La Cina ha annunciato un nuovo accordo di sicurezza con le Isole Salomone

Il primo ministro cinese Li Keqiang e il primo ministro delle isole Salomone Manasseh Sogavare, nel 2019 (AP Photo/Mark Schiefelbein)
Il primo ministro cinese Li Keqiang e il primo ministro delle isole Salomone Manasseh Sogavare, nel 2019 (AP Photo/Mark Schiefelbein)

Martedì la Cina ha annunciato di aver firmato un accordo sulla sicurezza con le Isole Salomone, paese del Pacifico su cui sta da tempo lavorando per rafforzare la propria influenza. L’annuncio è stato fatto poche ore dopo la conferma di un’imminente visita ufficiale alle Isole di rappresentanti del governo americano, che a sua volta cerca da tempo di contrastare l’espansione militare della Cina nel Pacifico.

Del contenuto dell’accordo non si sa ancora molto, ma secondo una bozza trapelata mesi fa alla stampa prevederebbe la possibilità per la Cina di inviare polizia, forze paramilitari e soldati nelle Isole e di farvi attraccare navi militari per il rifornimento e i trasferimenti di equipaggio: secondo gli Stati Uniti, nei fatti l’accordo «lascia la porta aperta» alla Cina per inviare le proprie forze militari nelle Isole.

I rapporti tra Isole Salomone e Cina sono diventati sempre più stretti soprattutto a partire dal 2019, quando i due paesi hanno formalizzato i propri rapporti diplomatici e le Isole hanno interrotto quelli che avevano con Taiwan, paese che la Cina rivendica come parte del proprio territorio nazionale. Secondo quanto riportato a suo tempo da ABC News, in cambio la Cina avrebbe promesso al governo delle Isole Salomone circa 730 milioni di dollari (circa 650 milioni di euro) di aiuti economici, una mossa che Taiwan aveva fortemente criticato, accusando il governo cinese di ricorrere alla «diplomazia del dollaro» per comprare i propri alleati.

Pochi mesi fa i rapporti sempre più stretti tra il governo centrale delle Isole Salomone e la Cina avevano alimentato rivolte interne alle Isole particolarmente violente, concentrate soprattutto nell’isola di Guadalcanal, dove c’è la capitale Honiara: i manifestanti, un migliaio, avevano preso d’assalto il parlamento chiedendo le dimissioni del primo ministro e dato fuoco ad alcuni edifici governativi, oltre che a una stazione di polizia e ad alcuni negozi, soprattutto nel distretto cinese della capitale.

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