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  • Sabato 11 giugno 2022

In Francia si vota di nuovo, e Macron è minacciato da sinistra

Alle legislative di domenica rischia di perdere la maggioranza, e ha lanciato una campagna molto aggressiva contro Mélenchon

Manifesti elettorali a Marsiglia, 9 giugno 2022 (AP Photo/Daniel Cole)
Manifesti elettorali a Marsiglia, 9 giugno 2022 (AP Photo/Daniel Cole)
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Domenica 12 giugno in Francia c’è il primo turno delle elezioni legislative per rinnovare l’Assemblea Nazionale, la camera che dà la fiducia al governo. Il secondo turno sarà il 19 giugno. Per il presidente della Repubblica Emmanuel Macron, che ha da poco ottenuto il suo secondo mandato, sarà un momento fondamentale: se otterrà la maggioranza assoluta (289 seggi) potrà infatti evitare la cosiddetta “cohabitation”, cioè la situazione in cui maggioranza parlamentare e presidente appartengono a schieramenti diversi.

L’alleanza tra sinistra, verdi, comunisti e socialisti nella coalizione Nouvelle Union populaire écologique et sociale (NUPES) guidata da Jean-Luc Mélenchon sembra infatti l’unica in grado di privare Macron della maggioranza assoluta in parlamento: la coalizione Ensemble!, che sostiene il presidente Emmanuel Macron, sembra molto preoccupata da questa ipotesi. E dopo lunghe settimane di fiacca, di una “non-campagna elettorale”, come hanno scritto i giornali francesi, il presidente e i suoi sostenitori si sono attivati portando avanti attacchi molto aggressivi contro il leader di NUPES, cedendo a una logica che, scrive Libération, «non fa onore all’Eliseo».

Intanto
Nelle ultime quattro elezioni (2002, 2007, 2012, 2017) il risultato delle legislative è stato “confermativo”: i risultati hanno cioè seguito il risultato delle presidenziali del mese precedente, dando dunque al presidente eletto e al suo partito la maggioranza dei seggi anche in Parlamento. Questa volta, dicono i principali osservatori, le cose sono più incerte soprattutto perché la vittoria alle presidenziali di Macron è stata senza trionfo e perché la sinistra si presenta unita.

In Francia il presidente della Repubblica ha molti poteri e i dibattiti delle elezioni presidenziali, dove i candidati presentano programmi molto specifici e concreti, potrebbero confermare quest’impressione. Ma per sfruttare appieno questi poteri, e per attuare tutte le promesse fatte in campagna elettorale, il presidente ha bisogno di una maggioranza all’Assemblea Nazionale, il parlamento.

In passato è accaduto diverse volte che il presidente della Repubblica e il capo del governo appartenessero a partiti diversi (la cosiddetta “cohabitation”). L’ultima è stata tra il 1997 e il 2002, quando il presidente era Jacques Chirac, leader del centrodestra, e il primo ministro era Lionel Jospin, capo del Partito Socialista. In questa situazione i poteri del presidente della Repubblica sarebbero molto limitati e non gli consentirebbero di portare avanti il proprio programma, al punto, sostengono alcuni esperti, da rendere la Francia una repubblica parlamentare di fatto.

I sondaggi
Oltre a Ensemble!, la coalizione di Macron, e a NUPES, il terzo grande schieramento politico è quello dell’estrema destra, costituito dai due partiti di Marine Le Pen ed Éric Zemmour, che si presentano comunque separati: queste tre famiglie politiche rappresentano più dell’80 per cento delle intenzioni di voto.

I sondaggi danno Ensemble! decisamente in testa, ma a rischio di non raggiungere la maggioranza assoluta dei seggi, che è di 289. Ensemble! dovrebbe ottenere infatti tra i 280 e i 300 deputati, mentre NUPES tra i 160 e i 200: se NUPES dovesse ottenere un successo sufficiente, rischierebbe di bruciare la maggioranza di Macron.

Macron vs Mélenchon
Macron aveva voluto fare della sua ricandidatura ufficiale alle presidenziali «un non-evento». L’aveva annunciata con una lettera pubblicata sui giornali all’inizio di marzo in cui aveva subito chiarito che non avrebbe potuto condurre la campagna elettorale come avrebbe voluto «a causa del contesto», a causa cioè dell’invasione russa dell’Ucraina. Così era stato, tanto che i giornali francesi avevano parlato di una «campagna fantasma».

Dopo aver vinto, e in vista delle legislative, Macron aveva per diverse settimane scelto di replicare la stessa strategia e di condurre quella che è stata definita una “non-campagna elettorale” ricevendo però anche alcune critiche dall’interno, per aver lasciato campo libero alla sinistra che per le legislative aveva cominciato prestissimo la campagna elettorale. Mélenchon che era rimasto escluso dal ballottaggio delle presidenziali, ma che era comunque arrivato terzo con quasi il 22 per cento dei voti, aveva avviato la propria campagna elettorale già tra il primo e il secondo turno delle presidenziali, chiedendo ai francesi di “eleggerlo” primo ministro e di votare alle legislative la coalizione di sinistra che poi è di fatto riuscito a costruire e di cui è diventato leader.

– Leggi anche: Quanto ha vinto davvero Macron?

Solamente ora, che la sinistra unita è cresciuta piuttosto velocemente nei sondaggi tanto da mettere a rischio la maggioranza di Macron in parlamento, il presidente e i politici a lui vicini sembrano essersi attivati. Negli ultimi giorni la strategia del silenzio è stata sostituita da una strategia molto aggressiva e, secondo alcuni giornali francesi, anche eccessiva nei confronti di Mélenchon.

Macron e i suoi non si sono limitati a criticare il programma di NUPES o, eventualmente, a rilevare i disaccordi tra i partiti che ne fanno parte, ma si sono lasciati andare a uno stile che alcuni giornalisti hanno paragonato a quello dell’estrema destra: fatto di attacchi caricaturali, grotteschi e a volte falsi, nei confronti di Mélenchon. Sembra dunque molto lontano il tempo tra i due turni delle elezioni presidenziali, quando Macron era alla ricerca del sostegno degli elettori e delle elettrici di sinistra e ambientalisti e parlava di «progettazione ecologica» e anche «di un avvenire in comune», riprendendo direttamente le espressioni usate da Jean-Luc Mélenchon.

Oggi Macron si rivolge ai francesi con molta enfasi dicendo che il contesto è pericolosamente incerto e che se non otterrà la maggioranza parlamentare la Francia cadrà «in un grande sconvolgimento». E ancora: «Niente sarebbe più pericoloso che aggiungere al disordine mondiale un disordine francese». Politici, deputati, esponenti del partito di Macron hanno a loro volta definito Mélenchon sui giornali, in tv o nei comizi un “Chávez gallico”, con riferimento all’ex presidente socialista e populista del Venezuela.

Dicono che la vittoria di NUPES porterebbe la Francia alla «rovina economica», che una eventuale coabitazione «metterà in discussione l’intera classe politica e il funzionamento stesso della sua vita democratica» e che il paese sarà governato da un potere autoritario, «sul modello sovietico». I sostenitori di Macron hanno accusato inoltre Mélenchon di antieuropeismo, di essere troppo vicino alla Russia e di avere una politica economica molto onerosa per i contribuenti.

Una critica notevole è quella per cui, se NUPES dovesse vincere, i sostenitori di Macron dicono che non si potrà nemmeno più «tagliare la legna nelle nostre proprietà». Il riferimento è a un punto nel programma di NUPES in cui si propone di regolamentare la tecnica della “coupe rase” che significa “taglio netto”, consiste nell’abbattimento degli alberi con macchinari pesanti e ha grosse conseguenze sugli ecosistemi. La proposta di regolamentare la tecnica venne fatta da La France Insoumise nel 2020 e la sua approvazione venne tra l’altro raccomandata in una relazione parlamentare scritta da un deputato del partito di Macron.

Molte delle affermazioni su Mélenchon sono state smontate da alcuni giornali francesi. Il leader di NUPES ha replicato che «va rispettata l’intelligenza delle persone»: che questi attacchi rafforzeranno le posizioni di chi già non lo avrebbe mai votato, ma che sono troppo rozzi per convincere gli altri elettori ed elettrici.

Sistema di voto e sondaggi
I 577 membri dell’Assemblea Nazionale sono eletti in collegi uninominali con un doppio turno. Undici circoscrizioni sono fuori dal territorio nazionale, cioè all’estero. In ogni collegio può vincere un solo candidato e può vincere al primo turno se ottiene il 50 per cento più uno dei voti espressi da almeno il 25 per cento degli elettori e delle elettrici iscritti alle liste. Contrariamente alle elezioni presidenziali, in questo caso il tasso di astensione è dunque determinante.

Il secondo turno si svolgerà in tutte quelle circoscrizioni che non avranno eletto un candidato al primo turno. Potrebbero verificarsi, al secondo turno, anche casi di “triangolari” (tre candidati qualificati) o di “quadrangolari”: accederanno infatti al ballottaggio non i due candidati che hanno ottenuto i due migliori risultati al primo turno, ma tutti quelli che al primo turno hanno ottenuto almeno il 12,5 per cento dei voti degli iscritti nelle liste elettorali (non dei votanti). Al secondo turno viene poi eletto chi ottiene il maggior numero di voti.

Maggiore sarà l’astensione, maggiore sarà dunque la soglia da superare. Nel 2012, con il 42 per cento di astensione, vi furono 34 triangolari. Nel 2017, con l’astensione al 51,3 per cento, vi fu un solo triangolare al secondo turno. I quotidiani francesi, in base ai sondaggi, hanno stimato che alle prossime legislative l’astensione potrebbe essere tra il 52 e il 56 per cento e che, di conseguenza, potrebbe non esserci alcun triangolare.

Il numero dei candidati che si presenteranno è inferiore rispetto a quello del 2017 quando furono 7.882 con una media di quattordici per circoscrizione. Quest’anno si candideranno 6.293 persone, ovvero quasi undici per circoscrizione. Il motivo principale di questo calo è dovuto all’accordo raggiunto all’interno di NUPES tra i quattro maggiori partiti della sinistra, che ha permesso così di evitare una dispersione di candidature.