A Verona non c’è una sola destra

Il sindaco uscente Sboarina e l'ex sindaco Tosi hanno animato la campagna elettorale con attacchi e polemiche reciproche, che però potrebbero avvantaggiare Damiano Tommasi

di Giulia Siviero

L'Arena di Verona (ANSA/MICHELE GALVAN)
L'Arena di Verona (ANSA/MICHELE GALVAN)
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In un giorno di metà aprile a Verona, prima che l’attuale sindaco Federico Sboarina arrivasse con alcuni assessori per inaugurare un nuovo palazzetto sportivo di quartiere, l’ex sindaco e oggi candidato Flavio Tosi aveva già steso un nastro gialloblù e, forbici alla mano, aveva dato inizio alla “sua” inaugurazione: quella di un’opera che la sua amministrazione, in carica dal 2007 al 2017, aveva «approvato e finanziato».

Una decina di giorni dopo, con la stessa identica dinamica, la cerimonia di riapertura di una scuola elementare danneggiata, demolita e poi ricostruita, era stata anticipata e rivendicata da un taglio del nastro non ufficiale di Tosi alla presenza di alcuni esponenti della sua vecchia giunta: «C’è un sindaco che a Verona si diverte a prendersi i meriti di ciò che non ha fatto e che, anzi, hanno fatto gli altri. Sboarina, non avendo fatto nulla, taglia nastri di opere realizzate da altri».

Sia Flavio Tosi che Federico Sboarina, eletto nel 2017 come indipendente e ora iscritto a Fratelli d’Italia, si ripresenteranno alle elezioni comunali del 12 giugno. Con Damiano Tommasi, ex calciatore sostenuto da un’ampia coalizione di centrosinistra, sono i principali candidati sindaco. Ma mentre Tommasi è alla sua prima esperienza politica, Tosi e Sboarina hanno una lunga storia: non solo all’interno dell’amministrazione cittadina, ma anche tra loro. Una storia fatta di vicinanze, separazioni e conflitti: elementi che stanno condizionando la campagna elettorale, insieme all’assoluta estraneità alla politica veronese di Tommasi.

Lo slogan scelto da Tosi per le prossime amministrative è abbastanza esplicito: “Torna il sindaco”: come a dire che tutti quelli arrivati dopo di lui sono degli usurpatori. Tosi ha 53 anni, venne eletto nel 2007 assemblando una lista civica in cui si ritrovavano i nomi delle destre cittadine più diverse: integralisti cattolici legati a Don Floriano Abrahamowicz (quello che celebrò una messa per il gerarca nazista Erich Priebke), negazionisti dell’Olocausto, sostenitori delle messe in latino, nostalgici della Repubblica di Salò, organizzatori del gruppo tradizionalista cattolico delle Sentinelle in Piedi e delle messe riparatrici per il Pride. Stravinse, e non appena eletto fece quel che aveva promesso: sgomberò un campo rom e un centro sociale, tolse dal suo ufficio la foto ufficiale dell’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, approvò ordinanze che vietavano, tra le altre cose, di consumare cibo vicino ai monumenti, fece installare le panchine con i braccioli in mezzo per impedire che venissero usate per dormire, e nominò Andrea Miglioranzi, esponente storico del Veneto Fronte Skinheads e del gruppo musicale Gesta Bellica, ai vertici dell’Istituto veronese per la storia della Resistenza.

Nel 2012 Tosi venne riconfermato sindaco al primo turno con il 57 per cento dei voti, ma il suo secondo mandato – a metà del quale venne espulso dalla Lega – fu piuttosto diverso dal primo, almeno formalmente, tanto che alcuni parlarono di una sua «svolta dorotea», con riferimento all’area più centrista e moderata della Democrazia Cristiana. Oggi, ci spiega Tosi, «è dai miei primi cinque anni che voglio ripartire, perché dal punto di vista operativo furono perfetti».

La campagna elettorale che sta conducendo sembra in realtà una perfetta combinazione tra il primo e il secondo mandato. Ai dibattiti, oggi, si propone con pacatezza e con fare istituzionale, i suoi interventi sembrano essere molto lontani dai comizi di un tempo che finivano col coro «chi non salta è un tunisino». Ed è l’unico tra i candidati a rivolgersi al pubblico che si trova di fronte usando sia il maschile che il femminile. Se da una parte critica Sboarina perché «è portatore di una visione oscurantista sulla questione dei diritti civili e di genere, mentre io sono convintamente liberale», dall’altra Tosi non ha rinunciato a mettere al centro dei propri discorsi la narrazione in cui da sempre è molto abile: «Abbiamo una città sporca, degradata, insicura e ferma». E da “sindaco sceriffo”, come si definisce, promette di riportare in città «sicurezza, pulizia e ordine». Quando gli si fa notare che da diverse classifiche sulla criminalità nelle città italiane risulta che Verona sia la più sicura tra quelle di pari dimensioni, lui semplicemente risponde: «Chiedetelo ai veronesi, se siamo sicuri o no».

Tosi sta conducendo una campagna che si potrebbe definire di prossimità. Uno dei suoi sostenitori ci racconta con orgoglio che durante il Vinitaly, importante evento enologico che si tiene ogni anno in città, «mentre gli altri due (Sboarina e Tommasi, ndr) stavano con un calice in mano a farsi le foto con i vari esponenti politici arrivati da Roma, Tosi era nelle cucine della sagra del broccolo con il grembiule addosso». È vero solo in parte – anche Tosi ha partecipato al Vinitaly – ma questa è la narrazione che continua a circolare intorno all’ex sindaco: «Flavio è uno di noi», si sente ripetere come un mantra ormai da anni, «basta chiamarlo e lui ti riceve». E “dillo a Flavio” è il nome della mail con cui l’ex sindaco invita ancora oggi cittadine e cittadini a rivolgersi a lui per qualsiasi problema o richiesta.

Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, Federico Sboarina, sindaco di Verona e candidato per un secondo mandato, e Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia al Vinitaly, Verona, 11 aprile 2022 (ANSA/CLAUDIO MARTINELLI)

Tosi è il candidato che ha il maggior numero di liste in suo sostegno: sono nove, e su cinque c’è il suo nome. Non ha grossi partiti alle spalle, l’unico che ha scelto di appoggiarlo, smarcandosi a livello cittadino dal resto del centrodestra, è Forza Italia. Sebbene non si presenti con il proprio simbolo, anche Italia Viva di Matteo Renzi ha deciso di appoggiarlo: «Perché lo riteniamo il più capace a rappresentare il futuro di Verona», ha detto Renzi. Tosi ricambia la stima: «Ho sempre avuto un buon rapporto personale con Renzi, da sindaco a sindaco. È un sindaco realizzatore e negli ultimi anni ha avuto un peso notevole nel decidere la politica nazionale».

A Tommasi, il “sindaco sceriffo” riserva parole piuttosto morbide: lo chiama spesso solo per nome («perché abbiamo anche giocato a calcio insieme», spiega), di fatto continuando implicitamente a sminuirlo. Più esplicitamente, dice che se eletto non sarebbe in grado di amministrare una città e che è ostaggio dei partiti che lo sostengono, in particolare del Movimento 5 Stelle. Tosi rivolge invece attacchi e critiche ben più dure, e ricambiate, al suo ex assessore allo Sport durante il primo mandato, Federico Sboarina, al tempo iscritto ad Alleanza Nazionale: «È stato un sindaco inutile, immobile e pure incapace. È il nulla», spiega ancora: «Basti dire che nel 2021, come nel 2019 e nel 2020, ha avanzato a bilancio oltre 30 milioni di liquidità: significa soldi delle tasse dei veronesi che restano in cassa, anziché essere reinvestiti. E non li ha reinvestiti perché non sa fare il sindaco».

Finora i principali candidati si sono confrontati solo in dibattiti rigidamente costruiti (e in cui Tosi e Sboarina siedono sempre agli opposti) perché, dicono anche dallo staff di Tommasi, Sboarina stesso ha rifiutato altri tipi di confronto. Tosi conferma: «Ha accettato solo dibattiti con domande concordate in anticipo e tempi di risposta prestabiliti a cui ciascuno si è dovuto presentare solo con un compitino fatto a casa. Sarebbe invece più interessante, divertente e anche nell’interesse della democrazia un confronto diretto e franco tra noi. Probabilmente Sboarina ha paura». Mentre lo spiega, durante una conferenza stampa, un suo sostenitore gli passa un guanto da motociclista: «Ci provo di nuovo», dice Tosi stando al gioco. «Gli lancio un guanto di sfida».

Per l’intervista, Tosi ci ha dato appuntamento proprio accanto al bar di fronte all’Arena dove, dopo dieci minuti, sarebbe arrivato Matteo Salvini a sostegno di Sboarina.

L’attuale sindaco venne eletto al ballottaggio nel 2017 come indipendente, a capo di una coalizione di centrodestra e vincendo contro l’allora compagna e oggi moglie di Flavio Tosi, Patrizia Bisinella. Alle imminenti amministrative è sostenuto invece da alcune liste civiche, da Fratelli d’Italia – in cui è entrato un anno fa ricevendo un «bentornato a casa» da Giorgia Meloni – e anche dalla Lega, che dopo alcuni mesi di incertezza ha trovato un accordo che prevede l’assegnazione della carica di vicesindaco e cinque assessori su dieci in caso di vittoria.

La presidenza di Veronafiere è invece già stata assegnata all’ex senatore Federico Bricolo, leghista: un’operazione molto criticata dalle opposizioni anche perché nel consiglio di amministrazione sono stati nominati solamente uomini. «Le quote rosa sono un problema a sinistra», ha replicato Sboarina. La Lega, che lo sostiene, sta tra l’altro lasciando nelle cassette della posta di elettori ed elettrici volantini elettorali contenuti in una busta bianca la cui intestazione è “Alla cortese attenzione del Capofamiglia”, figura che non esiste più dal 1975, ma a cui fino a quel momento una serie di norme giuridiche attribuiva autorità su figli e moglie.

L’incontro con Salvini e Sboarina è piuttosto partecipato, ma ormai l’arrivo del segretario della Lega in città non è più una notizia: in occasione delle precedenti amministrative Salvini era venuto nove volte, sempre a sostegno di Sboarina, e anche negli ultimi mesi si è fatto vedere spesso.

«Se da una parte c’è Renzi, non ci può essere Salvini», esordisce Salvini parlando di sé in terza persona, dimenticando forse il comune sostegno di Italia Viva e Lega al candidato alle amministrative di Genova Marco Bucci, e riprendendo un argomento su cui Sboarina insiste molto. Sboarina e i suoi alleati spiegano infatti che il sindaco uscente è l’unico vero candidato di destra. E a questo giro, Sboarina lo spiega facendo una metafora su Tosi in cui rientra anche la sua squadra del cuore, l’Hellas Verona, che rappresenta in città un bacino di candidati e di voti soprattutto per l’estrema destra: «È come se un giocatore dell’Hellas andasse a giocare nel Vicenza. Non è che a quel punto avremmo due squadre, la squadra resta la stessa: il centrodestra è tutto qua».

Matteo Salvini, a sinistra, Federico Sboarina a destra e tra loro l’assistente del sindaco Umberto Formosa, «detto “il picchiatore”, già sottoposto a Daspo per reati da stadio, vicino alla formazione di ispirazione neonazista veronese Fortezza Europa» (Foto Il Post).

Per le amministrative Sboarina ha scelto di puntare molto, almeno nella scelta dello slogan che è “Verona Olimpica”, sui Giochi invernali Milano-Cortina del 2026, durante i quali Verona ospiterà in Arena la cerimonia di chiusura e poi quella di apertura delle Paralimpiadi. Anche per questo, forse, insiste sul provincialismo di Tosi: «Non si fa il sindaco andando ai mercati», dice.

Avvocato, legato al cattolicesimo più conservatore e alla destra più radicale, la sua amministrazione, negli ultimi anni, ha fatto notizia fuori da Verona per diversi motivi. Sono stati spesso citati alcuni oggetti presenti nel suo ufficio, tra cui una matrioska con il ritratto di Putin («un dono di rappresentanza», ha replicato lui); si è parlato poi dei cori razzisti allo stadio contro il calciatore Mario Balotelli mai davvero condannati dall’amministrazione, anzi; delle mozioni che finanziano i movimenti contrari all’interruzione di gravidanza; o ancora dell’organizzazione del Congresso Mondiale delle Famiglie, nel 2019, che riuniva i movimenti antiabortisti, antifemministi, anti-LGBTQI+ e di destra di mezzo mondo.

– Leggi anche: Verona, dove comanda l’estrema destra

In lista con Sboarina c’è, tra gli altri, Massimo Mariotti, esponente della destra sociale che ha ricoperto negli anni vari incarichi politici e che fece notizia quando utilizzò l’indirizzo email del comune per spedire inviti a feste e iniziative in cui era «gradita la camicia nera». Eletto alle amministrative del 2017, aveva rinunciato al seggio per essere nominato dal nuovo sindaco alla presidenza di Ser.i.t, la società a cui il comune affida i servizi di igiene ambientale e che, tra le altre cose, nel 2019 sponsorizzò un evento dedicato a Jan Palach durante il quale suonarono tre gruppi legati all’estrema destra e spesso definiti «nazi-rock». Con Sboarina si candiderà anche Carla Padovani, ex capogruppo del PD in consiglio comunale, passata al gruppo misto dopo aver votato a favore, nell’ottobre del 2018, di una mozione che finanzia le associazioni cattoliche che portano avanti iniziative contro l’aborto.

Durante la campagna elettorale Sboarina, oltre a presentare i presunti successi della propria amministrazione, proprio come Tosi si è concentrato molto sui temi della sicurezza, degli sgomberi, delle identificazioni, «dell’accattonaggio» e delle baby gang, una delle questioni più discusse da diversi mesi a questa parte e sulla quale l’amministrazione ha speso molta energia, parole e promesse. Tutto questo nonostante, nel febbraio 2022, il commissario della Polizia locale Michele Nespoli abbia detto esplicitamente durante il resoconto della commissione sicurezza del comune che un vero e proprio fenomeno delle “baby gang”, a Verona, non esiste.

Meno incisivi sono stati invece gli interventi dell’amministrazione sui gruppi dell’estrema destra che hanno cominciato ad organizzare, contro le presunte baby gang, quelle che i movimenti antifascisti locali e il centrosinistra veronese hanno definito «ronde squadriste», e che hanno portato all’aggressione di un diciassettenne citata anche in un intervento in Parlamento della ministra dell’Interno Luciana Lamorgese: avvenne in pienissimo centro e finì con l’identificazione e con la perquisizione delle case di 23 militanti tra i 45 ed i 17 anni di CasaPound e Blocco Studentesco, sua formazione giovanile, ritenuti responsabili a vario titolo di reati di lesioni personali aggravate e violenza privata.

Il presidente della commissione sicurezza del comune è Andrea Bacciga, consigliere comunale imputato in base alla legge Scelba per manifestazioni fasciste. Bacciga, alla sfilata dello scorso carnevale, si travestì da “Bacciman”, il supereroe che combatte microcriminalità e “baby gang di seconda mano”, come scrisse lui stesso su Facebook.

Bacciga sta facendo campagna elettorale orgogliosamente affiancato da ragazzi con magliette degli Zetazeroalfa (band di riferimento di CasaPound). Lo scorso 2 giugno ha organizzato un evento sulla cosiddetta “editoria non conforme” (non conforme al cosiddetto «pensiero unico» o al riconoscimento dell’esistenza dei campi di sterminio, in sostanza). In apertura, Bacciga ha subito ringraziato «i ragazzi del Mastino», cioè il nome della sede di CasaPound a Verona, che, ha detto, lo hanno aiutato «nell’organizzazione» e che in occasione dell’evento erano tutti “virilmente” schierati in fondo alla sala con la loro divisa: polo e Adidas bianche.

Nel pubblico, tra gli altri, era presente anche Luca Castellini, ex capo degli ultrà veronesi che alla festa dell’Hellas del luglio 2017 gridò dal palco che chi aveva permesso quella festa era stato Adolf Hitler. Dirigente nazionale di Forza Nuova e coinvolto nell’assalto alla sede nazionale della Cgil di Roma nell’ottobre del 2021, Castellini sostiene però la candidatura a sindaco di Alberto Zelger, ex leghista, oggi consigliere comunale del gruppo misto appoggiato anche dal Popolo della Famiglia.

Zelger sostiene che «i gay» siano «una sciagura per la specie» e che l’aborto sia «un abominevole delitto». Contrario alle sanzioni alla Russia, al vaccino, al green pass, ai diritti delle donne e ai diritti delle persone LGBTQI+, proprio lui si candiderà con lo slogan “Libertà nelle scelte. Senza discriminazioni”. Zelger condivide diverse posizioni con un’altra candidata: Anna Sautto, del movimento no vax 3V. Contro l’obbligo vaccinale è anche Paola Barollo, sostenuta dal movimento Costituzione Verona Libero Pensiero. Zelger, Sautto e Barollo, nei sondaggi, hanno comunque percentuali molto basse.

Damiano Tommasi alla sede del suo comitato elettorale, Verona, 7 maggio 2022.

Di sondaggi su Verona ne sono circolati parecchi, nelle ultime settimane. Quello pubblicato da Repubblica vede Sboarina al primo posto con il 42 per cento circa, Tommasi al 35 e Tosi al 20. Quello realizzato dall’agenzia Demetra dà invece Tommasi al primo posto, seguito a poca distanza da Tosi e dal sindaco uscente.

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