sono prefissati per esempio di ridurre il consumo di gas del 7 per cento entro marzo 2023, quindi meno della metà di quanto previsto dall’accordo.

Il taglio del 15 per cento per tutti i paesi indistintamente, inoltre, penalizza alcuni paesi più degli altri: quelli che già ora utilizzano poco gas per produrre energia e lo fanno in maniera più diligente per evitare sprechi inutili avranno infatti più difficoltà a raggiungere questo obiettivo, mentre sarà più facile per i paesi che dovranno solo tagliare un po’ gli sprechi.

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Il caso di cui si discute di più è quello della Germania, il primo paese europeo per consumo di gas russo, che più di tutti quindi sta subendo e subirà le ripercussioni dei tagli decisi dalla Russia come risposta all’appoggio dei paesi occidentali all’Ucraina. Per ora il governo tedesco guidato dal socialdemocratico Olaf Scholz si è mantenuto piuttosto prudente sulle misure che ha intenzione di adottare nei prossimi mesi: ha diffuso solamente una serie di raccomandazioni ai cittadini per consumare energia in maniera più responsabile (per esempio chiedendo agli edifici pubblici di spegnere il riscaldamento nelle aree meno frequentate dalle persone).

Il cancelliere Scholz ha anche annunciato che il suo governo – di cui fanno parte anche Liberaldemocratici e Verdi – sta valutando di mantenere operativi gli ultimi tre impianti nucleari rimasti attivi in Germania, che secondo i piani avrebbero dovuto essere dismessi entro il prossimo dicembre. Se confermato, sarebbe un ulteriore passo indietro della Germania sulle proprie politiche energetiche dopo che circa un mese fa aveva deciso di riaprire alcune centrali elettriche a carbone che erano state dismesse.

Varie città tedesche hanno però adottato piani autonomi. L’amministrazione di Berlino per esempio ha deciso di ridurre l’illuminazione dei monumenti pubblici per risparmiare energia.

Anche in Francia al momento non ci sono molte certezze sulle misure che il governo intende adottare: a luglio è stato presentata una bozza di piano, che però dovrà essere approfondita e ridiscussa nelle prossime settimane, ed è probabile che quando verrà ufficializzato a settembre possa cambiare molto. Il piano prevede che nel 2024 si arrivi a una riduzione del consumo di energia nel paese del 10 per cento rispetto al 2019.

Nel frattempo, alcune misure entreranno già in vigore a breve: a fine luglio la ministra della Transizione energetica francese, Agnès Pannier-Runacher, ha detto che ai negozi che utilizzano sistemi di raffrescamento dell’aria sarà vietato tenere le porte aperte, con l’obiettivo di risparmiare energia. Il divieto varrà anche d’inverno, per il riscaldamento, e sarà accompagnato da un’ulteriore proibizione: negozi, bar e ristoranti non potranno tenere accese insegne luminose tra l’una e le 6 del mattino, fatta eccezione per gli esercizi commerciali di stazioni e aeroporti.

Misure più drastiche e dall’effetto immediato sono state annunciate pochi giorni fa in Spagna, dove il governo ha approvato un piano che impone agli edifici pubblici, a quelli commerciali e agli uffici di limitare l’aria condizionata a 27 °C in estate e il riscaldamento a 19 °C d’inverno. Il governo ha anche detto ai negozi di installare entro il 30 settembre sistemi di chiusura automatica delle porte per evitare la dispersione di energia, e che i negozi dovranno spegnere le luci delle vetrine entro le 22.

La situazione è più complicata in Italia che, pur essendo tra i paesi dell’Unione maggiormente dipendenti dal gas russo, non ha ancora formulato un piano definitivo su come intenda ridurre l’utilizzo di gas nel prossimo inverno. Si è parlato di alcune misure simili a quelle decise in Spagna, ma è tutto ancora in bilico a causa della caduta del governo guidato da Mario Draghi. Se ci saranno misure più o meno drastiche bisognerà attendere le elezioni del 25 settembre e la formazione di un nuovo governo.

Diverse amministrazioni locali nel frattempo hanno adottato in autonomia alcune misure per ridurre l’uso di energia: a Torino, per esempio, è stato deciso di ridurre della luce di molti lampioni della città da mezzanotte all’alba, mentre a Milano la giunta comunale ha raccomandato ai locali commerciali e agli uffici di tenere le porte chiuse per non disperdere energia e di limitare l’uso dei condizionatori, evitando di scendere sotto i 26 gradi °C.

Rispetto a quelli appena citati, vari altri paesi europei hanno molti meno problemi e preoccupazioni, perché non sono altrettanto dipendenti dal gas naturale: la Polonia, per esempio, lo usa soltanto per il 9 per cento del suo fabbisogno energetico, e per questo non è molto interessata a piani di riduzione dei consumi.

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