I problemi che deve risolvere Roberto Fico

Con gli incontri che iniziano oggi dovrà verificare la fattibilità di un nuovo governo politico: ma il possibile ritorno di Italia Viva nella maggioranza sta agitando il Movimento 5 Stelle

Roberto Fico, Roma, 21 gennaio 2021 (Matteo Nardone/Pacific Press via ZUMA Wire)
Roberto Fico, Roma, 21 gennaio 2021 (Matteo Nardone/Pacific Press via ZUMA Wire)

Venerdì sera, a 32 ore ore dall’inizio delle consultazioni, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha affidato al presidente della Camera Roberto Fico, del Movimento 5 Stelle, un mandato esplorativo per verificare la possibilità di formare un nuovo governo politico, sostenuto dalle forze parlamentari che già appoggiavano il precedente governo Conte. Fico avrà il compito di proseguire informalmente le consultazioni fuori dal Quirinale, ma per conto del presidente della Repubblica.

I colloqui inizieranno sabato pomeriggio a Montecitorio. Alle 16.00 Fico incontrerà la delegazione del Movimento 5 Stelle alla Camera e al Senato; alle 17.20 toccherà al Partito Democratico (Camera e Senato), alle 18.40 a Italia Viva (Camera e Senato) e alle 20 al gruppo di Liberi e Uguali alla Camera. Domenica 31 gennaio, alle ore 10.00 Fico incontrerà il nuovo gruppo parlamentare “Europeisti-Maie-Centro Democratico”, nato al Senato per sostenere Conte e composto dai cosiddetti “responsabili” (ricordiamo che per ora, a livello numerico, il nuovo gruppo è a saldo zero per Conte, perché composto da parlamentari che già avevano dato la fiducia al governo). Alle 11.20 i colloqui proseguiranno con la delegazione del gruppo parlamentare Per le Autonomie (SVP-PATT, UV) del Senato. Alle 12.40 sarà il turno del Gruppo Misto della Camera, limitatamente alle componenti che fanno riferimento alla maggioranza: Centro Democratico-Italiani in Europa di Bruno Tabacci, MAIE-Movimento Associativo Italiani all’Estero-PSI, e Minoranze Linguistiche. I colloqui si concluderanno domenica alle 14.00 con l’incontro tra Fico e le componenti del Gruppo Misto del Senato che sostengono la maggioranza.

Fico avrà tempo fino a martedì: se gli incontri non andassero a buon fine, il presidente della Repubblica riprenderà in mano direttamente la gestione della crisi: e a quel punto tra gli scenari possibili non resterebbero che un governo istituzionale o tecnico (cioè un governo sostenuto dalla maggioranza dei partiti guidato da una figura delle istituzioni scelta da Mattarella o affidato a dei “tecnici”, per esempio economisti o professori) oppure nuove elezioni.

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Dalle consultazioni degli scorsi giorni è emerso che la maggioranza delle forze politiche non vuole andare subito al voto e che ci sarebbe invece una maggioranza disponibile a risolvere con un nuovo patto di legislatura la crisi di governo avviata dall’uscita di Italia Viva dal secondo governo Conte. Non è ancora chiaro, però, se anche il nuovo governo avrà Giuseppe Conte come presidente del Consiglio. Come riassume Marzio Breda sul Corriere della Sera di sabato, «la prova di responsabilità è infine venuta, anche se manca un ultimo scatto: la caduta dei veti», che sono due. Il primo è quello di Renzi contro Conte, veto che il leader di Italia Viva «ha congelato, ma non ancora fatto cadere, durante il consulto al Quirinale»: Italia Viva – i cui voti sono decisivi per una maggioranza parlamentare – ha lasciato intendere più volte di preferire un cambiamento. Il secondo veto è quello sulla partecipazione di Renzi e Italia Viva al prossimo governo, posto da tutti i partiti che sostengono Conte dopo che Italia Viva ha avviato la crisi.

Mercoledì scorso, durante la direzione nazionale del Partito Democratico, il segretario Nicola Zingaretti aveva citato una «irresponsabile» crisi di governo causata da un «grave errore politico» di Renzi, ma allo stesso tempo non si era apparentemente opposto all’ipotesi di un rientro di Renzi nella maggioranza. Più complicata è invece su questo punto la situazione dentro al Movimento 5 Stelle.

Negli ultimi giorni, il M5S ha affrontato la crisi di governo mantenendo ferma la propria posizione di totale sostegno a Conte. Sulle alleanze che dovrebbero però appoggiare Conte, le cose sono molto meno nette e condivise. Nei giorni scorsi Luigi Di Maio aveva lasciato intendere di essere disponibile a governare di nuovo con Italia Viva, e venerdì pomeriggio dopo le consultazioni con Mattarella lo ha confermato il dirigente Vito Crimi proponendo «un governo politico a partire dalle forze di maggioranza attuali». Alessandro Di Battista, leader dell’ala più radicale del M5S, ha però reagito minacciando di lasciare il partito, se questo dovesse succedere: «Tornare a sedersi con Renzi significa commettere un grande errore politico e direi storico. (…) Se il Movimento dovesse tornare alla linea precedente io ci sono. Altrimenti arrivederci e grazie».

Il Movimento 5 Stelle non se la passa molto bene da tempo e l’attuale crisi potrebbe aggravare la situazione interna. Semplificando, è possibile dire che al suo interno esistano in questo momento due fronti contrapposti: uno più istituzionale e governista e l’altro che negli scorsi mesi ha messo in discussione, tra le altre cose, la stessa alleanza con il Partito Democratico. Del primo fanno parte Luigi Di Maio, ministro degli Esteri e fino a pochi mesi fa capo politico del partito, e Vito Crimi; dell’altro Davide Casaleggio, presidente dell’Associazione Rousseau, e Alessandro Di Battista, che è stato a lungo uno dei più popolari dirigenti del Movimento 5 Stelle.

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Le posizioni di Di Battista sull’attuale crisi politica sembrano essere condivise anche da altri. Il senatore Nicola Morra ha dichiarato di non trovare alcun «motivo politico» per tornare a governare con Renzi e ha precisato che nei prossimi giorni, a seconda di come si metteranno le cose, valuterà «se sarà il caso di continuare» la sua «battaglia per il cambiamento», oppure no. Il senatore Elio Lannutti, su Twitter, ha a sua volta scritto: «Renzi, anziché mostrarsi col capo coperto di cenere e chiedere scusa al Paese per averlo immobilizzato quando più ha bisogno di andare avanti, ha dettato le sue condizioni con arroganza più sfacciata del solito. Per noi la strada resta: sempre col presidente Conte, ma senza Renzi».

Barbara Lezzi, anche lei senatrice, ha proposto invece di capire come la pensano gli iscritti e le iscritte al Movimento attraverso la piattaforma Rousseau: «È un repentino cambio di linea al quale, per essere legittimato, deve seguire un voto degli iscritti. I due governi formati dal 2018 hanno visto centrale il voto dei nostri iscritti. Anche in questo caso è necessario». Alcuni retroscena pubblicati sabato dai giornali dicono che in totale si parla di 8-10 senatori contrari al rientro in maggioranza dei renziani: non sono molti, ma potrebbero pesare sui numeri risicati di Conte soprattutto al Senato.