Il leader dei Laburisti Anthony Albanese e l'attuale primo ministro australiano, il Liberale Scott Morrison, durante il secondo dibattito televisivo in previsione delle elezioni (Alex Ellinghausen, AP Photo)

Guida minima alle elezioni in Australia

Si vota sabato per eleggere buona parte del Parlamento, ed è difficile fare previsioni su chi sarà il prossimo primo ministro

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Sabato 21 maggio circa 17 milioni di persone voteranno in Australia per assegnare tutti i seggi della Camera dei rappresentanti (la camera bassa) e un po’ più della metà di quelli del Senato (considerando il fuso, i primi seggi apriranno la sera italiana di venerdì). Sono le prime elezioni generali dal 2019 e sono considerate particolarmente importanti per il futuro dell’Australia. Anche se non sembra esserci un netto favorito, è praticamente certo che la prossima persona a guidare il governo australiano sarà un maschio bianco di mezza età: o l’attuale primo ministro Scott Morrison, del partito Liberale, di centrodestra, o Anthony Albanese, il leader dei Laburisti, di centrosinistra.

Al momento il governo australiano è sostenuto da una coalizione formata dal partito Liberale e dal Partito Nazionale d’Australia, di orientamento conservatore, mentre il principale partito di opposizione è quello Laburista.

In Australia il segretario del partito più votato in Parlamento diventa automaticamente primo ministro: per poter formare un governo di maggioranza un partito deve ottenere almeno 76 seggi sui 151 disponibili alla Camera dei rappresentanti, oppure formare una coalizione, come nel caso dell’alleanza che governa dal 2019. Oggi la coalizione tra Liberali e Partito Nazionale ha appunto 76 seggi, mentre il Partito Laburista ne ha 68. Ci sono poi alcuni candidati indipendenti e quattro partiti minori che hanno tutti un seggio, tra cui i Verdi e Australia Unita, partito populista di destra.

In teoria in Australia le elezioni generali si tengono ogni tre anni, ma di recente è accaduto di frequente che venissero indette prima della fine del termine. Morrison, che nel 2018 prese il posto dell’allora primo ministro e compagno di partito Malcolm Turnbull e fu riconfermato con le elezioni del 2019, è il primo capo di governo australiano a essere arrivato alla fine del proprio mandato negli ultimi 15 anni (dal 2007 al 2018 si erano succeduti sette primi ministri).

I sondaggi di opinione più recenti prevedono una vittoria con un margine strettissimo dei Laburisti, ma è molto difficile fare previsioni, anche perché nel caso delle elezioni del 2019 i sondaggi sbagliarono di grosso.

Il primo ministro australiano Scott Morrison durante un evento a Melbourne il 18 maggio (Asanka Ratnayake/ Getty Images)

Tra i punti principali discussi in campagna elettorale ci sono l’economia e la politica estera, in particolare per quanto riguarda l’influenza della Cina nell’area del Pacifico, ma anche gli enormi problemi dell’Australia legati al cambiamento climatico, tra cui i grandi incendi estivi, le disastrose alluvioni nella parte orientale del paese e la minaccia del riscaldamento globale alla Grande Barriera Corallina.

Con enorme ritardo rispetto alla gran parte dei paesi industrializzati, lo scorso ottobre l’Australia si era prefissata l’obiettivo di raggiungere la cosiddetta “neutralità carbonica” entro il 2050: l’impegno preso dal governo però è stato giudicato troppo vago e insufficiente dai climatologi e dagli esperti del settore, soprattutto perché l’Australia è il quarto produttore di carbone al mondo, oltre che uno dei paesi più inquinanti in assoluto.

C’è poi un altro tema che dovrà gestire il prossimo primo ministro: quello dei grossi scandali di molestie sessuali che hanno coinvolto importanti funzionari e politici australiani, emersi all’inizio del 2021. Gli scandali hanno spinto migliaia di donne a manifestare contro le violenze di genere e hanno fatto emergere un ambiente politico sessista e maschilista, con forti squilibri di potere.

Un recente rapporto ha evidenziato come oltre la metà (51 per cento) delle persone che attualmente lavorano per il Parlamento abbia subìto almeno un episodio di bullismo, molestie o aggressioni sessuali in ambito lavorativo. Il 63 per cento delle parlamentari ha detto inoltre di essere stata molestata e il 66 per cento delle persone coinvolte nell’indagine (in totale 1.723) ha parlato non di singoli episodi, ma di condotte reiterate nel tempo.

Morrison ha definito i risultati del rapporto «spaventosi» e si è scusato per conto del governo, promettendo di esaminare le raccomandazioni contenute nel rapporto. I Liberali però sono stati accusati di non aver gestito in maniera adeguata le segnalazioni.

– Leggi anche: «Non lo penso, lo so»

La campagna elettorale dell’attuale primo ministro, che ha 53 anni, è stata incentrata soprattutto sulla gestione della pandemia da coronavirus, che ha permesso di contenere il numero dei contagi e delle morti per cause legate al COVID-19, e sui buoni risultati dell’economia del paese, che durante la pandemia è tornata a crescere e si stima crescerà del 4,25 per cento anche quest’anno. Anche in Australia, come nel resto del mondo, ci sono però preoccupazioni per l’aumento dei costi di carburante, elettricità e di altri beni essenziali; inoltre sono aumentati i tassi di interesse per la prima volta in dieci anni.

Il consenso nei confronti di Morrison comunque sembra essere calato per vari motivi. Tra le altre cose, il primo ministro è stato criticato per i ritardi nell’avvio della campagna vaccinale e per la dura politica del governo contro l’immigrazione, nonché per essere andato in vacanza con la famiglia alle Hawaii durante i devastanti incendi del 2019.

Alcuni membri del suo stesso partito lo hanno definito «un bullo» e «un autocrate», mentre i Laburisti lo hanno accusato di non aver presidiato in maniera adeguata la potenziale espansione militare cinese nella regione del Pacifico. A questo proposito, ha fatto arrabbiare la Francia per l’esclusione dal patto militare anti-Cina AUKUS (e per aver cancellato l’accordo di fornitura di sottomarini nucleari col paese).

In caso di vittoria dei Laburisti, invece, Albanese sarebbe il primo primo ministro australiano di centrosinistra degli ultimi nove anni, da quando si concluse il mandato di Kevin Rudd, che governò per soli 83 giorni, dal giugno al settembre del 2013.

Albanese ha 59 anni, è un politico di grande esperienza e fu vice primo ministro proprio durante il governo di Rudd. Entrato in Parlamento nel 1996, nel tempo si è spostato su posizioni molto più centriste, e durante la campagna elettorale ha puntato su obiettivi piuttosto modesti, orientati a migliorare le cose poco per volta, anche in termini di cambiamento climatico. È un sostenitore della sanità pubblica e dei diritti delle comunità LGBT+, e ha posizioni più concilianti rispetto ai Liberali nei confronti della gestione dell’immigrazione.

Tra le altre cose, Albanese ha detto di voler eradicare la cultura maschilista in Parlamento e ha fatto sapere che sosterrebbe eventuali proposte per aumentare il salario minimo con l’obiettivo di contrastare l’aumento dell’inflazione, una misura che secondo Morrison peserebbe troppo sulle piccole imprese. Si è comunque attirato qualche critica da chi sostiene che i suoi programmi non siano sufficientemente ambiziosi.

Il leader dei Laburisti Anthony Albanese durante un evento a Canberra, il 18 maggio (Lisa Maree Williams/ Getty Images)

In Australia il voto è obbligatorio per i cittadini maggiorenni e per votare serve registrarsi: a queste elezioni, in cui si assegneranno anche 40 dei 76 seggi del Senato, si sono registrati circa 17,2 milioni di australiani, il 96,3 per cento degli aventi diritto sui circa 25,7 milioni di abitanti del paese.

Gli elettori non esprimono soltanto un voto ma devono stilare, sulla scheda elettorale, una propria “classifica” dei candidati che si presentano nel loro collegio. Il sistema è stato creato per premiare, oltre ai partiti più grandi e organizzati che spesso finiscono in cima alle preferenze, anche quelli più piccoli e che “dispiacciono” meno all’elettore: in prospettiva, per il sistema stesso con cui vengono assegnati i seggi, per un partito piccolo è molto più conveniente essere tra le prime posizioni di molti elettori piuttosto che essere al primo posto tra pochi.

– Leggi anche: Il rapporto sugli abusi sessuali al Parlamento australiano

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